MILANO – “Ferrero non è, nè sarà, in vendita se non per i suoi consumatori”. Giovanni Ferrero, chief executive officer del gruppo, smentisce “illazioni” che “sono tornate a circolare in questi giorni” dopo la morte del fondatore Michele Ferrero “secondo cui l’azienda potrebbe essere oggetto di cessione ad altri gruppi”. Giovanni Ferrero smentisce “nuovamente con forza tali voci, fatte circolare tra l’altro in un momento particolarmente doloroso per la famiglia e per l’azienda”.
Così la riservata famiglia piemontese prova a mettere la parola fine alle voci che vorrebbero l’azienda dolciaria di Alba, colosso da oltre 8 miliardi di fattureto e 545 milioni di profitto netto, con 30mila dipendenti in giro per il mondo, destinata al matrimonio con una delle (poche) società di pari o superiori dimensioni (Nestlé, Mars e Mondelez) o alla quotazione a Piazza Affari.
All’aziende italiana anche il quotidiano della City, il Financial Times, dedica oggi un lungo ritratto a firma della corrispondente italiana Rachel Sanderson.
Dipingendola significativamente con l’appellativo di “fortino” che resiste all’assalto dei banchieri. Il quotidiano londinese riporta le parole di un partner importante di uno studio legale, che definisce la Ferrero ‘unbankable’, non approcciabile dalle banche né per emissioni di debito né tantomento per intavolare discussioni su emissioni azionarie sul mercato dei capitali.
Non sfugge, però, di ricordare il tam tam che circa un anno e mezzo fa si sviluppò intorno al gruppo, quando Repubblica riportò di un approccio da parte della Nestlé per arrivare a nozze. Allora la multinazionale svizzera rifiutò un commento e la società italiana spiegò di non aver ricevuto offerte, con Giovanni Ferrero a puntualizzare: “Siamo nati come azienda familiare e rimarremo tali”.
Al Financial Times, tre persone vicine al dossier dicono che Nestlé fece un offerta mista di azioni e denaro che avrebbe reso la famiglia Ferrero uno dei maggiori se non il primo azionista della nuova società, ma il tutto fu rispedito al mittente.