giovedì 19 Dicembre 2024
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Elisa Criscione, guida nel mare magnum delle piattaforme per l’EUDR con il caricamento dati

L'esperta: "Una cosa è certa: un piccolo coltivatore non potrà lavorare da solo, ma dovrà inserirsi in un discorso associativo con cooperative e organizzazioni di produttori, che faranno da tramite con l’esportatore"

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MILANO – Un confronto con Elisa Criscione, fondatrice di Digital Coffee Future e di Expressing Origin, esperta nello sviluppo sostenibile del settore e nell’agri-tech con un occhio di riguardo ai Paesi produttori, rispetto al tema caldissimo dell’EUDR – per ora in stato di sospensione, in attesa che il Parlamento e il Consiglio europeo decidano di stabilire una proroga o meno -.

Proprio la sua impresa si sta occupando di un punto focale del regolamento europeo, ovvero la scelta e l’analisi tra le tante piattaforme di caricamento e verifica di dati che poi andranno a comunicare direttamente con il sistema europeo, Traces.

Criscione, parliamo quindi di questi strumenti: innanzitutto, a cosa servono?

“Per quanto riguarda il mercato italiano e europeo, gli importatori di caffè verde e i tostatori sarebbero i principali attori coinvolti dall’EUDR, tuttavia è vero che poi la regolamentazione si estenderà anche agli esportatori e agli altri attori all’inizio della filiera, che non possono restare fuori dal discorso di tracciabilità.

Dunque, principalmente in base all’interlocutore che si prende come riferimento nella filiera, si avrà bisogno di tecnologie diverse come supporto.

Fatte tali premesse, è evidente come le piattaforme abbiano un ruolo diverso a seconda del professionista che dovrà usufruirne: chi è alla fine della filiera e deve inserire i dati di due diligence su Traces (piattaforma europea), come un torrefattore o un importatore di verde verso l’Europa, chiederà agli esportatori le informazioni necessarie attraverso proprio l’impiego di piattaforme di terze parti.

Certo si può pensare: l’UE ne ha già una e quindi, cosa cambia?

Sappiamo che a seconda del tipo di azienda di riferimento (che sia piccola-media grande), ora importare caffè non verificato rispetto alla deforestazione, comporta il rischio di una sanzione salata (sino al 4% del fatturato). Per questo le imprese si stanno muovendo per valutare i rischi: c’è chi vuole farlo in maniera più integrata possibile all’interno della propria azienda e queste piattaforme digitali offrono la possibilità di verificare tutte queste informazioni a monte.

Qual è il concetto della piattaforma prima di interfacciarsi con Traces: si acquista un sistema dotato di un algoritmo che permette di dimostrare se sia avvenuta o meno la deforestazione e così rappresenta per un’azienda un ottimo biglietto da visita, un’ulteriore certezza rispetto alla materia prima importata nell’Unione Europea.

Proprio per questa forma di garanzia, anche gli stessi esportatori seppur non obbligati a farlo, stanno avvalendosi dell’uso di queste piattaforme, in modo da esser certi che il compratore non gli recrimini nulla.

Ovviamente un altro punto interessante è il fatto che la UE svolgerà dei controlli successivi all’importazione, con tempistiche e dinamiche differenti. Quindi ha senso che l’importatore e il tostatore facciano un lavoro preventivo e siano sicuri che è tutto in linea prima di importare il lotto”.

Quanti ce ne sono e come usarla?

“Attualmente stiamo svolgendo un’analisi come Digital Coffee Future e fin qui abbiamo rintracciato e studiato più o meno approfonditamente, una sessantina di piattaforme e il numero sicuramente è ancora più alto.

Ci sono poi tecnologie integrate con altri sistemi e poi piattaforme che lavoravano già approfonditamente sulle tecnologie di analisi a base satellitare che si sono ora specializzate rispetto alle esigenze dell’EUDR, come per esempio chi stima le emissioni di carbonio. Ne esistono poi altre che si occupavano di tracciabilità e di filiera che hanno aggiunto una parte dedicata all’EUDR.

Ci sono anche quelle nate da zero per rispondere al nuovo regolamento. La tecnologia a prima vista sembra apparentemente tutta uguale, ma la differenza la fanno i dettagli. Ci sono strumenti che offrono servizi simili ma con un target di clientela più mirato (sulle cooperative, sull’esportatore, sul torrefattore o sulle aziende più grosse che trattano grandi volumi.)

Il nostro studio nasce con un occhio di riguardo ai Paesi produttori, ma è mia opinione che ci sia una vasta scelta per tutti gli attori della filiera. L’industria è abbastanza coperta.”

Paesi produttori e EUDR: è un regolamento che sentono una loro prerogativa?

“In effetti alcuni produttori potrebbero sentirsi più tranquilli del fatto di non essere toccati direttamente dall’EUDR e molti altri che non hanno le giuste risorse per fare questo tipo di investimento tecnologico, potrebbero facilmente considerare altri mercati.

Ci tengo a dire ovviamente che non esiste una soluzione che va bene per tutti ed è per questo che ci sono così tante piattaforme a disposizione. Quando si parla delle imprese produttrici, la scelta finale dipende anche dal punto di partenza dei coltivatori: se si ha già ad esempio un sistema di raccolta dati precedente, una infrastruttura che ha permesso di creare una base di informazioni digitalizzati, allora il percorso è meno in salita e si può ragionare meglio su quale sia la piattaforma più adatta al singolo caso.

Una cosa è certa: un piccolo coltivatore non potrà lavorare da solo, ma dovrà inserirsi in un discorso associativo con cooperative e organizzazioni di produttori, che faranno da tramite con l’esportatore. Questi organi si occuperanno di raccogliere i dati e poi potranno decidere se analizzarli o lasciarli studiare direttamente dagli esportatori e importatori. La parte di due diligence fa parte del servizio delle piattaforme: mentre quella della tracciabilità, non è inclusa in tutte le piattaforme, che pure è fondamentale.”

Importatore e torrefattore: quali piattaforme scegliere e come

“Questi operatori dovrebbero vedere innanzitutto i due diligence statement, verificando che i dati forniti dagli esportatori siano corretti. Ricordiamo che avere delle informazioni consistenti è fondamentale, e a questo scopo le piattaforme potrebbero aiutare l’occhio delle aziende.

Sempre meglio fare un controllo in più che in meno. L’esportatore o chi spedisce il caffè, dovrebbe dialogare con i suoi referenti e studiare i parametri di verifica di ciascuna piattaforma, con dei dati da caricare e analizzare.

Parlando nello specifico del torrefattore: la piattaforma ideale per tutte le aziende non esiste, perché si tratta di avere a che fare con tante realtà diverse tra loro. Si può tuttavia fare un’analisi per cercare di capire se ce ne sono più di medie, grandi o di piccole, per identificare quale piattaforma digitale è in grado di offrire il supporto migliore agli utenti.

Il lavoro che è stato portato avanti da un’associazione di categoria in Germania, che ha selezionato una sola piattaforma come sostegno tecnico per i suoi membri, avrebbe senso proporlo in Italia anche in termini di costi condivisi.

Ci sono in linea di massima delle piattaforme che costano migliaia di euro come quelle che arrivano alle centinaia di migliaia: c’è di tutto sul mercato. Tante volte il fattore costo dipende anche da quante informazioni vanno verificate: se si è un importatore che acquista sempre solo da due Paesi, dalle stesse zone e dagli stessi provider, sarà più utile scegliere una piattaforma dai costi contenuti. Se invece il mercato si amplia, si avranno delle esigenze più importanti e si sceglierà una piattaforma più specifica.

Per noi di Digital Coffee Future, anche solo selezionarne una decina dalle sessanta di partenza, ha richiesto tanto tempo e rimane sempre un grande responsabilità verso le aziende. Per capire effettivamente come funzionano e cosa si applica meglio, bisogna sempre provarle poi nella pratica. “

Ma il torrefattore è pronto o ha bisogno di affiancamento e consulenza?

“Sceglierla è il passo più problematico rispetto poi al suo uso effettivo. Sicuramente consiglierei di appoggiarsi ad un supporto esterno, perché si parla di riferimenti tecnici e legali da considerare nel dettaglio. Bisogna capire le modalità operative di ciascun torrefattore e dei vari passaggi della filiera.

All’estero ovviamente sono già più avanti: la preoccupazione c’è, perché l’incertezza è condivisa, ma facendo meeting internazionali di aggiornamento con diversi tecnici su specifiche tematiche, ho potuto notare che l’analisi e lo scambio è in una fase molto più avanzata. Sia dal versante dei produttori che da quello degli operatori dall’altra parte della filiera, il dialogo è già in corso da tempo.

Ancora una volta la chiave di tutto resta la condivisione: ci sono torrefattori e importatori che conoscono la propria filiera di approvvigionamento e possono contare su buoni partner, e questo è il caso in cui ci si deve sedere a livello verticale per confrontarsi sugli strumenti usati e i dati necessari nella pratica. Non tutti possono farlo, ma se esista questa possibilità vale assolutamente la pena di capire come procedere tutti insieme.”

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