Sulle prime la divisione tra professionale e domestico non era stata apprezzata ma ora la percezione si è invertita e i titoli corrono. Ricavi in lieve flessione ma gli analisti sono sicuri che sia una fase temporanea. La ripresa anche grazie allo sviluppo del marchio Braun
Daniele Ferrazza*
In principio erano in molti a dubitare della bontà dello “sdoppiamento” del titolo del “pinguino”, che nell’estate 2011 aveva deciso di separare la divisione professional da quella household. La prima, del peso pari al 22% dei ricavi, dedicata alla produzione e commercializzazione di grandi impianti di condizionamento e refrigerazione; la seconda, pari al 78% dei ricavi, capace di entrare in tutte le case con i piccoli elettrodomestici, macchine per il caffè e apparecchi per la cottura con il nome della famiglia trevigiana De’ Longhi.
Ma a distanza di due anni i mercati sembrano apprezzare lo spin off. Delclima negli ultimi dodici mesi ha guadagnato l’84%, De’ Longhi il 37%, facendo tornare il sorriso a molti investitori delusi dai settori industriali. E le sorprese non sembrano finire qua.
Il titolo Delclima, ad esempio, collocato nel gennaio 2012 a 66 centesimi, dopo aver toccato un minimo di 37 centesimi (ad agosto 2012) ha iniziato la risalita fino all’attuale prezzo di 1,5 euro.
Le ragioni dell’altalena sono spiegate dagli analisti con l’iniziale riluttanza degli investitori “generalisti”, poco inclini a comprendere il business tecnico dei grandi impianti di condizionamento. Ma quando si sono affacciati i fondi americani del settore tutti hanno intuito che dietro a questa divisione industriale c’era sostanza: i numeri, del resto, sono solidi pur in un contesto di lieve diminuzione dei ricavi, dovuto prevalentemente alla perdita di un cliente importante
(il gruppo francese Adeo che controlla Leroy Merlin, per una vicenda legata ai tempi di pagamento) e registrano margini in significativa crescita.
I ricavi sono passati da 375 milioni a 351, ma sono destinati a tornare crescere in futuro anche grazie all’annunciata ristrutturazione del segmento “radiators”, che attualmente pesa per il 17% dei volumi. Ma le importanti commesse che il gruppo sta portando a termine, come quella dello Sport Hub di Singapore dove gli impianti realizzati tra Treviso e Bassano del Grappa stanno risolvendo i problemi legati al clima del paese asiatico, fanno pensare ad una forte crescita.
Gli analisti ne sono convinti: Banca Aletti fissa un target price di 2 euro per azione. Non minori aspettative sta creando la casa madre della famiglia trevigiana: De’ Longhi in Borsa è cresciuta negli ultimi sei mesi del 33%. Merito dell’implementazione del marchio Braun, di cui l’azienda ha acquisito la licenza perpetua nell’aprile 2012 da Procter&Gamble con il diritto allo sfruttamento del marchio nei settori degli elettrodomestici e altri prodotti per la casa (ferri da stiro, climatizzatori, frullatori, aspirapolveri), mentre la multinazionale si è riservata l’uso del marchio nei rasoi e nell’health care.
Gli analisti, in questo caso, sono addirittura convinti che dallo storico marchio tedesco possa arrivare fino a un terzo dei futuri ricavi e un’ampia dose di marginalità. Berenberg fissa in 20,50 il target (oggi il titolo è a 15,5), Intermonte a 19, Equita a 18. Tutti con l’opzione buy.
Attualmente De’ Longhi, che ha distribuito un dividendo di 40 centesimi dopo l’ultima assemblea, realizza volumi per 1,6 miliardi di euro (in crescita del 6,7%). Il mercato, oltre alle aspettative, apprezza l’azzeramento del debito, passato da 207 milioni a 0 in appena diciotto mesi, nonostante l’operazione Braun sia costata 50 milioni subito e 90 diluiti in quindici anni. Un’azienda praticamente senza debiti.
Pronta a nuovi acquisti. Qui sopra, il rally dei due titoli della scuderia De’ Longhi negli ultimi sei mesi Qui sopra, Giuseppe de’ Longhi, presidente del Gruppo De’ Longhi.