Erminia Nodari ha fatto della sua passione per il caffè una professione a 360 gradi, iniziata nel 1995: originaria di Bergamo, fondatrice col marito della di Art Caffè Torrefazione e in seguito Critical Coffee nonché componente dell’Advisory Group della Slow Food Coffee Coalition, il suo curriculum è una conferma del suo sviluppato know-how della bevanda. Su queste pagine ha parlato di filiera, di tracciabilità, sostenibilità e qualità.
Ora torna su queste pagine con una risposta alla riflessione di Antonio Quarta contro l’aumento del prezzo della tazzina (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito le sue opinioni.
Il prezzo dell’espresso
di Erminia Nodari
“Gentile dottor Quarta,
condivido le preoccupazioni emerse dalla sua recente intervista pubblicata sulle pagine di Comunicaffè; lei evidenzia un aspetto di spinosa attualità quale lo scarso potere di acquisto di fasce della società italiana, che si riflette, tra l’altro, anche sulla spesa media al bar, sul consumo quotidiano e, inevitabilmente, sulla quantità di espressi consumati.
Il basso potere di acquisto specialmente nella fascia giovanile, è un tema all’ordine del giorno delle agende politiche da almeno 15 anni a questa parte, a causa di salari che, nel nostro paese rimangono fra i più bassi di Europa, tra i quali anche quelli dei baristi, tra l’altro.
Capisco il suo punto di vista, fortemente motivato dal suo ruolo di torrefattore, che desidera vendere quanto più caffè, e ancor più lo capisco se, da quanto deduco dalle sue parole, la sua torrefazione investe sui suoi clienti con comodati d’uso di attrezzature e manutenzione.
Tuttavia, sono certa che, dietro la sua provocazione, anche a lei sia evidente che un espresso, buono o cattivo che sia, non possa essere pagato meno di € 2 e che,un euro o poco più per la tazzina sia a dir poco surreale.
Non ha senso che una bottiglietta di acqua costi € 1,50 e si discuta se un espresso debba costare poco più di un euro.
E’ superfluo ricordare che sul costo della tazzina, come di ogni consumazione, ben poco pesa la materia prima a confronto di tutto il resto e che la libertà da lei rivendicata per i torrefattori, di poter aumentare “di qualche euro” la miscela venduta al barista, non può essere tolta al barista, imprenditore anche lui e responsabile per la sua impresa.
I baristi, non possono più da molto tempo contare sulle entrate provenienti dalla macchina espresso e l’espresso ha perso la sua centralità nell’economia del bar.
L’offerta è stata da tempo spostata su altre consumazioni, più remunerative e sempre più facili da preparare, perché, oltre a quello economico, il secondo problema è quello del reperimento di personale competente che non può rientrare nel prezzo di un euro.
Le cause di un margine di profitto sempre più esiguo, vanno ricondotte , a mio avviso, non nella liberalizzazione a suo avviso incontrollata, bensì ad una metrica che inscrive finalmente il pubblico esercizio in una impresa trasparente con oneri fiscali, contributivi, tutele di lavoratori e consumatori , responsabilità inalienabili
che costituiscono costi importanti.
L’economia sommersa che ha contribuito a svilire per tanto tempo un settore così importante nella tradizione del nostro paese costituisce proprio la prima causa della mancanza di valore riservato all’espresso , al mestiere del barista e di conseguenza al valore del caffè.
Ora, anche il profilo culturale di molti giovani che scommettono sul pubblico esercizio è cambiato e sempre più spesso ci sono società che investono e pianificano su progetti, competenze segnando la distanza con i bar tradizionali, privi di appeal, di una visione imprenditoriale e di quella energia necessaria ad un mestiere così complesso.
Forse andrebbero ricercate altre vie; andrebbero incentivate le aperture di locali che garantiscono solvibilità, capacità imprenditoriale e quindi autonomia nell’acquisto di
tutte le attrezzature, a partire da quelle relative al servizio dell’espresso.
Di conseguenza anche per le torrefazioni sarebbe questa l’occasioni di un cambio di rotta innovativo, basato su altre cifre.
Dal mio punto di vista, io non credo che la soluzione si possa trovare nel mantenere i prezzi bassi, perché il prezzo basso equivale a qualità bassa e salari bassi e perché frena la crescita economica e culturale che ha contraddistinto il nostro paese quando si è dato risalto alla ricerca, all’artigianalità e alla capacità di declinare il genio italico in uno stile di vita riconoscibile in tutto il mondo.
Il benessere di un paese si riflette nel livello alto della qualità di vita non in un’offerta che deve rimanere bassa per essere accessibile.
Il benessere si riflette nella possibilità di scegliere anche davanti ad una tazzina, fra più di un caffè, come si può scegliere fra più vini, fra più birre per esempio.
E quando parlo di livello di vita, intendo non solo in relazione alla sostenibilità economica, che comunque è fondamentale, ma anche per un modo sano di rapportarsi al cibo, al lavoro ben fatto, alla capacità di distinguere la qualità e la bellezza, aspetti che hanno contribuito a diffondere una attitudine al vivere bene, che ha reso famoso il nostro paese e che ora non è così evidente.
Nodari: “Gli espressi che beviamo al bar e il cibo, le bevande, per mantenere prezzi bassi non possono essere che mediocri e spesso poco salutari”.
Nodari aggiunge: “Non mi soffermo sulle argomentazioni che ingessano l’espresso in una dimensione ‘bisogno’ e non di ‘piacere’, di ‘abitudine’ e non di ‘desiderio’, di ‘tradizione’ e non di ‘ curiosità’. Mi limito ironicamente a ricordare che le abitudini ammazzano i più grandi amori.
Il barista è un mestiere complesso che si riflette nella artigianalità, se ben fatto, e merita di essere pagato, come ciò che esce dalle sue mani.
Come lei ben sa, l’ammortamento dell’acquisto e della manutenzione delle attrezzature, viene calcolato in base alla resa, quantitativa o qualitativa.
Ecco, infatti, perché i nostri amici produttori di macchine espresso e macinatori si danno tanto da fare per migliorare le performance delle loro creazioni.
Ed ecco perché l’acquisto delle attrezzature da parte dei bar libererebbe sia i baristi che i torrefattori dalle logiche finora praticate (menzionate in questi giorni in numerosi articoli anche sulla stampa internazionale) , e contribuirebbe a dare una reale fotografia del mercato del caffè espresso in Italia.
Mi permetto questo intervento, perché, per coincidenza, sono stata alla guida per molti anni di torrefazione artigianale a conduzione famigliare e di alcune caffetterie di proprietà, e credo quindi di conoscere abbastanza bene la realtà del settore e le problematiche, che negli anni si sono inasprite”.
Erminia Nodari