lunedì 23 Dicembre 2024
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Pos: una parola che ancora spaventa. In Italia, continua il rifiuto cronico del bancomat

Cresce il numero di "macchinette" per accettare i pagamenti digitali, ma professionisti e alcune categorie di lavoratori, restano indietro

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MILANO – Bancomat. Una parola che a volte, se pronunciata, gela l’aria intorno. Perché il Pos dovrebbero averlo tutti. Dai commercianti agli artigiani. Tutti i professionisti. Basta che colui che vi offre il servizio abbia una partita Iva.

Eppure saldare con la una carta la parcella di un dentista, il conto di un idraulico, del commercialista o del podologo spesso può essere imbarazzante.

Pos: un fastidio per chi incassa

Perché, nonostante dal 2016 ci sia una legge che obbliga questi operatori ad avere il Pos, non tutti si sono attrezzati.

Sono fuorilegge? Non del tutto. Lo sono a metà. Una multa di 30 euro avrebbe dovuto essere introdotta con un decreto attuativo, che però non è mai arrivato.

Il decreto fantasma

Poteva essere inserito nel decreto fiscale appena approvato, ma traccia non ce n’è. Luigi Casero, sottosegretario all’Economia, tramite un suo portavoce, assicura che il decreto “arriverà entro la fine dell’anno”.

Questione di giorni ormai, e anche molto intensi. Un altro pezzo della storia della lotta all’evasione che a parole tutti o quasi vogliono combattere. Ma spesso con armi spuntate. Così il contante continua a circolare indisturbato. Nonostante un caffè oggi possa essere pagato anche con un telefonino.

Un dato è illuminante

In Europa, secondo un’indagine della Bce, il 79% dei piccoli pagamenti giornalieri passa ancora da monete e banconote. Più si scende al Sud più il valore sale.

Lo stesso accade in Germania, dove però l’evasione è più bassa. Eppure sulla diffusione del denaro di plastica sono stati spesi fior di quattrini anche dalle banche. Perché gestire il contante costa molto di più anche in termini di personale occupato.

In Italia il numero dei Pos è raddoppiato negli ultimi cinque anni (+ 58%)

Fino a superare per numero quelli presenti in altri Paesi europei (Francia, Germania e Spagna). Oltre due milioni di Pos attraversano la Penisola.

La maggior parte dei quali nella grande distribuzione (87%). Ma ormai anche i piccoli esercizi, benzinai compresi, accettano le carte.

Pochi al contrario (appena il 39%) i Pos là dove si offrono servizi destinati alla persona, professionisti, estetisti, medici, parrucchieri.

Tutti dati recenti, di ottobre 2017

Raccolti in un’indagine campionaria di Bancomat spa, la società che gestisce tutto il settore delle carte.

A frenare sull’introduzione delle sanzioni questa volta è anche l’Abi. “Contro Nerolandia, il mondo dell’evasione fiscale e per favorire l’uso della moneta elettronica, non servono grida manzoniane. – Ha dichiarato Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana –. Servono piuttosto micro incentivi fiscali da collegare al maggior utilizzo di carte di debito e di credito, per esempio in termini di riduzioni Irpef”.

Il punto dolente sostenuto da chi non si è ancora adeguato alla legge

Sono le commissioni chieste dalle banche sulle transazioni. Troppo alte, sostengono molti. Balzelli “ non sono così elevati in Paesi come Germania e Francia e si abbattono sulle aziende. – sostengono a Confcommercio. – che nella maggior parte dei casi hanno già subito la crisi economica. Tra l’altro non hanno quel potere contrattuale con le banche che hanno le imprese più forti”.

Quindi, il fornaio sotto casa non riesce a spuntare gli stessi prezzi (inferiori) che le banche applicano ai colossi della grande distribuzione.

Confcommercio plaude al recepimento della direttiva Ue che impone un tetto alle commissioni nei Paesi Ue

Ma punta il dito nella piaga quando ricorda che la direttiva, recepita nella legge di Bilancio, è vero che impone un tetto ma alle commissioni interbancarie, tra banca e banca cioè, non tra banche e imprese, piccole e grandi che siano.

Il problema commissioni è solo una parte del problema

Costa troppo la gestione e l’installazione di un Pos. Questo è l’altro grido di allarme di chi del Pos non vuol sentir parlare.

Un concetto chiaro anche al governo che sulla questione aveva aperto un tavolo al ministero dello Sviluppo economico. Al quale sono stati invitati anche Banca d’Italia e ministero dell’Economia.

Tavolo dal quale è venuto fuori che il costo di un Pos può variare da un minimo di 25-60 euro l’anno a un massimo di 120-180. A secondo dell’apparecchiatura scelta (tra i 5 e i 15 euro mensili).

I costi variabili

Questi dipendono dal numero delle operazioni. Che scendono però se si tiene conto che il Pos fa abbassare i costi legati all’utilizzo del contante. Non solo.

“Ci sono già sul mercato operatori che prevedono, nell’ambito di un più ampio pacchetto di servizi, la disponibilità gratuita del Pos”. Questo è scritto nella relazione di un tavolo che non è servito a molto, almeno per ora.

Nel frattempo sul mercato stanno arrivando operatori che non sono più legati alle banche. Un trend appena iniziato, ma che rischia di prendere in contropiede gli istituti di credito. Già oggi non più monopolisti del ricco mercato delle transazioni.

L’evasione, il nero e il sommerso intanto continuano.

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