domenica 22 Dicembre 2024
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Fatture false di caffè a Roma: sequestro beni per quasi un milione

Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo degli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Ladispoli, che hanno preso le mosse da alcune verifiche fiscali nei confronti di società di Viterbo e Frosinone operanti nel commercio all’ingrosso di caffè

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I finanzieri del Comando Provinciale Roma hanno scoperto nelle loro indagini una frode fiscale di proporzioni enormi, la quale è risultata nel sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore di quasi un milione di euro. Questi sono i dati emersi da alcune verifiche fiscali nei confronti di società di Viterbo e Frosinone operanti nel commercio all’ingrosso di caffè, di cui non sono stati diffusi i nomi dalle autorità. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato su Radio Roma.

La frode fiscale nel commercio del caffè a Roma

ROMA – Una maxi frode fiscale è stata scoperta dai finanzieri del Comando Provinciale Roma che hanno eseguito il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore di circa un milione di euro nei confronti di 10 persone, tra titolari di ditte individuali e amministratori di diritto e di fatto delle società coinvolte, indagate per le ipotesi di reato di omesso versamento di imposte, nonché di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo degli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Ladispoli, che hanno preso le mosse da alcune verifiche fiscali nei confronti di società di Viterbo e Frosinone operanti nel commercio all’ingrosso di caffè.

Come funzionava la truffa all’Erario

Dagli approfondimenti è emersa l’interposizione formale, negli acquisti di merce da altri Paesi dell’Unione Europea e nella rivendita in Italia, di società “cartiere” le quali, prive di qualsivoglia struttura operativa e di personale alle dipendenze, si assumevano l’integrale debito iva, che non veniva mai versata all’erario.

Al vertice del sodalizio due italiani – uno residente in Slovenia e l’altro nella Repubblica di Malta – che si occupavano delle vendite rispettivamente nell’Italia centro-settentrionale e in quella meridionale.

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