CODOGNO (Lodi) – Il Coronavirus occupa tutte le pagine dei giornali e compare a ogni ora del giorno in televisione o sul web. Si parla tanto di come limitare il contagio, delle norme da seguire in pubblico e nei locali. Sono state fissate quelle che sono le zone rosse e le zone gialle e le varie disposizioni da mettere in pratica da cittadini e imprenditori.
Ma che cosa succede esattamente lì da dove tutto è partito? Sono passate ormai due settimane dallo scoppio dell’epidemia in Italia: in provincia di Lodi, a Codogno, tutte le serrande sono chiuse. E le persone (prima ancora che gestori, commercianti e consumatori, sono esseri umani) vivono in un clima ben diverso da una Piazza Duomo milanese poco trafficata.
Qui, il leit motive, sono le sirene delle ambulanze. Per sapere quanto e come ha avuto impatto il virus su questa cittadina, abbiamo parlato con la giovane Eleonora Manini, titolare del Kalimera Cafè di via Armando Diaz 45.
Portato avanti da 7 anni dalla famiglia, padre, madre e figlia (una di tre figlie, che ha voluto continuare a lavorare nell’impresa familiare per passione).
Uno spazio sociale più che un semplice bar, che prima dell’arrivo del Covid-19, accoglieva la sua clientela affezionata.
Addirittura dovete immaginare un locale che è diventato punto di incontro per tutti gli appassionati di biliardino della Lombardia: qua, ogni sabato, ci si sfida a calcio balilla.
I clienti ancora chiedono quando potranno tornare a giocare tutti insieme dentro il Kalimera Cafè.
Eleonora Manini, dentro casa, non smette di comunicare con il mondo
“Siamo chiusi a casa da 15 giorni. Ci faranno sapere domani che cosa fare da lunedì in poi. Due settimane fa lavoravo al bar, quando sono arrivati i vigili e ci hanno comunicato l’ordinanza di dover chiudere fino alla domenica, a causa del caso sospetto di Coronavirus.
Arrivati a domenica, ci hanno raggiunti telefonicamente per aggiornarci sull’ordinanza: dovevamo continuare con la chiusura sino all’8 marzo. Oggi siamo qua ancora in attesa per sapere il da farsi.
Noi siamo tutti chiusi in casa: i bar, i negozi, le banche. L’unica cosa aperta è l’alimentare, le farmacie. In sostanza, non si può fare niente. Siamo fermi completamente.”
Come si vive in totale isolamento? Anche perché lei, per lavoro, sarà abituata ad entrare in contatto con un gran numero di persone quotidianamente
Eleonora Manini: “Sì infatti risentiamo un po’ di questo isolamento dopo 15 giorni. Però, devo anche ammettere che, dopo che si è lì a lavorare mattina/pomeriggio/sera ogni giorno, almeno ho un po’ riposato. Mettiamola così, prendendola quasi come una vacanza forzata. E’ logico che, dal punto di vista economico vien da dire: caspita, quest’anno volevamo andare in fiera (aspettavamo questo momento da tre anni) e invece, anche stavolta, dovremmo saltare.
In più, onestamente, sono preoccupata. Perché qua, la situazione spaventa. Da poco mi è arrivato un messaggio da mia sorella, che mi comunicava la morte di mio cognato a causa del Coronavirus. L’altro giorno sono deceduti la coppia di marito e moglie che abitavano di fronte a casa mia. Le ambulanze passano avanti e indietro a manetta. La situazione insomma, è sicuramente da non sottovalutare.”
Quindi che impatto avrà sulla sua attività?
“Molto. Una chiusura di 15 giorni è certamente una cosa forte. Ma in fondo, è una questione di vita o di morte delle persone. Per cui bisogna limitarsi a seguire le direttive, è inutile fare il contrario. La gente continua invece a protestare: l’altro giorno i commercianti si sono riuniti in piazza per chiedere al sindaco di poter riaprire. Io dico: guai!
Sono la prima a capire che questo porterà a delle grandi difficoltà economiche. Ma è anche vero che la vita è una sola. Persino io ne sono convinta, che non chiudo mai e sono nata praticamente dentro al bar (i miei genitori non hanno mai preso vacanze, se non le poche ferie costituite da 5 giorni ogni due/tre anni). Pensi che questo era l’anno in cui ci spettavano e faremo un’eccezione, perché siamo stati costretti a chiudere adesso. Però la salute vien prima di tutto.
Inoltre, il mio papà rientra nella categoria più a rischio. Per cui sto attenta sempre: se usciamo a fare una passeggiata col cane, indossiamo la mascherina. Vado io a fare la spesa. E ho persino aspettato di farla per evitare il momento in cui tutti si sono fiondati a fare le scorte. Abbiamo prima consumato tutto ciò che avevamo a casa.”
Qualcuno comunque ha cercato di restare aperto?
Continua Eleonora Manini: “No. Leggevo che forse c’è stata una ditta che in Codogno è rimasta aperta ed è stata denunciata. Ma i miei colleghi baristi hanno rispettato tutto, pur protestando. Poi, chi è andato a reclamare al sindaco, lo ha fatto perché ha chiuso per un mese a febbraio. Appena rientrati quindi, hanno subito la chiusura forzata e allora hanno reagito male. Ma questa è un’emergenza sanitaria.”
Eleonora Manini: ci saranno anche delle agevolazioni per voi che stati colpiti di più?
“Non sappiamo ancora niente di concreto. Hanno parlato di agevolazioni, e soprattutto le bollette di acqua e luce che arrivano ora, potremo pagarle a fine aprile. Parliamo di una piccola proroga. In seguito, speriamo che le disposizioni verranno ulteriormente spostate.”
Prima dell’arrivo del Coronavirus gli affari andavano bene?
“Andava tutto bene. Come bar locali lavoravamo molto bene”.
Potreste pensare già al giorno in cui potrete tornare attivi
Eleonora Manini: “Ci saranno però poi anche per allora delle regole da rispettare. Come quella del non poter servire il caffè al bancone. Un vero peccato perché, da noi, molte persone sono solo di passaggio. Dovremmo comunque indossare le mascherine e mantenere il locale mai troppo pieno. Ci saranno delle conseguenze con cui faremo conto per molto tempo ancora. Il Comune di Codogno ci tiene sempre informati attraverso un’app che si chiama SmartCodogno. Ogni giorno arrivano così le notizie.
C’è caos un po’ ovunque, non si fanno neppure più i funerali. Speriamo che il Coronavirus se ne vada via presto. Codogno è ancora chiusa, con i posti di blocco.”
Eleonora Manini, lei lavora proprio dietro al bancone?
“Sì faccio tutto: siamo io e mia madre. Da giugno sino ad oggi avevamo fatto una tirata senza mai fermarci. Eravamo stanche, ma spero di rientrare lunedì: 15 giorni sono abbastanza. Io ho paura soprattutto per il mio papà. Ma a Codogno sono tanti gli anziani da tutelare. Continuo a dire ai miei nonni di non uscire di casa. Nel nostro bar in realtà arrivano clienti di tutte le età, dal più piccolo al più grande. Stiamo di fronte al centro dove si conducono le analisi del sangue: di pomeriggio arrivano anche i giovani per l’aperitivo.”
La seconda fase per voi somiglierà un po’ a quella già in atto nelle zone gialle
“Esatto. Un po’ un peccato, perché il rito della tazzina italiana lo vuole bevuta di fretta per poi tornare a lavoro. Da noi funzionava così, perché abbiamo anche degli uffici attorno. Sarà un’ulteriore complicazione perché è più scomodo lavorare con la mascherina e aumentare i servizi al tavolo. Io sinceramente poi, ho un po’ paura comunque. Mi dico: magari è ancora in giro ed è ancora possibile il contagio.”
Eleonora Manini: Noi siamo proprio in zona rossa, gli appestati: così ci chiamano
“Noi comunque ce la faremo. Codogno è forte: siamo lombardi, siamo testardi. Non siamo del tutto abbattuti. Speriamo solo che passi in fretta.”