MILANO – L’esperto del caffè Fabio Verona ha condiviso sul suo blog un interessante articolo su uno dei problemi che attanagliano il settore dell’horeca: la mancanza di personale. Verona, con l’aiuto di Fabio Romano, capo barman e Consigliere nazionale – Responsabile della commissione didattica Aibes, analizza in dettaglio la situazione corrente del mondo del lavoro nell’horeca. Leggiamo di seguito il loro intervento.
di Fabio Verona
“Da sempre il settore alberghiero è stato quello nel quale, se non avevi altre risorse e volevi lavorare, l’offerta non mancava. Certo, non è un lavoro semplice, soprattutto se svolto con professionalità, ma anche le soddisfazioni non mancano.
Io provengo da questo mondo, ho iniziato facendo l’alberghiero nel ramo della cucina, poi ho continuato l’esperienza in pasticceria (che però è durata poco, non era per me…), per poi continuare con aggiornamenti e corsi per barman, cameriere, cucina alla lampada, barista e, insomma, il lavoro non è mai mancato e le soddisfazioni nemmeno.
In quest’ultimo periodo leggo e sento continuamente parlare di mancanza di personale, di ragazzi che non hanno voglia di lavorare, di locali che chiudono… senza guardare ad altri settori colpiti dalla medesima crisi, dall’ortofrutticolo fino alle fabbriche metalmeccaniche.
Eppure, tralasciando per un momento l’aspetto economico, vorrei soffermarmi sulla volontà ed il piacere di svolgere questa professione.”
La professione della ristorazione secondo Fabio Verona
“Il ruolo dei cuochi, dei baristi, dei pasticceri, dei barman, dei pizzaioli, insomma di chiunque lavori nel settore della ristorazione e dell’accoglienza, deve essere preso come qualsiasi altra professione che porti piacere, quali i massaggiatori, i parrucchieri, gli estetisti e perfino ogni tipologia di accompagnatore.
Perché dico questo? Perché dobbiamo smetterla di considerare la professione nella ristorazione come un impiego di ripiego o per pagarsi gli studi.
Che poi ben venga, gli extra nei periodi estivi o nei week-end sono manna dal cielo, ma anche chi svolge il suo ruolo saltuariamente deve farlo da professionista.
Nel mio lavoro sono costantemente in contatto con gli istituti alberghieri. Per un periodo della mia vita ho anche avuto il piacere e l’onore di dirigere l’istituto Alberghiero privato Les Meridiens (poi divenuto Le Midì) di Torino, ma per meglio contestualizzare questo momento storico ho voluto coinvolgere Fabio Romano, capo barman e Consigliere nazionale – Responsabile commissione didattica Aibes, caro amico e collega che ora è docente tecnico di sala e bar per Efp immaginazione e lavoro c/o Fondazione Piazza dei Mestieri, specializzata nella formazione finalizzata all’inserimento lavorativo.”
Le domande dirette a Fabio Romano
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Fabio Romano, lei che vive quotidianamente sia la formazione che la gestione degli inserimenti lavorativi, è vero che la richiesta di personale è superiore alla disponibilità di ragazzi formati che voglio inserirsi in questo settore?
“Confermo. Nel settore alberghiero c’è una grandissima richiesta di personale che purtroppo non riusciamo a soddisfare.”
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Quali sono le figure professionali più richieste?
“Ad oggi tutti i settori hanno bisogno di personale: dal pizzaiolo al cuoco, dal pasticcere al barista, dal cameriere al panettiere e cosi via.”
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Si cercano maggiormente professionisti, apprendisti o stagisti?
“È un argomento difficile da trattare perché ampio e dove c’è molta confusione nei termini. Ad esempio, lo stagista è spesso considerato come una figura che non viene retribuita. È corretto? Certo, ma stiamo parlando di ragazzi che frequentano la scuola e svolgono attività lavorative extracurriculari le quali servono ad ampliare le capacità professionali. Si tratta quindi di un periodo di formazione obbligatorio per poter conseguire il titolo di studio.
Da non confondere con i tirocinanti che sono delle figure con capacità professionali acquisite minime. Sono regolarmente inserite con progetti formativi che permettono loro di lavorare fino 40 ore settimanali con un’indennità di circa 600 euro. La finalità è che nel periodo di tirocinio possano crescere per essere assunte con contratti adeguati, con l’apprendistato, con il tempo determinato o indeterminato e con stipendi più alti.
L’apprendista è lo step successivo anche se ha le stesse limitazioni di un tirocinante: non può ad esempio aprire e chiudere l’attività in maniera autonoma e deve sempre essere affiancato da un tutor. Il contratto di 40 ore settimanali prevede stipendi di circa 900 euro ma non possiamo avere pretese in quanto non si tratta di un professionista, ma di una figura che deve ancora “apprendere” sul campo. Solitamente dura 3 anni.”
I professionisti nel mondo dell’horeca secondo Fabio Romano
“I professionisti stanno diventando merce rara. Chi li ha se li tiene stretti e chi ne ha bisogno è disposto a pagarli bene.
Quindi per rispondere direttamente alla tua domanda: i locali di livello medio basso chiedono principalmente stagisti perché guardano solo l’aspetto economico.
I locali che hanno bisogno di personale più affidabile richiedono ragazzi che abbiano un po’ di esperienza; quindi, li chiamano baristi o camerieri e non usano definizioni come apprendista o tirocinante perché non conoscono la reale differenza. Questi sono termini che possono imparare da chi si occupa di inserimento lavorativo.
Per i professionisti normalmente non ci si rivolge alle strutture scolastiche ma si passa attraverso le Associazioni di Categoria (Aibes, Ais, Amira, Fic, ecc.) oppure tramite il passaparola con il personale dei professionisti del settore.”
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Nel caso di un giovane volenteroso alle prime armi, ma che abbia già svolto due anni di formazione presso un istituto professionale e che abbia fatto dei periodi di stage gratuito, non possiamo parlare di un “apprendista”, in quanto tale periodo lo ha già effettuato nel percorso formativo (e forse anche di più… aggiungo io), secondo lei, quale dovrebbe essere il suo inquadramento e la sua retribuzione, ovviamente a patto che sappia svolgere con dovizia il ruolo assegnato?
“Purtroppo, devo dissentire. Non tutti gli Istituti preparano professionalmente allo stesso modo ed il periodo di stage è utile se chi ti accoglie è in grado di aiutarti nel percorso. Quindi ritengo che il termine e l’inquadramento da apprendista sia corretto.
Molti ragazzi finiscono la scuola e pensano di essere già arrivati, perché sanno fare un cappuccino, o servire dei piatti. Quello che manca loro è la capacità di stare a contatto con il cliente, capire le sue esigenze per accoglierlo e fargli passare momenti piacevoli. Devono ancora apprenderlo guidati da un tutor.
Di certo c’è che se si ha la buona volontà e si investe sulla propria persona, raggiungere gli obiettivi di crescita può rivelarsi un tragitto veloce.”
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Rimanendo nella sfera economica, che ha sempre una grande importanza vista la specificità dell’attività lavorativa svolta, ha citato gli stipendi da Ccnl per tirocinanti ed apprendisti, ma se prendiamo qualcuno con un po’ di esperienza in più, qualche stagione sulle spalle e magari un paio di anni in un locale; nozioni avanzate di miscelazione e capacità di uno chef de rang in sala? Stipendio corretto secondo lei?
“Stiamo parlando già di un professionista: Il suo stipendio si aggira intorno a 1200/1400 euro. Sappiamo che in Italia il problema degli stipendi è reale, sono troppo bassi e di questo se ne parla continuamente ma vale in tutti settori.”
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Arriviamo ora ad un professionista vero: in sala competenze da maitre; al bar da capo barman ed in caffetteria con ottime abilità anche in latte art. Ovviamente la gestione del cliente in ogni ruolo è scontata. Una giusta retribuzione?
“Vista la richiesta, chi ha certe competenze non dovrebbe far fatica a trovare locali di alto livello che siano in grado e disposti a pagare stipendi importanti.
Ma dobbiamo imparare a non guardare sempre e solo il nostro orticello. Nel nostro settore non ci sono orari ed è sicuramente faticoso. Per diventare dei Professionisti con la P maiuscola abbiamo fatto sacrifici.
Ma ci sono laureati che hanno investito molto tempo e denaro e se pensiamo ad un chirurgo ed al suo stipendio, i conti non tornano. Il problema degli stipendi è un problema generale.”
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Dove sta il problema nella mancanza di uno stipendio adeguato, oppure in una reale mancanza di volontà dei giovani (ed anche dei meno giovani senza lavoro) di svolgere questa gratificante professione?
“Credo sia una questione di punti di vista. Le aziende si lamentano, giustamente, di avere troppe spese e per risparmiare puntano a personale che costi poco.
Il dipendente, giustamente, non è contento di dover lavorare durante le feste ed in orari assurdi per uno stipendio basso ed un inquadramento non adeguato, che non ti permetta nemmeno di fare un finanziamento, e cerca qualcosa di diverso.
Peccato però che allo stesso tempo non investa sulla propria persona per migliorare professionalmente ed essere più appetibile.”
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Cosa dire dei giovani d’oggi?
“I nostri figli hanno bisogno di essere guidati perché i loro esempi sono personaggi televisivi, influencer, gamer, ecc. e cercano vie sempre più facili per guadagnare.
I meno giovani forse è vero che non hanno grande voglia di lavorare (chi ne ha mai avuta tanta?). Chiaramente, se percepiscono il reddito di cittadinanza o altro che permetta loro di portare a casa un gruzzolo pari ad uno stipendio, come si possono incentivare? E si ritorna alle aziende. Come un cane che tenta di mordersi la coda.
Chiudo con un particolare che una mia collega mi ha fatto notare, ovvero che il periodo di Covid e tutte le perdite che abbiamo avuto, hanno influito nella psicologia delle persone. Oggi si cerca maggiormente una professione che ti permetta di passare più tempo con la famiglia, e quello della ristorazione non è dei migliori in questo senso.”
La mancanza di personale secondo Fabio Verona
“Dopo le interessanti risposte di Fabio Romano, aggiungo un’ultima analisi che ritengo rientri in pieno nel tema: la mancanza di prospettiva.
Ai miei tempi iniziavi a fare la gavetta per pochi spiccioli al mese con l’intenzione di imparare un mestiere che, malgrado la scuola, dovevi rubare, guardando fiduciosamente al futuro, con la convinzione che un giorno saresti stato tu quello a cui dovevano cercare di carpire le informazioni, saresti stato tu lo chef o il proprietario di un locale.
Oggi, purtroppo, manca questa visione, i ragazzi ai quali ho fatto questa domanda al massimo sperano di essere riconfermati nel lavoro che svolgono, non hanno l’ambizione ma nemmeno la lungimiranza di guardare nel futuro, non riescono a credere in una crescita. Ecco perché molti preferiscono rinunciare a svolgere una professione che oggettivamente è faticosa e che, come ha ribadito sopra, sottrae tempo dai tuoi cari.
Di certo gli imprenditori, non tutti per carità, ma forse la maggior parte, dovrebbero iniziare a valutare meglio il welfare per i propri collaboratori, creando, con un investimento non eccessivo, delle migliori condizioni di lavoro (parlo ad esempio dei pasti o dei benefit che si possono fornire all’interno dell’attività), e far provare ai dipendenti il valore della meritocrazia, con incentivi economici per loro attraverso le maggiori vendite ottenute tramite le tecniche dell’up-selling e del cross-selling. Ne deriverebbe un beneficio per tutti.
Infine, è importante che i giovani sappiano che lo Stato italiano ha messo in atto degli aiuti per coloro i quali vogliono aprire attività. Molte informazioni sono disponibili a questo link, chissà che anche questo possa aiutare a farsi dei progetti di vita.”