lunedì 23 Dicembre 2024
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Fabian: «Il diclorometano? Ecco perché è impossibile che ne resti traccia nel deka» 3 di 4

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MILANO – Prosegue con questa terza parte di quattro il resoconto dell’intervento di Max Fabian al simposio internazionale sul caffè che si è tenuto alla Fiera Intergastra, a Stoccarda (Germania). Nel suo intervento, sostenuto da 24 diapositive, Fabian si è occupato di decaffeinato. E, in particolare, delle tecniche di torrefazione per il caffè privato di caffeina.

La seconda parte è uscita ieri con il numero 2 (per la ricerca con il motore interno: la lentina in alto a destra) e si concluderà nei prossimi giorni con la quarta puntata.

Il processo più recente è quello ad acqua. Che cosa ha detto a Stoccarda.

«Il nostro processo è abbastanza giovane. È stato implementato e brevettato dal 2015. Stiamo ancora lavorando per svilupparlo sia dal punto di vista commerciale sia da quello tecnico.»

Sulla diapositiva relativa al trattamento con il diclorometano Fabian si è soffermato sul fatto che si tratta di un solvente organico altamente volatile che evapora a 40 gradi e che quindi già semplicemente quando si fa una vaporizzazione a fine processo già si elimina tutto. Inoltre il caffè è tostato ad oltre 200 gradi. È impossibile che ne resti nel chicco.»

Il processo di decaffeinizzazione ad acqua è molto più complesso di quello con il diclorometano. Il problema dell’acqua è che non è selettiva nei confronti della caffeina mentre il diclorometano e gli altri solventi lo sono molto di più. Tra l’altro quest’ultimo non toglie al caffè nessuna delle sostanze aromatiche e non desiderabili.

L’acqua calda invece oltre ad estrarre la caffeina estrae un po’ di tutto dal caffè e quindi bisogna renderla selettiva. Per questo il processo è più complicato e anche più costoso. Quello che ho sottolineato a Stoccarda è che si può raggiungere una qualità del prodotto assolutamente ottimizzata e che, secondariamente, elemento fondamentale per l’estrazione sono i carboni attivi.

Ma che cosa è stato detto a Stoccarda relativamente alle modificazioni che subisce il caffè verde?

Si notano i tre componenti che si estraggono usando il diclorometano: caffeina, che si ottiene separata, e che si può riutilizzare subito per quelli che sono i suoi mercati tipici che sono la cosmesi, il chimico farmaceutico e l’alimentare, le bevande a base di caffeina come le cole.

Ne risultano anche le pellicole del caffè pulite (foto al centro) e le cere (foto in basso) che sono irritanti per le mucose gastriche.

Quindi il deka a diclorometano è un prodotto interessante per chi ha problemi allo stomaco derivanti dal consumo di caffè. Un argomento molto importaante che tuttavia è stato sempre sottoutilizzato dalle aziende del caffè.»

Le fotografie al microscopio mostrano come alla fine il caffè si riveli modificato dalla decaffeinizzazione perchè il processo entra nel chicco e lo lava a fondo. Va però detto che questa alterazione non impatta negativamente sulla qualità del prodotto ma soltanto su come poi deve essere trattato in tostatura prima e in maginatura poi.

E a Intergastra è stato chiarito che il caffè deka deve essere tostato in maniera differente da come si fa con il caffè normale.

Perché se il deka viene trattato in modo normale sono possibili dei problemi. Questo perché, come mostra il microscopio, è stata modificata la struttura del chicco.»

«Nel caso del decaffeinato ad acqua si vede che mancano le cere che non vengono estratte o quasi. D’altra parte viene pulito e quindi ne risultano pellicole e carboni arrivi esausti che avranno assorbito la caffeina. Ne risulta anche un caffè un po’ diverso, più scuro dell’altro.»

(3 di 4 continua)

Qui sopra tutti i riferimenti di Max Fabian, l’autore della conferenza sul decaffeinato al Symposium del caffè che si è tenuto nell’ambito di Intergastra

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