MILANO – Ecco che cosa ha scritto il regista, ma non soltanto, Cristiano Bortone del suo film.
Con “Caffè” ho voluto realizzare un film che parlasse dell’incertezza che stiamo vivendo in questi tempi. Il mondo che abbiamo di fronte sta attraversando un momento di grande trasformazione e le sfide di cui eravamo stati avvisati si stanno proponendo ora in tutta la loro drammaticità.
Nel film queste problematiche vengono espresse attraverso i destini che legano fra loro tre personaggi in luoghi diversi di un mondo sempre più piccolo.
Hamed in Belgio, Renzo in Italia, Fei nella lontana Cina combattono le loro piccole battaglie personali che rappresentano però un conflitto più universale.
I valori della vita sono sempre quello che ci sta più a cuore. Ognuno di noi vorrebbe costruire un futuro per sé, per la persona amata, per i propri figli.
E sono i giovani, per antonomasia, ad essere più carichi di motivazioni, di aspettative, di voglia di cambiare. Ma nella società odierna sono proprio i giovani i primi ad essere privati di questo sogno…
Questo è quello che succede a Renzo, un appassionato sommelier del caffè, il cui coinvolgimento in una sconsiderata azione criminale è motivato dal disperato tentativo di trovare più sicurezza, ora che la ragazza ha scoperto d’essere incinta.
Nello stesso momento Hamed è vittima del crescente clima d’intolleranza e scontro tra culture che sta invadendo l’Europa, e non solo. Il furto di una semplice caffettiera d’epoca scatena in lui una spirale d’incomprensione, rabbia e voglia di riscatto sociale. I suoi aguzzini, anche loro frustrati dalla loro marginalità, finiscono per perdere di vista il senso della misura, dell’umanità e del vivere civile.
E al Belgio di Hamed è legato da un filo sottile anche Fei, il giovane manager cinese a cui è chiesto di abbandonare i propri sogni europei per occuparsi di una fabbrica in difficoltà nello stato cinese dello Yunnan.
Quello che scoprirà in quella regione, il cosciente e colpevole utilizzo di veleni pericolosi, in spregio alla bellezza del territorio e alle tradizionali e naturali coltivazioni di caffè dei contadini locali, mette in crisi la propria scala di valori.
Nella Cina che ormai non è più quella delle lanterne rosse, ma piuttosto quella del lusso ostentato, è giusto chiudere gli occhi di fronte alla devastazione oppure è forse giunto il momento di fare la cosa giusta, rischiando di perdere il proprio benessere?
Prigioniero di questo dilemma, Fei ha il coraggio di far riaffiorare le proprie radici dimenticate, un tema in questi anni molto sentito in Cina, dove milioni di persone hanno lasciato le campagne e i propri cari per trasferirsi nelle grandi città, inseguendo la chimera di una vita migliore.
Ho deciso di legare questi tre destini attraverso l’elemento del caffè, un prodotto apparentemente quotidiano ma in realtà ricco di simbolismi e legato a momenti importanti della nostra civiltà.
Per anni sono rimasto affascinato dal caffè. Per molti di noi il caffè rappresenta il giusto modo per iniziare la giornata lavorativa oppure una scusa per incontrare amici o intraprendere relazioni.
Ma se guardiamo indietro nella storia, scopriremo che il caffè è stato al centro di alcuni dei più importanti e sorprendenti momenti della nostra civiltà Un prodotto che accomuna con gesti e tradizioni culture diverse e lontane e che oggi in molti paesi, come l’estremo oriente, è diventato uno status symbol di modernità, oltre a rappresentare il secondo prodotto grezzo in più rapida crescita dopo il petrolio.
Ma soprattutto un prodotto che, come altri nel passato, attraverso il senso del gusto è in grado di evocare sullo schermo emozioni e sentimenti. Infatti, come nel mio precedente “Rosso come il cielo”, ho cercato di realizzare anche questa volta un film romantico, che toccasse il cuore e la coscienza dello spettatore.
I miei personaggi stanno infatti combattendo la loro piccola battaglia personale, sullo sfondo della situazione economica attuale.
Nel bel mezzo della crisi economica devastante italiana, i giovani Renzo e Gaia sono alla ricerca di un nido in cui dare alla luce una nuova vita; nel Nord Europa, dove le tensioni razziali sono in crescita, un musulmano è diviso tra i valori morali e il suo desiderio di giustizia personale; in Cina un uomo d’affari giovane e di successo è costretto a riscoprire l’importanza dei valori familiari e della natura.
Come molti, ho la sensazione che stiamo attraversando tempi molto confusi. Alcune persone dicono che è sempre stato così: l’umanità ha sempre trovato un modo per sistemare le cose.
Ecco perché ho dato al film in qualche modo un lieto fine, una luce di speranza.
La lavorazione di Caffè
La fase realizzativa del film – per vari motivi – è stata la più impegnativa che abbia mai affrontato. Il film è la prima co-produzione ufficiale con la Cina in base al trattato firmato l’anno scorso tra i nostri paesi.
Da pionieri in questa lunga marcia abbiamo dovuto passare il vaglio della censura e delle autorità della Repubblica Popolare. E’ stata una dialettica lunga e complessa, visti gli argomenti trattati, ma alla fine al film è stata riconosciuta la nazionalità cinese, che permetterà l’uscita in sala anche in questo enorme mercato.
Per quanto riguarda la troupe tecnica ho insistito fin dall’inizio affinché per ogni paese essa fosse interamente locale, a parte ovviamente il direttore della fotografia Vladan Radovic, che mi ha accompagnato fedelmente in tutto il percorso. Questo per garantire il maggiore realismo possibile.
Lavorare con cast e collaboratori cinesi oltre ai bravissimi colleghi belgi è stato, come si può immaginare, un’esperienza unica ed affascinante che ha aperto, tra l’altro, numerose future opportunità di collaborazione.
E’ stata un’avventura durata quasi tre anni, nella quale abbiamo dovuto affrontare numerose difficoltà: quelle connesse allo shooting in zone remote del sud della Cina; evitare che gli attentati in Belgio rischiassero di bloccare i permessi per le nostre riprese, trovare gli interpreti cinesi in un mercato locale che, a causa della propria esplosione, ha reso quasi inaccessibili la maggioranza degli attori di qualità.
Posso però dire che la tenacia mi ha permesso il coinvolgimento nel film di Zhuo Tan, la meravigliosa interprete di Spring Fever di Ye Lou e la giovane star televisiva Fangsheng Lu.
La soddisfazione è quella di essere riuscito a realizzare un film internazionale, che potrà portare i propri contenuti ben al di fuori dell’Italia.
Quelle che oggi siamo chiamati ad affrontare sono sfide importanti e cruciali per il futuro, sfide che probabilmente ci costringeranno a resettare i nostri valori e quello che crediamo giusto e sbagliato; contemporaneamente l’orologio dell’emergenza ecologica e delle migrazioni di interi popoli ticchetta inesorabile.
Chi ne prende atto, sa che la popolazione aumenta ad un ritmo elevatissimo, il consumo delle risorse è sempre più critico e che il rischio di un collasso ambientale è molto alto e vicino, ancor prima di quello politico ed economico.
Alcuni dicono che ogni tempo ha avuto le sue incertezze e che l’umanità alla fine ha sempre trovato il modo di aggiustare le cose.
Un finale di speranza
Per questo ho voluto che il film avesse un finale di speranza, che portasse a credere che possiamo preservare tutto quello che abbiamo faticosamente costruito di prezioso, ma che ci ricordasse che questo potrà avvenire solo con il nostro impegno diretto.