lunedì 23 Dicembre 2024
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Federica Parisi, Simonelli Group sul Coffee Value Assessment System: “L’unico modo per interiorizzarlo è fare pratica”

La Coffee and Beverages Community Director della nuova divisione di Simonelli Group: "La scheda precedente ci obbliga ad essere iper multitasking durante l’assaggio e questo impedisce di concentrarsi al massimo su ogni singolo aspetto. Invece il nuovo Coffee Value Assessment è studiato apposta per fare un passo dopo l’altro, semplificando il lavoro."

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MILANO – Federica Parisi, la Coffee and Beverages Community Director della nuova divisione di Simonelli Group, creata a inizio anno e formata da un gruppo di professionisti da tutta l’industria caffeicola (molti AST e Q Grader ma non solo), accomunati da talento e competenze. Focus generale: tutto ciò che riguarda la formazione per i clienti, la ricerca e l’innovazione.  Con lei abbiamo aggiunto un ulteriore tassello sul nuovo Coffee Value Assessment System presentato durante l’Educator Summit al Campus Simonelli Group.

“Sono innanzitutto una grande fan di questo cambiamento, perché penso che rappresenti l’innovazione più grande della coffee industry da oggi almeno per i prossimi 5 anni.

È proprio un cambio di mindset del settore, nella forma di un protocollo che diventa attuale rispetto all’esigenze reali del mercato. D’ora in avanti, la community potrà adottare un approccio differente che le permetta di avvicinarsi a più persone.

L’obiettivo di questi nuovi strumenti messi a disposizione dalla Specialty coffee Association, è quello di essere più comprensibili e di poter rispondere a più necessità.

A questo scopo, all’interno del Coffee Value Assessment è possibile usare una scheda piuttosto che un’altra a seconda dei bisogni che guidano l’assaggio o la scelta del caffè: un passo in avanti per esser in grado di comunicare anche con un cliente che di caffè non sa molto, in quanto dà valore a degli aspetti della materia prima che da sempre abbiamo considerato fondamentali come ad esempio la dolcezza, che tuttavia in precedenza non aveva una categoria specifica di riferimento.

Sono molto contenta di essere tra gli early adopter nonché tra i primi futuri trainer.”

Per diffondere il Coffee Value Assessment, la chiave è la formazione

“E proprio con questo obiettivo sono stati organizzati questi primi due giorni di formazione con 17 corsisti, seguiti da 3 trainer tra cui il coordinatore nazionale Davide Cobelli, Roukiat Delrue e Daimon Chen. È stato veramente bello, ed è stato strutturato in maniera il più chiara possibile. Abbiamo fatto molto pratica, sia in assaggio che nella compilazione.

Sin dall’inizio chi ha partecipato al corso aveva un approccio propositivo, seppur naturalmente portando con sé dei dubbi. Proprio per questo, la prima cosa che abbiamo fatto è stata elencare le perplessità, per poi smarcarle durante il corso.

Volevamo essere lì per imparare e capire come funzionasse questo nuovo protocollo e alla fine, anche i più dubbiosi con i loro nodi più difficili da sciogliere, sono finiti per trovare
risoluzione.

La scheda precedente ci obbliga ad essere iper multitasking durante l’assaggio e questo impedisce di concentrarsi al massimo su ogni singolo aspetto. Invece il nuovo Coffee Value Assessment è studiato apposta per fare un passo dopo l’altro, semplificando il lavoro.

Tra noi sensorist c’era già un po’ il desiderio di un cambiamento rispetto al cupping form proprio perché non risultava attuale. Il feedback è stato colto poi da SCA, che continua ad essere tutt’ora molto ricettiva, fornendo un form a cui si può accedere per condividere il proprio consiglio con l’Associazione.

È la prima volta che noi, all’interno di SCA possiamo contribuire davvero e fare la differenza.”

Come siete riusciti con il Campus Simonelli Group, ad essere stati scelti come i primi a lanciare il Coffee Value Assessment in tutto il mondo?

“Anche se non ho seguito personalmente l’organizzazione, posso darti il mio parere da dipendente Simonelli Group e dire che l’azienda crede tantissimo nella formazione, nell’innovazione e nell’essere parte del cambiamento della coffee industry. Da questa visione nasce lo stesso dipartimento di cui sono alla guida. Penso che tutto ciò sia stato riconosciuto da SCA.

Il Campus è stupendo ed è pensato proprio per essere un luogo in cui si condivide e si fa ricerca. Con un approccio open source.”

Com’è andata la partecipazione al summit?

“L’Educator summit è stato incredibile e aveva tra gli altri l’obiettivo di condividere il Coffee Value Assessment e la ricerca di Christopher Hendon sull’impatto elettrochimico del caffè e poi una parte dedicata alle soft skills dei trainer. L’incontro era aperto a tutti, non solo agli AST.

Al corso del C.V.A., erano tutti trainers tra AST, Q grader e cuppers: Dario Ciarlantini, Lauro Fioretti, Alessandro Galtieri, Davide Cobelli, Luca Ventriglia, Andrea Fagiana, Davide Spinelli, Marco Cremonese. La settimana prima dell’Educator Summit SCA Italy ha fatto in modo di poter coinvolgere tutti gli AST e arrivare preparati a queste giornate: il chapter ha infatti organizzato un webinar tenuto da Davide Cobelli e Andrea Matarangolo dedicato agli AST in cui spiegavano il Coffee Value Assessment. Sono state due ore
dedicate al far capire come funzionava questo protocollo.

Parliamo di un sistema nuovo che un po’ spaventa e per questo forse sono stati presenti meno professionisti del previsto. Inoltre, c’erano alcune persone interessate che però non hanno potuto partecipare perché in partenza per i mondiali di Taipei.
Penseremo con Lauro Fioretti di iniziare il percorso da trainer per continuare ad essere parte attiva e sostenere la coffee community.”

Qualcosa cambia per il consumatore?

“L’obiettivo è proprio arrivare a due interlocutori in particolare: ai consumatori e ai produttori. Questi ultimi oggi hanno meno strumenti a disposizione, mentre con queste schede di valutazione avranno più possibilità per raccontare meglio il loro prodotto. Lo stesso vale per il consumatore: usando un linguaggio più facile, meno da specialisti, arriverà meglio il caffè di qualità.

Con la scheda che sarà ultimata, quella estrinseca, tutti gli elementi che possono essere interessanti per il consumatore al fine di identificare la qualità, verranno comunicate e valutate: parliamo delle certificazioni, dell’impatto sociale e iniziative di promozione dell’emancipazione femminile, che sono tutte qualità che verranno condivise con il consumatore finale.

Anche la parte emozionale del lavoro dietro alla tazzina, spinge di più all’acquisto consapevole. E anche la descrizione sensoriale messa a disposizione del consumatore, sarà più semplice.”

Qual è la parte più rivoluzionaria e necessaria di questo Coffee Value Assessment?

“Il fatto che non è più una scheda d’assaggio, ma un sistema in cui posso scegliere e utilizzare ciò che mi serve. Ad esempio, per fare la valutazione del caffè verde, utilizzerò una determinata scheda. Per gli AST sensory interessati più al profilo aromatico e gustativo, ci si potrà concentrare solo su quella descrittiva.

È una scatola di strumenti: prima ne avevamo a disposizione solo uno. Nella fase descrittiva, nel precedente format potevamo usufruire di uno spazio libero con scritto note in cui scrivere tutto, mentre in quella attuale ci sono le macrocategorie, prendendo in riferimento la parte interna del flavor wheel.

Nella scheda invece affettiva, la cosa importante è dare un’impressione individuale della qualità secondo la propria esperienza di quel caffè. Cambia tutto, perché consiglia di specificare il motivo per cui si fa quell’assaggio.

Uno può essere:per fare training, oppure per dare il giusto suggerimento al cliente che ama caffè africani.”

Quindi in definitiva oggi che cos’è specialty coffee?

“Cambia proprio la definizione che si distanzia anche dal punteggio a cui siamo stati abituati. Lo specialty coffee è un caffè o una coffee experience riconosciuto per i suoi attributi. Il cambio di passo consiste nel dover riconoscere il suo valore all’interno del mercato. Tutti gli attributi devono essere misurabili (come l’intensità, la dolcezza, l’acidità, gli aromi e altri) con la scheda descrittiva.

Immaginiamo di dividere la proposta di caffè in tre settori: dove ci sono pochissimi attributi, si parla di commodity; poi esiste uno spazio intermedio per un caffè premium o gourmet; infine quello specialty, che ha tantissimi attributi di qualità. Più se ne riconoscono, più il valore è elevato e donerà un’esperienza completa. Questo è l’attribute continuum che i nostri trainer ci hanno sapientemente raccontato.

L’unico modo per interiorizzarlo è fare pratica. Nel mio team avevamo già provato a testarlo a partire da maggio. Ma le due giornate assistiti dai tre trainer preparatissimi, che ci hanno guidato nella compilazione, è stato utilissimo per approfondire le competenze.

È stato molto bello vivere questa esperienza come gruppo, perché ti rendi conto che si sta partecipando ad un movimento che porterà al cambiamento. C’è stata molta condivisione anche con gli altri colleghi internazionali.”

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