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Espresso o con la moka: il rito antico del caffè raccontato da un’esperta

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MODENA — La Gazzetta di Modena ha pubblicato un’interessante intervista di Manuele Carrafa a Gianna Bosco, che per anni ha studiato il caffè, che sfata molti luoghi comuni relativi a questa bevanda e alla caffeina. Ne riprendiamo di seguito le parti più significative.

Il camaleontico Talleyrand affermava che il caffè «deve essere caldo come l’inferno, nero come il diavolo, puro come un angelo, dolce come l’amore».

Chiediamo conferma a Gianna Bosco, esperta di caffè che coccola i suoi clienti nel Ristretto cafè di via Castellaro, a due passi dalla Piazza Grande di Modena.

Da dove nasce questa sua passione per il caffè?

«Per anni ho studiato il caffè in tutte le sue sfaccettature. Il mio scopo è sempre stato quello di informare i miei clienti e permettere loro un consumo consapevole».

Quali scelte ha operato per servire ai clienti la migliore qualità di caffè possibile?

«Il sapore del caffè dipende da tanti fattori: la vicinanza al mare, l’altitudine, la latitudine, la presenza di altre piantagioni nelle vicinanze. Senza dimenticare l’importanza che ha il metodo di tostatura dei chicchi. Io e i miei colleghi abbiamo studiato delle miscele composte da Arabica con una piccola percentuale di Robusta. L’Arabica ha un’acidità naturale che si manifesta con un sapore amarognolo e intenso. La Robusta fornisce cremosità e corposità, oltre ad un certo aroma».

È vero che il caffè migliore è sempre frutto di una miscela?

«Sì e no. Quello che fa davvero la differenza è la passione che c’è dietro al gusto del caffè, quell’universo fatto di emozioni private uniche per ciascuno di noi. Il miglior prodotto sulla carta non sortisce lo stesso effetto con tutti».

Qual è, secondo lei, la varietà o la miscela migliore?

«Senza dubbio proporrei una miscela 90-95% Arabica e il resto Robusta. È un connubio che crea una rotondità completa ineguagliabile. Chiaramente tutto dipende dai gusti personali. Ci si può innamorare del caffè indiano “monsonizzato”, dal gusto particolare, speziato e salino o di una miscela brasiliana. Al di là del mio parere personale e professionale è sempre il gusto di ciascuno di noi a riconoscere la sua miscela ottimale».

Quali consigli può dare per ottenere un buon caffè a casa?

«Bisogna tenerlo sempre in contenitori ben chiusi e possibilmente non metterlo in frigo, a meno che non ci sia molto caldo. Questo a dispetto di quanto si legge anche su alcune confezioni, visto che il caffè è una spugna e assorbe qualunque cosa. Anche dopo il confezionamento il caffè continua a svolgere due funzioni: l’ossigenazione naturale e la maturazione.

Il gonfiore dei barattoli o dei sacchetti è causato proprio dal rilascio dei gas naturali contenuti nella pianta. Oltre a questi, il caffè sprigiona anche degli oli essenziali, riconoscibili nella patina lucida che si deposita sulla tazzina del caffè al bar.

Bisogna comprarne poco e consumarlo in tempi brevi per garantirsi il mantenimento della fragranza originaria. Per avere un buon caffè, sia con la moka che con la macchina espresso, occorre lavare sempre bene i filtri. In questo modo si rimuovono le impurità e la materia bruciata, che danneggerebbero il sapore della bevanda».

Moka o espresso?

«Sfatiamo un mito: il caffè della moka è più ricco di caffeina rispetto all’espresso. Questo perché il caffè si comporta esattamente come il té. Nella moka il caffè fa una buona infusione, il corpo del frutto si bagna bene ed avviene un’estrazione totale.

Un caffè ristretto, invece, subisce poca infusione e una minima estrazione; il suo corpo si scioglie poco e la quantità di caffeina è più bassa. L’acquosità della moka non corrisponde, perciò, ad un caffè più blando. L’espresso garantisce una buona cremosità, ma è meno concentrato. Sono due impatti diversi e la scelta dipende esclusivamente dal gusto personale».

Manuele Carrafa

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