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domenica 17 Novembre 2024
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Ristorazione: l’Espresso può e deve migliorare. Oggi scrive Fabio Verona

Molto spesso al ristorante non ci sono né le attrezzature adatte né responsabili che si occupino di caffetteria. Il risultato? Il caffè viene spesso preparato frettolosamente e in maniera approssimativa. Eppure rappresenta l'ultimo ricordo del cliente

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MILANO – In merito alla campagna avviata da Comunicaffè sull’espresso nella ristorazione italiana abbiamo ricevuto questo contributo di Fabio Verona.

Ristorazione: Verona inquadra il tema in termini tecnici.

Giornalista iscritto all’ Asa, l’Associazione stampa agroalimentare. Ricorda anche un convegno sull’argomento organizzato da lui stesso al Gourmet Expoforum che si è svolto a Torino lo scorso novembre. Fabio Verona ha un suo blog, https://arabica100per100.com , dedicato al caffè e alla caffetteria.

Formazione, confronto, sperimentazione

Gli chef vivono di formazione e informazione, di confronto e crescita costante, di sperimentazioni e assaggi. Guidati su tutti i prodotti che trasformano e che servono ai loro clienti. Dal pane fatto in casa con il lievito madre fino alla carta delle acque. Ma spesso, troppo spesso, anche nella ristorazione stellata, al caffè non viene dato il medesimo valore.

Forse perché molto spesso viene offerto. Forse perché, anche se quantificato nel prezzo del menù, sovente viene valutato meno del coperto. O forse proprio per disinformazione.

Eppure il caffè è a tutti gli effetti l’ultima portata che viene servita a noi clienti. Se questa non rispecchia il tenore del nostro pasto purtroppo il ricordo che porteremo con noi sarà paragonabile all’ultimo saluto dato di corsa, magari con mezza sala già a luci spente per la fretta di chiudere.

A vanificare un’intera cena. Volete mettere un sorriso cordiale, un accompagnamento alla porta d’uscita e un biglietto da visita, magari anche un ricordo dell’esperienza che accompagni fino al giorno successivo, come un sacchettino con una piccola pagnotta prodotta dallo chef?

Ma soprattutto: volete mettere un buon caffè?

Raggiungere buoni livelli di qualità non è più così difficile

Niente scuse dunque: oggi esistono su mercato molte aziende che producono ottime miscele. L’importante è saperle riconoscere. Ecco perché durante un incontro a Gourmet Expoforum lo scorso novembre, insieme a Marco Aloy (Barista professionale e titolare dell’Hotel del Gallo, Corio, in provincia di Torino), Antonella Cutrona (Coordinatore eventi SCAE Italia ) e Michele Valotti (Patron della Trattoria La Madia, Brione, provincia di Brescia), hanno cercato di dare informazioni su come riconoscere una buona miscela sia dall’analisi visiva dei chicchi sia da quella organolettica in tazza.

Ovviamente si è parlato anche degli specialty coffee. Con spiegazioni base, come l’invecchiamo rapido del caffè macinato. Ma anche sulla degenerazione dei suoi grassi e i suggerimenti per il servizio, dal grinder on demand. Fino ad arrivare alla scelta “estrema” del mono porzionato di qualità.

Tocchiamo anche le difficoltà di servizio e le altre problematiche che spesso si trovano ad affrontare, nel momento in cui devono servire un espresso ai propri commensali, gli addetti alla sala.

Ecco dunque che la figura del maître diventa importante anche quando si parla di caffè.

Se poi il caffè è quello filtro, il maître diventa nuovamente protagonista. Al pari di quando, un tempo, si effettuava il servizio alla lampada.

Tra l’altro il caffè filtro ben si addice a un fine pasto.

 

Fabio Verona

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