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martedì 05 Novembre 2024
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Filomena Amatuzio: da Bojano a Melbourne, da barista a team menager

La giovane è un'altra delle risorse italiane valorizzate all'ester: lasciato 7 anni fa il suo paese per tentare un futuro migliore. Oggi è un’affermata specialista del caffè in una nota torrefazione australiana

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MILANO – Si parla spesso di cervelli in fuga, quando si pensa ai giovane italiani che volano via dal Bel Paese per cercare una carriera che li valorizzi meglio, all’estero. Non fa eccezione la storia di Filomena Amatuzio, che ha trovato la sua strada dall’altra parte del mondo, in Australia. Riportiamo il suo percorso di crescita e distanza dai luoghi d’origine, dal sito primopianomolise. Un’intervista condotta da Serena Lastoria, per primopianomolise.it.

Filomena Amatuzio: il successo del caffè italiano a Melbourne

Filomena Amatuzio, 35enne di Bojano, ha scelto, prima per amore, poi per stabilità, di vivere in uno dei Paesi più lontani dall’Italia: l’Australia. Sono sette anni infatti che Filomena, Mena per gli amici, vive e lavora dall’altra parte del globo, a Melbourne.

Ci parli di lei e dei suoi anni in Molise

«Dopo gli studi ho avviato la mia prima attività a Bojano. Ero titolare di un bar-gelateria nel centro del paese ed ero molto orgogliosa. All’età di 19 anni ero già titolare del locale e lavoravo 12-15 ore al giorno. Ma all’epoca le cose erano diverse. La moneta ‘girava’ e le persone avevano speranza…»

Cosa ha spinto Filomena Amatuzio a lasciare l’Italia?

«Dopo 8 anni ho deciso di lasciare tutto. La prima ragione che mi ha spinto è stata l’amore ma soprattutto perché il paese non offriva null’altro se non desolazione e dopo un rifiuto comunale per un gazebo esterno decisi di andare via definitivamente.

Avevo grandi sogni e speranze. Speravo che una volta ottenuta l’autorizzazione per il gazebo avrei potuto allargare i miei affari aprendo una piccola pasticceria con annessa sala da tè e cornetteria serale per organizzare serate per i più giovani».

Com’è stato andare a vivere dall’altra parte del mondo?

«Vivere a più di 20 ore di volo da casa, dall’altra parte del globo, è stato difficile inizialmente».

Qual è stato il primo impatto con il mondo del lavoro?

«Lavoravo 6 o 7 giorni a settimana e avevo 2-3 lavori il primo anno, senza conoscere la lingua.  Ma visto che ero “un’arma micidiale” al banco e che i clienti venivano solo ed esclusivamente per bere il mio caffè, non ho mai avuto problemi a lavorare 55/65 ore settimanali. Anzi, era stimolante».

Con la lingua poi come te la sei cavata?

«Dopo il primo anno decisi di andare a scuola di inglese. Di mattina viaggiavo 1 ora e 15 minuti per arrivare all’Università. Dalle 9 studiavo poi iniziavo il corso alle 13 e alle 17:30 finivo per iniziare a lavorare.

Il mio turno iniziava alle 18 e finivo intorno alle 23-24 la sera e poi viaggiavo un’altra ora e un quarto per tornare a casa. Cinque giorni su sette studiavo, sei su sette lavoravo;

senza contare le faccende quotidiane come pulire casa, fare la spesa, cucinare.
Dopo 6 mesi di università ho passato il test di inglese con un 7 e ho intrapreso gli studi in Psicologia. Ma dopo un anno pieno tra università e lavoro ho deciso che avrei potuto raggiungere i miei obbiettivi anche mettendo da parte i libri».

Come vengono visti e trattati gli italiani in Australia?

«Gli italiani sono molto apprezzati qui perché abbiamo dalla nostra parte la cultura, il rispetto e la voglia di lavorare. Non diciamo mai di no e sappiamo farci con la gente! Direi che ci amano».

Oggi di cosa si occupa nello specifico?

«Faccio una premessa. Amo il caffè e a Melbourne il caffè è considerato importante quasi quanto lo è a Napoli! Tutti lo desiderano ed è la bevanda più amata in assoluto.
La mia esperienza lavorativa è iniziata come capo barista in un locale dello shopping center più grande dell’emisfero sud, il Chadstone.

Dopo 2 anni lì decisi di tornare in Italia per uno stage in Cast Alimenti a Brescia per imparare panificazione e pasticceria con l’intenzione di aprire poi un’attività in Australia.
Tornata in Australia dopo un anno, di cui 7 mesi in Cast, iniziai a lavorare di nuovo in un bar e nei miei 2 giorni liberi continuavo a lavorare.

A quei tempi praticamente ero a lavoro sette giorni su sette ma sapevo che prima o poi quel sacrificio mi avrebbe ripagata. Infatti, dopo 5 mesi di lavoro gratuito per quella torrefazione mi fu offerto un lavoro fisso. Il mio sogno si era realizzato.

Per un anno e 5 mesi sono rimasta lì… In seguito partecipai ad una manifestazione in veste di “giudice del caffè” e lì conobbi una compagnia chiamata Grinders. Uno dei manager si accorse della mia passione e mi chiese se fossi stata interessata a concorrere per la figura di team leader in Production. Da 14 candidati io passai direttamente agli ultimi 3 grazie al mio curriculum.

Poi un altro colloquio con il CO e infine l’assunzione per una delle più grandi torrefazioni in Australia. Da 2 anni a questa parte sono team leader ma ho sempre nuove opportunità alle porte. Con tanta voglia e determinazione ho il lavoro che desideravo. Una casa per la quale pago il mutuo da sola ed uno splendido cane, Mosè, che mi riempie la vita di gioia».

Cosa le manca di più e che cosa invece è riuscita ad ottenere da quando è andata via?

«Da quando sono andata via mi mancano le amicizie e in particolare la mia migliore amica Mariaelena. Mi mancano le passeggiate e un caffè con chiunque. Mi manca la nostra cultura dello “stare insieme” e condividere.

Certamente io mantengo le tradizioni e faccio di tutto per creare nuove amicizie e organizzare cene fuori, ma sulla compagnia e il mangiare l’Italia resta sempre la numero uno».

Pensa mai di tornare in Molise?

«Prima sì, adesso meno».
Perché?
«Sono riuscita a realizzarmi senza compromessi, senza sottostare a niente e a nessuno e senza ridurmi a pagare solo le tasse per poi non ottenere nulla dal governo. Qui le tasse si pagano ma le strade sono senza crateri, i servizi funzionano; i diritti del cittadino sono rispettati e gli australiani hanno privilegi rispetto ai non australiani.

In Italia sono i non italiani ad avere privilegi e il cittadino fa la fame. Non ritengo giusto che un cittadino italiano per affermarsi debba andare via. Questo mi fa male e rabbia, ma poi alla fine siamo noi che dovremo ribellarci e buttarli fuori a calci nel sedere».

L’augurio che rivolge a te stessa?

«Salute, felicità e amore.. è tutto ciò che mi serve».

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