MILANO – Dal sito di Host 2019, Una fotografia del mondo del gelato artigianale in grado du guardare anche oltre i confini nazionali. Il commento è quello autorevole di Filippo Bano, gelatiere molto attivo nell’associazionismo; presidente del GAT (Gelatieri Artigiani Triveneto) e del GA – Comitato Nazionale per la Difesa e la Diffusione del Gelato Artigianale e di Produzione Propria. Oltre che titolare della Gelateria delle Terme ad Abano (PD). Infine, dal dicembre scorso presidente di Artglace, la Confederazione delle Associazioni dei Gelatieri Artigiani dell’Unione europea.
Filippo Bano: com’è cambiato il gelato negli ultimi anni?
“Il gelato è cambiato perché sono cambiati i gusti dei consumatori, che virano al salutismo. Le intolleranze aumentano e sono sempre più richieste opzioni gluten free, senza latte e con meno calorie, specie nel Nord Italia.
Al di la delle “bizzarrie” come il gelato nero o quello all’avocado, che difficilmente vanno oltre la moda passeggera. Ora a Torino ne hanno dedicato uno a Cristiano Ronaldo, e potrebbe fuzionare, anche perché è un prodotto che agli sportivi piace.”
Quali sono le tendenze quest’estate?
La risposta di Filippo Bano. “Anche se alla fine i più venduti sono i gusti classici, imprescindibili in una gelateria. Come cioccolato, fragola, limone; pistacchio nocciola vaniglia, cui negli anni si sono aggiunti yogurt e bacio.
C’è molta richiesta verso i prodotti del territorio. Da noi ad esempio (nel Triveneto) va molto il fiore di sambuco, naturale e che la gente conosce perché cresce spontaneo ovunque.”
Come fa un consumatore a distinguere il gelato artigianale “vero”?
“In effetti non è semplice. Certo c’è il colore: un gelato alla banana è grigio chiaro, se è bianco o giallo non può essere naturale.
Il problema è che non esistono certificazioni o normative. C’è troppa divisione tra produttori di semilavorati, di macchinari e gelatai.
Mentre tutta la filiera dovrebbe collaborare per preparare una proposta di legge a tutela del gelato artigianale. Il paradosso è che in un Paese come la Germania ad esempio il gelato è rigidamente codificato. (se non ha almeno il 25% di frutta ad esempio non può chiamarsi con il nome del frutto).
Non si può aprire una gelateria se il bacino di utenza non supera un certo numero di abitanti. In modo che chi apre deve potere restare nel mercato. Da noi, che siamo la patria del gelato, non esiste una legge che lo protegge.”
Ma oggi conviene aprire una gelateria?
Continua Filippo Bano. “Dipende. Il mercato è più che saturo: ce ne sono 39mila in Italia (e 75mila in tutto il mondo): troppe rispetto al mercato. Si prevede che 8-9mila, se non si rinnovano, dovranno chiudere.
Spesso manca la professionalità: con il miraggio dei facili guadagni le catene fanno aprire gente che ha fatto solo 3-4 giorni di formazione. Mentre per diventare gelataio sarebbe necessario un corso di almeno un anno e mezzo.
Determinante poi è la location. Va detto poi che sta scomparendo la gelateria solo coni e coppette, è necessario diversificare per restare nel mercato, proponendo anche caffetteria e bar, cioccolateria e pasticceria.
Certo, per questo ci vuole una ulteriore professionalità, non si può improvvisare. C’è il gelato gastronomico, i cocktail gelato: non sostituiscono il core business, copriranno il 5/10% dell’offerta, ma sono strade che è giusto percorrere.”
Come va il gelato in Europa?
“Il Made in Italy è fondamentale nei macchinari e nelle attrezzature. Il 92% di chi frequenta i miei corsi va all’estero. A Vienna ad esempio una gelateria come Tichy è disposta su tre piani e vende 6000 chili di gelato al giorno.
La più grande gelateria artigianale di Atlanta fattura 38mila dollari al giorno. Sono redditività che in Italia ci sogniamo.
Tanto per fare un confronto a Padova ci sono 190 gelaterie, a Vienna, 4 milioni di abitanti, ce ne sono 12. Ma il gelato italiano, meno calorico e con meno zuccheri, è il gelato del futuro, e sta conquistando posizioni in tutto il mondo.” conclude Filippo Bano.