di Paolo Foschini e Elisabetta Soglio*
Il caffè, la terra, le donne. Sono i tre fattori caratterizzanti del progetto che ha creato un «Network regionale a supporto dei piccoli produttori di caffè» in sei Paesi dell’America Latina a partire dal Guatemala.
La considerazione che ne sta a monte sfiora l’ovvietà: ma se il caffè notoriamente coltivato soprattutto in Paesi poveri viene bevuto a ettolitri dagli abitanti di Paesi ricchi o ricchissimi come mai i contadini che lo coltivano continuano a essere poveri?
Di qui l’idea concepita dal ministero degli Affari Esteri d’Italia e dalla Cooperazione italiana allo sviluppo insieme con l’Associazione nazionale del caffè del Guatemala: ristrutturazione del sistema produttivo, ripartizione più equa degli utili, rinnovo delle tecniche con un occhio alla maggiore efficenza e l’altro alla sostenibilità ambientale.
Il tutto partendo da una intensiva «valorizzazione del ruolo e delle capacità delle donne» come motore di sviluppo economico e allo stesso tempo di emancipazione sociale. In concreto: rifornimento di nuove piantine, diversificazione delle qualità con privilegio a quelle più pregiate, organizzazione di «coffe tour», apertura di caffè bar, distribuzione e vendita all’ingrosso e al dettaglio.
Risultato: duemila sacchi di caffè esportati direttamente da due cooperative, con un prezzo per sacco fino a 250 dollari più alto di prima, 300 per cento di valore aggiunto su 90 sacchi di caffè tostato, macinato, imbustato e venduto direttamente dalle cooperative medesime grazie a quattro minitorrefazioni. Tutte gestite da donne.