RIMINI – Riuscite a immaginare di avere difficoltà a svitare il tubetto del dentifricio o di non riuscire ad allacciarvi le scarpe? L’esperimento è stato proposto ai partecipanti del 53° Congresso della Società Italiana di Reumatologia in corso a Rimini fino al 26 novembre.
I volontari dell’Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Apmar) stanno distribuendo ai presenti un kit composto da due elastici verdi con cui “bloccare” le dita della mano, simulando una patologia reumatica.
L’invito è di tenere gli elastici sulle dita per almeno mezz’ora visitando lo stand Apmar, dove è possibile sottoporsi a 5 “sfide”: abbottonare una camicia, chiudere una felpa con zip, avvitare una moka, aprire un portamonete e infilarsi delle calze.
L’obiettivo è far capire l’impatto che l’artrite reumatoide ha sulle attività anche banali della vita quotidiana, per accendere i riflettori su patologie altamente invalidanti (hashtag #bloccatiXapmAR).
L’Associazione ha stilato una classifica delle 10 “missioni impossibili” che possono cambiare la vita alle persone con malattie reumatologiche non diagnosticate o mal curate: semplici lavori domestici, svitare il tubetto del dentifricio, infilare una chiave nella serratura, indossare un paio di calze, pettinarsi, tirare su la lampo, allacciarsi le scarpe, prendere gli spiccioli dal portamonete, abbottonare una camicia, avvitare la moka.
Gesti quotidiani che diventano un inferno
«Riuscire a svolgere le consuete attività in casa e al lavoro diventa davvero una missione complessa quando insorge un disturbo articolare causato da una patologia reumatologica», spiega Antonella Celano, presidente di Apmar.
Le malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide o la sclerosi sistemica, colpiscono maggiormente le donne, che spesso devono rinunciare al lavoro.
Sono quattro le categorie di gesti quotidiani che le malattie reumatiche possono rendere un inferno: cura della propria persona (lavarsi, pettinarsi, vestirsi, mangiare o prepararsi un caffè); socialità (salire su un’auto o un taxi con un pianale troppo alto, pagare alla cassa di un negozio, offrire un cappuccino al bar senza creare file chilometriche alle proprie spalle); attività domestiche; attività lavorativa.
«Vogliamo dare la possibilità ai cittadini di rendersi conto in prima persona come si vive con una malattia reumatologica o rara – sottolinea Antonella Celano -, sottolineando che si può riuscire a migliorare la qualità di vita delle persone garantendo diagnosi precoci e terapie innovative».
«Coinvolgere le associazioni di pazienti»
Ma la battaglia dell’Associazione punta ancora più in alto, con la richiesta al ministro della Salute Beatrice Lorenzin di inserire le associazioni di pazienti nel Comitato ministeriale LEA (Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket).
Ad oggi, le malattie reumatologiche previste dai LEA sono artrite reumatoide, lupus, malattia di Sjögren, malattia di Paget, psoriasi artropatica, spondilite anchilosante e sclerosi sistemica, quest’ultima riconosciuta come rara. Ma, fa notare Apmar, si notano delle incongruenze: gli esami di laboratorio per il follow-up del paziente in terapia biologica variano a seconda della patologia di riferimento.
Secondo l’Associazione, a parità di terapia biologica, le prestazioni LEA dovrebbero essere accessibili a tutti: invece oggi alcuni pazienti con patologie reumatiche pagano per prestazioni che altri ricevono gratuitamente.
Piano nazionale della cronicità
«È importante – conclude Celano – che la persona affetta da una patologia reumatologica riceva un equo accesso alle cure in tutte le regioni; per questa ragione promuoviamo iniziative utili alla sostenibilità del Sistema sanitario, come il sostegno dell’aderenza terapeutica e della appropriatezza prescrittiva. Se il Piano nazionale della cronicità, venisse attuato alla lettera, i pazienti reumatici godrebbero di un’assistenza ottimale. Ma di fatto, le regioni potranno rispettare il Piano solo compatibilmente con la disponibilità delle loro risorse. È essenziale che dopo l’approvazione a livello nazionale, vi sia un’implementazione a livello regionale».