MILANO – La comunicazione dei brand, del prodotto, del mondo che sta dietro il risultato finale, è un compito delicato quanto ormai imprescindibile nel processo di promozione di un’azienda e di un intero settore. Nell’epoca dei social, della visibilità su internet, dove Instagram, Pinterest e altre piattaforme si reggono principalmente sull’uso delle immagini, lo storytelling deve poter contare sull’uso sapiente dei contenuti visivi.
Che siano attraenti, d’impatto, emozionali e non scontati. Un compito davvero delicato, svolto dai comunicatori ad ogni livello, tra cui quello della fotografia. Per questo abbiamo deciso di dare uno sguardo più “obiettivo”, in tutti i sensi, sul racconto del caffè dentro uno scatto. Con l’aiuto di Federico Pezzetta, o @coffeeandlucas, parte del team di Romedia Studio di Roma, assieme a Federica Balestrieri.
Conosciuti dalla community, non solo per il loro costante impegno tra fiere ed eventi dedicati al chicco, ma anche per la loro creazione che ha fatto il giro del mondo: il video documentario “Coffees – Italians do it better(?)”, che esplora il mondo degli specialty.
Federico Pezzetta: cosa significa per lui, raccontare il caffè attraverso la fotografia?
“Raccontare il caffè attraverso la fotografia consente di comunicare, se la foto è efficace, in modo immediato un concetto.”
Quanto è importante la comunicazione per immagini oggi, al fine di raggiungere il consumatore?
“La comunicazione per immagini è fondamentale. Del resto viviamo in una società dove siamo continuamente bersagliati da immagini e messaggi pubblicitari. Per raggiungere il consumatore quindi, bisogna essere creativi. Altrimenti il nostro messaggio si perderà tra i centinaia che ogni utente vede ogni giorno.”
Federico Pezzetta: il caffè è un prodotto fotogenico?
“Il caffè è un prodotto super fotogenico! Al tempo stesso, raccontare il caffè sempre e solo attraverso delle immagini impeccabili, rischia di anestetizzare il fruitore. A volte infatti, si ha la sensazione di vedere una serie di scatti un po’ tutti uguali e troppo costruiti. Anche in questo caso, bisogna trovare un balance per non risultare artificiosi.
Il caffè esce bene anche in compagnia
Come lo hai comunicato e condiviso al tuo evento CoffeeAndLucas goes to Crosta? quale è stata la particolarità dell’evento?
“CoffeeAndLucas goes to Crosta è stato un evento super informale tenutosi in uno di quelli che, secondo me, è uno dei migliori nuovi locali di Milano.L’ho chiamato “evento” ma in realtà per me non è stato diverso o nuovo rispetto a quello che faccio già da 4/5 anni: parlare di caffè e condividere il caffè. Spesso l’ho fatto senza crearci chissà quale hype attorno.
Come la volta in cui in un temporary shop a Roma diedi vita ad un pop up di Ritual Coffee Roasters (esponente della prima ora della third wave della west coast, san francisco). O come quando durante un international coffee day a Genova mi misi dietro il bancone di Tazze Pazze a preparare caffè filtro, raccontandolo ai clienti insieme allo staff.
La particolarità che evidenzierei dell’evento di Crosta è sicuramente il fatto che Crosta non sia una caffetteria specialty. Proprio questo aspetto mi ha davvero permesso di condividere i caffè speciali non solo con gli appassionati, che già conoscono il prodotto ma con i normali avventori di Crosta (che solitamente sono abituati ad un prodotto diverso).
Abbiamo letteralmente preso possesso in quelle 3 ore della macchina espresso. Cambiando l’house blend con due caffè che ci sono stati forniti da Colonna Coffee e Kiss The Hippo che hanno deciso di essere partners dell’evento. I feedback che abbiamo raccolto riguardo ai caffè estratti sia in espresso che in filtro sono stati positivi e l’esperimento è sicuramente riuscito e mi ha dato molti spunti per altri progetti che svilupperò a breve termine. La comunicazione che abbiamo fatto prima è soprattutto durante la mattinata da Crosta è stata all’insegna dell’informalità e dell’inclusività.”
In Italia è diverso il modo di comunicare il caffè rispetto all’estero?
Risponde Federico Pezzetta: “In Italia, almeno sullo specialty, 4/5 anni fa la comunicazione creativa e social praticamente non esisteva; c’erano solo dei canali istituzionali. In questo senso il documentario Coffees – Italians do it better(?) che co-diressi insieme a Federica Balestrieri, unito alle attività di Romedia Studio (che non lavora solo nel campo del caffè) e la successiva crescita di CoffeeAndLucas sono stati un bel apripista per la nascita di un piccolo movimento che in Europa già si stava sviluppando da tempo.”
Cosa secondo Federico Pezzetta, attira di più la curiosità del consumatore? Quale scatto potrebbe aprirgli le porte dello specialty?
“Semplicità e ironia sono ottime chiavi, a mio parere. Lo scatto bello aiuta, ma a volte non necessariamente è la scelta giusta. Dipende molto dalla situazione dal contesto e dal messaggio che vuoi veicolare. Ad ogni modo, una foto di un particolare metodo di estrazione a filtro attira quasi sempre l’attenzione se è la proma volta che lo vedi.”
Su cosa si concentra quando vuole fotografare un espresso? E un’estrazione alternativa? Sono due bevande che necessitano due narrazioni differenti?
“Dipende dal mercato di riferimento. In Italia anche in campo specialty, la crema (schiuma) dell’espresso attira sempre (anche se in modo differente). All’estero sicuramente no. Fotografare l’estrazione di un doppio espresso con filtro naked può far uscire fuori un bello scatto sicuramente.
O una bella presentazione dell’espresso servito al tavolo magari con un particolare vassoio o una tazza realizzata da qualche piccolo artigiano. Il filtro è slow coffee, quindi il concetto di narrazione è opposto. Prenditi il tuo tempo. Rilassati. Goditi l’atmosfera. Condividi. Questi sono alcuni dei concetti chiave del caffè filtro.”
Come distinguere comunicazione pubblicitaria dallo story telling nella fotografia del caffè?
“In questo caso, la questione è interessante, perché le due strade si intrecciano. Anzi, in una comunicazione pubblicitaria fatta al massimo livello lo storytelling (che sia fotografico o video) è fondamentale.”
La figura del barista e poi la macchina: come metterli insieme nella stessa inquadratura? Chi andrebbe in primo piano?
“Dipende da quello che si vuole comunicare. Se il focus è la macchina, che ci sia il barista o meno in scena, l’attenzione deve essere sulla macchina.
Se invece la comunicazione ruota attorno al barista deve uscire la sua personalità, la sua emotività. Bisogna evidenziare quei particolari che gli faranno “bucare” l’obiettivo.”
La strada del documentario dello specialty: continua o andrebbe riformulato l’approccio?
Non ha dubbi Federico Pezzetta: “Assolutamente. Qualsiasi iniziativa in tal senso è super positiva. Coffees-Italians do it better(?) senza alcuna casa di produzione dietro o uffici stampa a farlo girare per i grandi media è stato visualizzato oltre 80.000 volte ed è stato proiettato in città come Londra, Amsterdam, Auckland, Berlino e la lista continua ad allungarsi anche al giorno d’oggi.
Quindi nuovi progetti che proseguano sulla falsariga e aggiungano altre novità, sono i benvenuti. La chiave, come al solito, è riuscire a pensare un documentario con un linguaggio nuovo e che tratti temi che non sono stati mai trattati prima. Nel caso di Coffees questo fu il suo punto forte.”
Di recente.abbiamo parlato di spreco di caffe con Umeko Motoyoshi
La quale ha preso spunto le tantissime foto in cui litri di caffè volano per aria, andando gettati via inutilmente. Che ne pensa Federico Pezzetta?
“Da questo punto di vista sono più “morbido”. Penso che al fine di comunicare un messaggio anche un’immagine dove viene “sprecato” del caffè sia funzionale. Al tempo stesso, capisco anche il suo discorso e infatti a volte vedere caffè che vola via da un v60 o un Chemex è un po’ al colpo al cuore quando il messaggio dietro lo scatto è molto fine a stesso.”