MILANO – Non solo Eudr: il Green Deal europeo sta producendo un numero enorme di norme, adempimenti e obblighi: un ginepraio di direttive, regolamenti e sigle oscure, con cui i vari settori economici stanno imparando a convivere, a tutti i livelli.
Norme come la Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive), che andrà recepita nel nostro ordinamento entro i primi di luglio, e che richiede a un elevato numero di imprese (o gruppi d’imprese) di redigere annualmente una rendicontazione di sostenibilità utilizzando i nuovi standard europei (Esrs – European Sustainability Reporting Standards).
O la Csddd (Corporate Sustainability Due Diligence Directive o, anche, CS3D), che riguarda le imprese europee che superano certi parametri dimensionali, con un’adozione progressiva, a seconda della dimensione dell’impresa.
L’entrata in vigore è prevista per il 2027 e richiederà alle imprese di effettuare una due diligence ambientale e sui diritti umani in tutte le operations, e lungo la catena del valore, individuando i rischi ambientali e sociali e predisponendo contromisure.
La mole di adempimenti che si prospetta a carico delle aziende è imponente e “senza precedenti”
osserva Richard Sterneberg – responsabile per le relazioni globali con i governi per Dla Piper, un importante studio legale internazionale – in un’intervista al Financial Times.
Oltretutto – aggiunge Sterneberg – essi piombano addosso ai soggetti interessati, tutti più o meno allo stesso tempo: “i costi per conformarsi si preannunciano elevati e le grandi aziende saranno chiaramente avvantaggiate”.
Tanto che – osserva il FT – ci sono aziende che hanno deciso di troncare i rapporti con i paesi nei quali è materialmente impossibile raccogliere tutti i dati necessari ai fini della Csddd.
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