lunedì 23 Dicembre 2024
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Caffè Diemme, Pascucci: gli anti-Starbucks, in Italia, che hanno cambiato l’espresso

Il caffé sta diventando una bevanda da degustare con calma, chiacchierando o lavorando in un locale. Anche le aziende italiane hanno intercettato queste tendenze e dunque oggi il “modello Starbucks” non arriva come una totale novità

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MILANO – I consumatori italiani sono di sicuro legati alla tradizione dell’ espresso made in Italy, ma sono anche abituati a berlo in tanti modi diversi. Dallo shakerato, al macchiato, al corretto, doppio: e queste sono solo alcune delle molte ordinazioni che si accumulano al bancone del bar. Quindi ora sarebbe il turno della versione americana, portato in grande stile dall’apertura di Starbucks a Milano, il sette settembre, in Piazza Cordusio.

La Roastery che sarà solo il primo passo in territorio italiano, al quale seguiranno le aperture di Corso Garibaldi, Malpensa e Piazza San Fedele.

Espresso made in Italy superato dalla globalizzazione

Il modello del colosso americano non stupisce realmente i coffeelover italiani che ormai viaggiano, si spostano, conoscono, sperimentano. L’espresso consumato di fretta, in piedi, ormai è superato da tempo.

Se ne sono accorte le aziende italiane e i torrefattori in primis, che negli ultimi anni hanno investito nella creazione di spazi differenti per gustare la tazzina tradizionale. Per curiosare tra filtrati e iced coffee aromatizzati accompagnati da snack.

Più che considerarsi degli anti-Starbucks, le catene italiane rivendicano una differenza di fondo

Il gusto per il bello, declinato negli arredi e nelle tazzine di design, mai di plastica. Come quelle a marchio Illy firmate da artisti internazionali.

Agli italiani il caffè tradizionale piace, ne bevono in media due tazzine al giorno. Ancora il preferito resta l’ espresso made in Italy, da 9 italiani su 10.

Eppure il “nuovo” avanza

Il caffé sta diventando una bevanda da degustare con calma, chiacchierando o lavorando in un locale. Oggi il “modello Starbucks” non lascia stupiti.

Sono nati locali dal design meno tradizionale rispetto al bar, con wifi, prese Usb e divani nei quali si può rimanere per un’ora a leggere o a lavorare indisturbati.

Non solo nelle grandi città

Le catene delle caffetterie come working space, dove si organizza anche un meeting di lavoro, nascono in provincia. La famiglia marchigiana dei Pascucci domina su 650 coffee shop in franchising nel mondo.

Dalla torrefazione agli shop

Gli esempi di nomi italiani che hanno intrapreso la via della caffetteria alla Starbucks, non mancano. Soprattutto, si tratta di casi che hanno avuto successo all’estero e lungo lo stivale, a conferma del fatto che il consumatore italiano premia questo segno di apertura.

Pascucci: 650 locali alla riscoperta della moka

Il legame con la provincia è strategico anche per Goppion: nella prima Caffetteria, aperta nel 1949 a Treviso, nel retrobottega si tostava il caffè che si vendeva per il consumo a casa.

Formula trasformata in format per i 13 locali di proprietà (più 10 affiliati), tutti nel Triveneto. Nelle “drogherie del caffè”, con sedute e spazi per il consumo, il perno resta la miscela dal torrefattore al consumatore.

La padovana Diemme

Ha lo stesso approccio e, con il progetto Italian Attitude, dopo le aperture a Padova, Udine, Trieste e Reggio Emilia, mira all’estero. Il comfort invita alla permanenza. Con wi-fi, prese per laptop e smartphone.

Mentre l’offerta va dall’espresso ai filtrati alle bevande aromatizzate. Diemme punta anche sulla personalizzazione: con un configuratore il cliente può “creare” la propria miscela, anche da portare a casa.

Focus sul brand

Oggi ci sono nel mondo 167 Illy Caffe, nelle metropoli, e 77 Illy shop. Qui vengono ogni giorno serviti più di 7 milioni di “nero”, come è chiamato a Trieste l’espresso.

La famiglia vuole promuovere attraverso la catena di caffetterie e l’“Università” fondata nel 1999 la cultura del caffè di qualità, nato e prodotto proprio nel capoluogo friulano.

Nessuna catena, invece, per Lavazza

L’azienda torinese ha aperto un anno fa un flagship store a Milano, il secondo sarà a Londra nel 2019. L’obiettivo è aprire nel mondo fino a 15 locali che possano far conoscere il brand e diffondere la cultura del caffè.

L’ espresso made in Italy è «il balsamo del cuore e dello spirito»

Così come diceva Giuseppe Verdi. Si può estendere il concetto anche agli affari. Lo sanno bene i fratelli Costa, primi competitor di Starbucks nel mondo con la catena Costa Coffee.

Sergio e Bruno Costa, emigrati a Londra negli anni Settanta da Borgotaro, nell’Appennino Parmense, sono partiti con una torrefazione nel centro della città poi trasformata in caffetteria con cucina.

Sono arrivati nel giro di vent’anni ad aprire quaranta locali; facendo scoprire agli inglesi un’alternativa al tè. Nel 1995 Costa è stata rilevata da Whitbread, che ha portato i locali a quasi 3mila e che pochi giorni fa ha ceduto il marchio a Coca Cola per 5,1 miliardi di dollari.

Intanto, una nuova tendenza si sta facendo strada nel mercato delle bevande eccitanti: è verde, contiene teina, viene dall’Oriente. Sono i Matcha Cafè.

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