Ernesto Di Renzo, antropologo dei patrimoni culturali e gastronomici e docente presso l’Università di Roma Tor Vergata, rivela all’Agi che “il mondo della produzione dolciaria, alimentare e gelatiera tende ad appropriarsi della nozione di artigianalità, anche quando questa non c’è”.
Secondo Di Renzo, l’influenza del marketing domina sulle scelte alimentari degli italiani, anche l’attuale proliferazione di gelaterie artigianali, le quali, a volte, non possono essere definite tali. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Agi Agenzia Italia.
Il gelato artigianale e l’influenza del marketing
MILANO – Estate, tempo di gelato. Un amore culinario che non conosce crisi, visto che il consumo di coni e coppette in Italia resiste anche all’inflazione. Ma, sensazione di refrigerio a parte, che cosa rende così apprezzato l’alimento più iconico dei mesi caldi?
“Il gelato non è semplicemente un alimento tra i tanti, ma è l’oggetto di un piacere che si concede alla sensorialità, distante da valutazioni di carattere nutrizionale e salutistico”. A dirlo all’AGI è Ernesto Di Renzo, antropologo dei patrimoni culturali e gastronomici e docente presso l’Università di Roma Tor Vergata.
Secondo l’esperto, “il gelato è una indispensabile superfluità che gli uomini si concedono da oltre due millenni per assecondare una caratteristica di specie che li contraddistingue da qualunque altro essere vivente: la ricerca edonistica del piacere. E oltre all’esperienza del piacere, e alla gratificazione sensoriale, non vi sono altre ragioni significative che giustificano il suo consumo”.
Per Di Renzo, che nel suo libro “Mangiare l’autentico” sottolinea l’influenza del marketing sulle scelte alimentari degli italiani, anche l’attuale proliferazione di gelaterie artigianali e gusti di qualsiasi tipologia rientrano in una imposizione dell’industria culturale.
“La cultura, nel suo attuale dispiegarsi all’insegna della post-modernità, ci rende particolarmente sensibili verso i temi della sostenibilità, dell’autenticità e naturalmente dell’artigianalità. Quest’ultima ci viene presentata come l’alternativa a tutto ciò che è industriale, scaffalato e replicato all’infinito, secondo criteri di standardizzazione e di omologazione produttiva. Dire che un prodotto è artigianale significa attivare nella mente una narrazione che ci porta a immaginarlo come parte di un mondo idealizzato dove tutto è fatto secondo antichi saperi e criteri ispirati alla qualità, non alla quantità e alla standardizzazione”.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.