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venerdì 22 Novembre 2024
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Emma Selimi: la pasticcera albanese della caffetteria per le donne Biancolatte di Tolentino

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MILANO – Un nuovo appuntamento con una donna che, dall’Albania, ha portato la sua passione in Italia, trasformandola in una professione vera e propria. Parliamo con Emma Selimi, titolare del Caffetteria BiancoLatte. Si trova, la potete incontrare, a Tolentino, provincia di Macerata, in via Parisani 1.

Emma Selimi esordisce così: è sempre l’ora di un buon caffè

“E’ tra i primi piaceri della giornata. Per cui, prepararlo bene significa curare questo momento per i clienti. Il mio mestiere? All’inizio, per l’apertura del bar, mi sono occupata della preparazione delle paste.

La mia giornata inizia proprio con questa operazione e poi prosegue con il controllo della macchina del caffè per esser certi che sia tutto a posto. Continuo con il servizio veloce della colazione, un momento delicato, quando la gente ha molta fretta.

L’attività ormai esiste da diversi anni e tanti clienti li conosciamo bene. Dobbiamo quindi esser rapidi, senza però trascurare la coccola a chi entra. Dandogli importanza e chiamandolo per nome.

Per me chi arriva da noi non è una persona qualsiasi, ma qualcuno che accolgo a casa. E’ importante capire che un cliente va trattato come lui vuole: c’è chi desidera stare in pace, chi invece è lì per fare una chiacchiera.

Continua Emma Selimi: essere una barista non è solo preparare un caffè

“Ma restare in contatto con il cliente. Soprattutto in una zona come la nostra, colpita dal terremoto. Siamo diventati più chiusi, difficili.”

Quando ha deciso che il caffè sarebbe stata la sua vita professionale

“Io sono albanese e vivo in Italia da ormai 20 anni. Il mio vero sogno era quello di fare l’insegnante di lettere. In Albania ho provato, ma poi con i problemi del nostro Paese, sono andata via e i miei sogni sono rimasti un po’ a metà.

Quando sono arrivata in Italia, avendo io un carattere piuttosto aperto, mi hanno detto che la Pasticceria Mimosa cercava personale, ho iniziato a lavorare. Senza immaginare che poi sarebbe diventato il mio mestiere.

Questo l’ho capito strada facendo, perché ho visto che mi piaceva regalare un sorriso ai clienti. Offrire un momento di tranquillità al bar.

Da una scelta lavorativa è quindi diventata una di vita. Mi sono trovata bene all’interno di quella pasticceria, potendo lavorare e imparare da un grande maestro come Danilo Gardini, insieme a sua moglie Franca. E’ stata l’occasione di apprendere e crescere là dentro insieme.”

Dall’Albania all’Italia, Emma Selimi

“Dopo dieci anni di servizio è morto il titolare e le cose sono un po’ cambiate. Sono andata via, ho avuto la fortuna di lavorare con la pasticceria Ciarlantini. Anche questa una bellissima esperienza seguita da Dario, che mi ha insegnato i segreti del caffè. Ho scoperto un altro settore.

Così ho allargato le mie conoscenze della bevanda. Con Dario Ciarlantini ho aperto un’altra finestra. Insieme al padre, pasticcere, due professionisti eccezionali. Sono stata molto fortunata a lavorare con loro.”

Come definisce il suo locale?

“La mia caffetteria è nata dalla mia esperienza nelle pasticcerie. Mi piacciono i dolci e mi l’aver creato un ambiente più familiare. L’inizio della giornata, il momento della colazione, è quello che mi interessa di più.

Ho chiamato il mio locale caffetteria e non bar, perché penso che qui a Tolentino non esiste: uno spazio per le donne.

L’angolo dedicato alle donne di Tolentino

Alle pareti c’è un quadro che ritrae delle donne eleganti, che siedono insieme a chiacchierare e bere un caffè. Io l’ho scelto proprio perché era l’immagine che volevo dare al mio locale.

Spesso nei bar troviamo solo uomini che bevono. Mentre le donne qui in centro non avevano un posto di riferimento. Con una sala dedicata alle signore. Per questo mi dedico molto alle colazioni: la mattina e il pomeriggio sono più per le donne. La sera invece la concepisco più riservata alla famiglia, a casa propria.”

Qual è il tocco femminile che aggiunge al suo lavoro?

“Mi esprimo nella scelta dell’arredamento, dei quadri, dell’oggettistica, insieme a mia sorella. Siamo due donne a gestire il locale. E poi anche nella selezione dei prodotti per un menù più al femminile: spingo verso un’offerta che piace molto alle donne, come i frullati, gli yogurt, la centrifuga.

Le due donne dietro il bancone della caffetteria Biancolatte

Per tanti anni al centro storico, il martedì c’era il mercato. E il locale veniva invaso dalle donne che restavano a fare una pausa con loro. A volte mi piaceva contare quante fossero.”

Secondo lei, è stato un po’ più difficile in quanto donna, affermarsi nel suo settore?

“Devo dire di no. Più che per l’esser donna, le mie difficoltà nei primi anni, arrivano dall’esser straniera. Ho sempre combattuto su questo punto. Venendo dall’Albania, ho impiegato anni che prima di tutto io sono Emma, non “la ragazza albanese”.

Purtroppo devo ammettere che a Tolentino, una piccola realtà, ho trovato un ambiente più chiuso. C’è voluto tempo per ottenere la fiducia dei clienti, attraverso l’amore per il mio lavoro. Dedicandomi a loro, con il mio sorriso, per render piacevole la loro esperienza.

Le racconto un aneddotto: sono passati degli anni prima che alcuni di loro entrassero e mi salutassero. Sono stati tanti che, facevano il loro ingresso e non diceva neppure “Buongiorno Emma“. Il mio nome hanno cominciato a pronunciarlo dopo un bel po’. Per me, quando ho sentito un cliente al telefono dire: “Sono da Emma”, è stato un traguardo importante. Ero diventata finalmente una persona per loro.”

Negli anni si è evoluto il settore dal suo punto di vista?

“Sì senz’altro. Ogni anno si impara qualcosa di nuovo, nel modo di servire ma anche nell’offerta dei prodotti. Cambia anche la tecnologia. Ad esempio, la mia attuale attrezzatura inizialmente non c’erano nel locale. Basta recarsi in Fiera e assistere alle novità continue.”

Se dovesse mandare un messaggio alle giovani donne che vorrebbero seguire il suo esempio, quale sarebbe?

“Non è una domanda facile. Ovviamente, come per qualsiasi mestiere, è imprescindibile la passione. Ti deve piacere stare a contatto con la gente. Ci vuole tanta pazienza e una buona capacità da psicologo.

Amore e pazienza. Non sono qualità che si possono improvvisare a lungo termine. Chi apre un’attività non può farlo solo per sport, soprattutto in questi tempi difficili. Tolentino in particolare, che oltre alla crisi, sta affrontando i postumi del terremoto.

Qui al centro ci ritroviamo di fronte a una città svuotata. La gente è andata via e i lavori sono rallentati dalla burocrazia. Tante cose sono cambiate: noi abbiamo molte meno risorse.

Le difficoltà poi ti rendono nervosi, giorno dopo giorno. Se non si ha la passione, è impossibile andare avanti.”

Lo slogan di Emma Selimi

“Il mio motto è “quando riusciamo a regalare un sorriso con un caffè, una battuta, allora posso dire di aver fatto il mio lavoro.” Questo lo consiglio a tutti coloro che lavorano nell’hospitality.

Ed è un principio che applico in molti modi. Ad esempio, organizzo delle serate dedicate all’arte. Abbiamo ospitato un corso di pittura, nato proprio dalla Latte art sui cappuccini.

Ho iniziato io un giorno, perché ho visto che ai clienti piaceva vedere dei disegni sulla crema. Disegnavo sempre qualcosa di nuovo, imparando dai video su youtube. Da qui ho pensato di svolgere dei corsi nel locale. Alla fine, abbiamo esposto i quadri delle creazioni più belle.

In futuro vorrei riproporre la stessa cosa per la letteratura. Ho notato poi che la cultura albanese è completamente ignorata qua in Italia. Aggiungerei anche, stranamente: dato che al contrario ho riscontrato l’interesse verso altri Paesi durante le serate internazionali organizzate negli anni a Tolentino. L’Albania mancava sempre all’appello.

Ho chiamato all’ufficio di InformaGiovani, per capire quale fosse il problema: noi albanesi siamo da 30 anni qui in Italia. E’ un grande dolore per me vedere che si esplorano realtà lontane come la Bolivia e noi, che siamo molto legati all’Italia per tanti motivi e aspetti, non siamo mai considerati.

Eppure siamo molto vicini per la tradizione culinaria. L’italiano conosce il cibo messicano, ma niente dell’Albania. Quando noi, dall’altra parte, conosciamo tutto dell’Italia. Abbiamo imparato l’italiano dai programmi tv. E quindi, anche su questo punto, io cerco di fare la mia parte.

Per cui concludo dicendo: anche se i miei sogni sono stati fermati da ciò che è successo nel mio Paese, ho comunque trovato il modo di realizzarlo. Non smettete mai di sognare.”

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