MILANO – Di recente abbiamo osservato come nel corso dei Campionati del mondo di Amsterdam siano stati presentati moltissimi caffè sottoposti a processi di fermentazione controllata.
Abbiamo avvertito delle perplessità in merito e chiesto alla Coordinatrice Nazionale Sca Cristina Caroli che cosa è la fermentazione controllata applicata ai caffè di eccellenza. E inoltre, un prodotto fermentato è anche sano?
Ecco la sua risposta.
Di fronte a caffè sottoposti a fermentazione, alcuni neofiti o persone non informate potrebbero evocare immagini di frutti putridi e sapori marcescenti e corrotti, addirittura potenzialmente dannosi per la salute.
Paragonandoli a prodotti che dovrebbero rappresentare scarti da raccolta differenziata o facendo confusione con sentori propri di caffè gravemente difettati, che peraltro vengono purtroppo commercializzati dopo una tostatura pesantissima per coprire un difetto….. con un’altro!
Ma non stiamo parlando di nulla di tutto ciò, si tratta di un errore grossolano, in quanto i processi fermentativi controllati rappresentano invece tecniche molto raffinate. Che derivano dalla ampia applicazione della fermentazione in alimenti e bevande. In uso fin dalla notte dei tempi.
Senza voler appesantire di nozioni, mi permetto semplicemente di fare degli esempi che servono a comprendere il concetto di fermentazione. E come si differenzia dalla marcescenza.
La fermentazione aerobica ed anaerobica contribuisce da secoli, sia nel settore vinicolo che in quello alimentare a creare prodotti salubri, di straordinaria raffinatezza e complessità aromatico gustativa.
Alcuni esempi quotidianamente sotto i nostri occhi?
Pane e lievitati, yogurt, formaggi, panna acida, tè nero (pu-erh, kombucha); ma anche salsa di soia, miele hanno tutti alla base processi fermentativi controllati.
La birra è una delle più antiche bevande fermentate. In cui lieviti, alta fermentazione e bassa fermentazione determinano grandi differenze di gamma aromatica.
Sasa Sestic nel Campionato Baristi 2015 fu il precursore della applicazione del processo fermentativo a caffè d’eccellenza. Che gli valse la conquista del campionato. Si trattava del caffè Sudan Rume in cui bacche intere perfettamente mature venivano sottoposte ad un processo di macerazione carbonica; cioè in assenza totale di ossigeno. Una tecnica mutuata dal mondo del vino.
L’apprezzatissimo vino Beaujolais, ma non solo, ne è un perfetto esempio, e subisce la medesima lavorazione, che ha ispirato Sasa.
Per concludere e per i più scettici tornerei alle immagini di frutti ammuffiti e marcescenti ed evocative di pericolo e mi permetto di citare il pregiatissimo vino Sauternes, ottenuto da grappoli attaccati da una muffa il Botrytis, di pessimo aspetto.
Peccato che le inquietanti muffe così brutte a vedersi, producano vini come lo Chateau d’Yquem, tra i più costosi e raffinati del mondo.
Occorre quindi evitare di accorpare grossolanamente concetti e prodotti cercando di fare informazione corretta e super partes.
Tutto questo, naturalmente, nel pieno rispetto del consumatore, che può prediligere o meno alcune sfumature di sapore. Ma per un concetto legato al proprio gusto personale per i caffè. E non a scarsa qualità o pericolo alimentare.
Va rammentato che eccezionale qualità del prodotto caffè e le tecniche più raffinate di lavorazione in origine, sono tra gli scopi stessi del movimento Specialty e di Associazioni come SCA. Che si occupano di elevare l’asticella della qualità e della ricerca.
Il prodotto caffè attendeva l’applicazione di queste tecniche e delle altre che verranno. Per essere un prodotto ancora più interessante, complesso e di reale valore.
A discapito della commercializzazione brutale che troppo spesso viene fatta. E che penalizza tutto il comparto e la vita del caffè stesso. Per lo sfruttamento selvaggio e la carenza di investimenti in ricerca e sviluppo.
Per sapere di più in merito alle più recenti ricerche e alla salvaguardia del caffè consiglio di visitare il sito:
https://worldcoffeeresearch.org/