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Ferrero in Italia si fa in 4: produzione, marketing, management e ingegneria

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di Filomena Greco*
TORINO – Ferrero vara il riassetto societario per il ramo italiano. Il Gruppo di Alba, terzo produttore al mondo di cioccolato, con 2,68 miliardi di fatturato per l’Italia – il consolidato sarà presentato a marzo ma il dato globale dovrebbe raggiungere i 10 miliardi, come anticipato dal ceo Giovanni Ferrero – si prepara a definire entro l’anno la nuova organizzazione societaria.

L’azienda piemontese sarà formata da quattro Srl partecipate al 100% da Ferrero Spa, a cui faranno capo i quattro business definiti dall’azienda: produzione, marketing, management e ingegneria.

Tra maggio e settembre si definirà il passaggio dei dipendenti del Gruppo in Italia alle nuove società. Saranno circa 5.400 gli addetti interessati, senza ricadute occupazionali, downsizing o variazioni di sedi, assicurano i vertici dell’azienda.

Alla Ferrero Industriale Italia Srl (operativa dal primo giugno) faranno capo le attività industriali e i quattro plants italiani (Alba, Pozzuolo, Balvano e Sant’Angelo) con un totale di 3.800 dipendenti.

Alla Ferrero Commerciale Italia Srl (operativa dal primo maggio), dentro cui confluiranno le strutture della divisione commerciale come l’area vendite, il marketing, i servizi al cliente, i media, la logistica commerciale e le ricerche di mercato, passeranno circa 900 addetti.

A queste due strutture si affiancheranno poi due società di servizi, attive dal primo settembre. Ferrero Technical Services Srl, nella quale confluiranno circa 400 addetti e che si occuperà delle attività di natura tecnica e informatica, dei servizi ingegneristici e dello sviluppo packaging.

Sarà l’unica delle quattro strutture societarie a fornire servizi per le altre società del Gruppo, anche all’estero. Infine la Ferrero Management Services Italia Srl, che gestirà le attività amministrative e gestionali.

La capofila, Ferrero Spa, si configurerà come una holding ed Alba sarà la sede di tutte le società. Si tratta di un riassetto “testato” anche per altre aree geografiche, a cominciare da Francia e Germania e che ora interessa l’Italia, la realtà produttiva più importante, per volumi e numero dipendenti, del Gruppo.

Una riorganizzazione che risponde ad una esigenza di migliore efficienza operativa, si pensi ad esempio alla centralizzazione degli acquisti di materia prima per gli stabilimenti, con le unità locali a gestire i costi legati unicamente al conto lavoro assegnato, cioé manodopera, macchinari ed energia, e la possibilità di leggere le performance operative dei singoli stabilimenti in maniera più trasparente e confrontabile negli anni.

Oltre a garantire, fanno notare dalla società, una più efficace lettura dei risultati economici e una più puntuale trattazione delle questioni commerciali e competitive del mercato italiano.

Il consolidamento di Ferrero sui mercati europei, ma soprattutto l’accelerazione dello sviluppo commerciale sui mercati extra-europei, con la previsione che proprio da questi ultimi nei prossimi anni debba venire la spinta più importante per la crescita del fatturato consolidato, ha portato a definire un modello di business che renda più efficaci ed uniformi, a tutte le latitudini, le decisioni operative dell’Headquarter lussemburghese del Gruppo.

È questo, infatti, che, attraverso le sue strutture con oltre 800 dipendenti, gestisce le relazioni con le 22 fabbriche e i 53 mercati nei quali il Gruppo è presente. La trasformazione dell’assetto societario è stata avviata da poco: il 15 febbraio la comunicazione alle organizzazioni sindacali dell’apertura della procedura (ai sensi dell’art. 47, per cessione di ramo d’azienda), l’11 marzo ci sarà l’incontro tra l’azienda e il coordinamento nazionale di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil, con le delegazioni locali e le Rsu degli stabilimenti.

«Si tratta di un processo di trasformazione che riguarda una delle principali realtà del settore agroalimentare in Italia e che dunque va monitorato – sottolinea Andrea Basso, responsabile Flai-Cgil di Cuneo – non abbiamo al momento segnali di preoccupazione ma la cosa che chiederemo è di mantere l’attuale struttura di relazioni sindacali, con un coordinamento nazionale». In parallelo Ferrero sta gestendo la chiusura del centro di Pino Torinese e il trasferimento «protetto» ad Alba dei circa 300 addetti entro l’inizio del 2017.

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