domenica 22 Dicembre 2024
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Emanuele Tomassi, roaster numero 1 d’Italia: “Per i mondiali, partirò da zero con la tostatrice elettrica”

Tomassi: "Sarà ancora più difficile perché cambieremo fiamma: non avremmo più il gas ma quella elettrica. Dovrò imparare ad usare la Strongul e quindi dovrò andare probabilmente da Davide Cobelli, che forse è l'unico ad avere questo modello da 800 grammi. Dovrò trovarne una da 8 chili per capire come funziona per le tostate da gara."

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MILANO – Non poteva mancare all’appello dei vincitori dei campionati SCA Italy svolti durante il Sigep, il miglior roaster d’Italia, Emanuele Tomassi, titolare di una torrefazione specialty di Aprilia, ha saputo cuocere sapientemente il verde in gara confrontandosi con altri suoi colleghi.

Tomassi, torrefattore per mestiere: ma come si fa a diventare campioni di questa disciplina? Basta il lavoro quotidiano nella propria azienda, o ci vuole di più?

“Ci vuole formazione, dedizione, amore per la materia, andare in piantagione e conoscere i vari tipo di caffè. Per le gare, vincere significa avere esperienza: per me è il quarto campionato, vinto nel 2018 e ora nel 2024.

Mio figlio mi ha iscritto nella gara – Stavo bevendo un caffè con un amico quando mi ha detto di avermi candidato per le categorie di cup tasters, roasting e ibrik – e alla fine ha avuto ragione lui, perché sono occasioni in cui mi diverto molto a stare insieme nel gruppo dei torrefattori, che sono una famiglia con cui parlare di una passione comune, il caffè.

Ad esempio, per partecipare all’ibrik, ho fatto la prima routine direttamente in pedana, improvvisando: avevo deciso inizialmente di non competere. Abbiamo creato però un gruppo coeso, ci scambiavamo consigli, e a quel punto ci siamo allenati insieme. Per me questi 4 giorni di Sigep sono stati divertenti.

Finita la prova, riuscivamo a trovarci uniti. E’ stato un bel clima di cui dovrebbe essere contenta anche la SCA Italy.

Per la gara roasting, la differenza che ho notato perché è il punto su cui sono migliorato, è stata adattarsi meglio ad una situazione che si è verificata durante la gara. Provando il primo giorno, la macchina ha risposto in un certo modo e abbiamo tutti ipotizzato una determinata curva di tostatura.

Ma durante la gara vera e propria, la macchina si è comportata in maniera completamente diversa: abbiamo tostato nel giorno di prova, si tosta un caffè diverso da quello dalla gara e nessuno sa quale verde tratterà nel momento della sfida effettiva.

Bene, sono stato il più bravo a fronteggiare questo imprevisto. E a questo serve l’esperienza: ho dovuto scegliere quale parte lasciare indietro e quale continuare a seguire. Ho saputo scegliere la strada giusta.

Ho una Probat, nella gara invece c’era una Giesen, quindi il lavoro nella mia azienda ha aiutato a risolvere il problema rapidamente, ma non avevo dimestichezza con l’attrezzatura avuta in pedana.

I ragazzi comunque erano molto preparati. Il livello si è alzato tantissimo e quindi il fatto di aver vinto mi dà ancora più soddisfazione.”

E’ stato più complesso per lei prepararsi nella fase della selezione del verde, o della vera e propria tostatura?

“La prima parte è già acquisita: in tutti gli anni da professionista, mi sono abituato a controllare e selezionare bene i chicchi buoni da quelli difettati. Questa volta ho fatto 16 su 24, perché mi sono bruciato il tempo che era concesso.

La cosa più importante è stata affrontare il nuovo C.V.A.. Mi sono trovato male inizialmente con questa nuova scheda, mi sono lamentato molto anche durante la fase di selezione. Ho chiesto Davide Cobelli un incontro per capire come funzionava la valutazione nei dettagli – come il valore dell’intensità degli aromi -. in questo frangente lui è stato fantastico: ha organizzato per tutti un corso in cui si è svolta una calibrazione insieme ai giudici con due caffè di prova.

Quella secondo me è stata la svolta fondamentale per tutti.

Ogni cosa ha funzionato come doveva. Siamo partiti tutti nella stessa condizione. In sala poi c’era Paolo Scimone, e questo mi ha dato ulteriormente fiducia nella regolarità della gara.

Finita la competizione, non ho voluto assaggiare le tazze, perché ero sereno rispetto a quello che avevano fatto i giudici.”

Quali caffè si è trovato in gara e come li ha trattati in single origin e blend?

“Un’Arabica dall’Uganda come monorigine, e un blend Kenya, Colombia e Costa Rica, tre lavati. l giorno prima che si fanno i sample, ho deciso che per il blend il caffè che più mi rappresentava era il Kenya, per le sue note floreali, la sua dolcezza. Quindi ho proposto un blend 80% di Kenya e un 10% di Colombia e Costa Rica.

Poi ovviamente la macchina si è comportata diversamente: il primo crack, nel caffè che ci hanno dato in prova è stato a 195 gradi circa. Tutte le curve sono state impostati su questo parametro. Quando siamo arrivati in gara, il crack nella prima tostata era a 203 gradi e così abbiamo tutti stravolto la curva. Ho cercato di sviluppare la dolcezza così come avevo previsto ed è andato bene.

Per l’Uganda il lavoro è stato più particolare: la prima tostata è andata completamente sprecata, perché purtroppo si è verificato questo problema con la macchina. I sentori di frutta rossa che andavano sviluppati allungando la tostatura: nella seconda tostata ho cercato di trovare la quadra.”

Per i mondiali Tomassi, lei che cosa si aspetta? Difficile prevedere come tostare o sì?

“Sarà ancora più difficile perché cambieremo fiamma: non avremmo più il gas ma quella elettrica. Dovrò imparare ad usare la Stronghold e quindi dovrò andare probabilmente da Davide Cobelli, che forse è l’unico ad avere questo modello da 800 grammi. Dovrò trovarne una da 8 chili per capire come funziona per le tostate da gara.

Quest’anno bisognerà prepararsi e imparare da zero ad usare questa tostatrice. I cinesi, i giapponesi, i coreani sono avvantaggiati perché già la conoscono meglio. Saranno almeno un paio di settimane intense. Il piano di battaglia è questo.”

I ringraziamenti finali: “Tutta la mia famiglia soprattutto mio figlio. E spero che le persone si appassionino sempre più allo specialty, perché aiuta a rispettare la parte della filiera del contadino come quella finale del barista.”

 

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