Fabio Verona, esperto del chicco e responsabile formazione ed eventi presso Caffè Costadoro, ha espresso la sua opinione sull’ultima puntata di REPORT su Rai Tre analizzando nel dettaglio la situazione in Italia per quanto riguarda le confezioni di caffè. Leggiamo di seguito la sua opinione.
Il trattamento del caffè da parte delle torrefazioni
di Fabio Verona
MILANO – “Resto sempre interdetto di fronte all’ignoranza. La puntata di REPORT di domenica sera ha evidenziato nuovamente quanto la mancanza di conoscenza della gente possa essere utilizzata per creare scalpore.
Questo però consente a trasmissioni come quella in oggetto di far aprire gli occhi alle persone su molti aspetti che sovente non vengono presi in considerazione.
Per chi lavora nel settore delle torrefazioni, è risaputo che l’invenduto che torna dalla GDO debba in qualche modo essere recuperato, a maggior ragione in un periodo come questo, dove il prezzo del caffè ha assunto delle quotazioni davvero imbarazzanti.
Per non parlare dei trattamenti che possono essere fatti sul caffè crudo per privarlo da ocratossine o da sapori negativi, rendendo quindi poi il caffè utilizzabile.
È ovvio ed è palese che però poco si sappia di queste pratiche messe in atto da più di un’azienda, pratiche talvolta effettuate presso terzisti, in quanto il costo di acquisto e gestione di attrezzature industriali in grado di aprire, separare accuratamente e recuperare il caffè contenuto nelle confezioni piuttosto che di effettuare trattamenti specifici, è davvero elevato.
Attenzione, quello di cui stiamo parlando è tutto perfettamente legale, semplicemente c’è, se vogliamo, poca trasparenza, un’omissione nella comunicazione, ma che purtroppo non è assolutamente obbligatoria.
Io arrivo dal mondo della ristorazione, e vi pongo un quesito: un ristoratore che va ad acquistare presso un grossista merce prossima alla scadenza e la utilizza per la realizzazione dei piatti che vengono serviti ai suoi clienti, sempre nel massimo della correttezza e della salubrità degli ingredienti, non compie alcun illecito nulla di male, ma in questo modo riesce a risparmiare parecchi soldi rispetto a comprare un prodotto di primissima scelta, consentendogli di continuare a servire i suoi clienti con menu a prezzi contenuti ed avere ancora un margine per poter continuare a lavorare. E mica ve lo viene a dire, nel caso…
Nel caffè la legge parla chiaro, questa è la tabella C del decreto del Presidente della Repubblica 16 febbraio 1973, n. 470
Limiti in peso delle impurità ed imperfezioni consentite dal caffè torrefatto
1) Impurità di origine minerale; in misura non superiore complessivamente all’uno per cento;
2) in misura mai superiore complessivamente al 5 per cento:
a) impurita’ vegetali e chicchi difettosi indicati al n. 2), lettera a), b) e c) della tabella B;
b) chicchi di colore nero, generalmente molto leggeri e di aspetto spugnoso ed opaco, dal gusto amaro, carbonioso (chicchi neri e carboniosi);
c) chicchi a superficie chiara, spesso raggrinzita, che reagiscono stentatamente alla torrefazione con gusto e colore sgradevoli che si accentuano quando la pellicola argentea rimane aderente (chicchi pallidi);
d) chicchi molto leggeri di colore tendente al nero, talvolta marmorizzati, con affioramento particolarmente abbondante di grasso, che al taglio emanano un odore sgradevole (chicchi cerosi o fermentati);
3) frammenti di chicchi in misura non superiore complessivamente al sette e cinquanta per cento;
4) chicchi con lesioni (fori) derivanti dall’azione dello Stephanoderes sp. e delle Araeocerus sp. in misura non superiore complessivamente al dieci per cento.
D’ordine del Presidente della Repubblica
Il Ministro per la sanità
Gaspari
Verona continua: “In base a quanto sopra, possiamo solo affidarci alla serietà e trasparenza delle aziende, alle loro eventuali certificazioni volontarie, alla dichiarazione delle percentuali di specie arabica e robusta utilizzate, come ad esempio fa la Costadoro, ed ovviamente al gusto che avremo nel caffè che andremo a bere”.
Verona aggiunge: “Ricordiamo anche che in un espresso, la percentuale di sostanze disciolte dal caffè e diluite in acqua può variare da un 5-6% fino ad un 10-12% circa, mentre ovviamente in una moka o in un caffè filtro la percentuale diminuisce, ma se in questa percentuale abbiamo sentori di bruciato, legno, vegetale, marcio, fermentato, affumicato, arachidi, rancido… beh, di certo non stiamo utilizzando una buona materia prima.
Se a questo aggiungiamo che il prezzo del caffè crudo di qualità ad oggi varia dai 5 ai 10€ al kg, (tralasciando gli specialty coffee che sono fuori scala…), che vi sono i costi di produzione, che perde circa il 20% di peso in tostatura e che, se rivenduto al banco di un supermercato, vi sono poi ancora i costi di distribuzione e i margini del punto vendita… a 1€ all’etto (alle volte anche meno), cosa pensate di poter ricevere all’interno?
A margine di tutto, ricordo anche un’ultima cosa sulla quale si sta facendo confusione: la conservazione in frigorifero o in freezer (consigliata rispetto alla prima), non è deleteria per un caffè macinato che debba essere utilizzato per la preparazione di una moka domestica o di un caffè filtro, dove per altro il quantitativo di 200-250g di una confezione viene consumata all’incirca in una settimana.
Certamente tutti i parametri cambiano, ma proprio tutti, quando invece si parla di conservazione e shelf life di caffè in grani per espresso.
Per il caffè in grani per espresso è fondamentale una conservazione in luogo fresco, lontano da fonti di calore e con una rotazione costante FiFo dei pacchi, il cui consumo ottimale non dovrebbe superare i tre mesi dalla tostatura. Per gli specialty realizzare delle porzioni predosate sottovuoto e congelate, vi garantisce invece una lunga freschezza di un prodotto che magari ha una bassa rotazione.
Ed ora, buon caffè a tutti”