MILANO – Ultimo appuntamento con i coltivatori che hanno contribuito insieme a Lavazza a creare la linea di caffè speciali 1895. Dopo aver viaggiato sulle Ande, ora parliamo con El Gigante dal Guatemala, in uno dei punti più alti della Motagua Valley. Per scoprire in cosa consiste il lavoro quotidiano di questi farmers.
El Gigante: com’è una giornata tipica in piantagione
“La vita del farmer è piuttosto gratificante. A volte può essere dura ma è anche piena di soddisfazioni. Il produttore di caffè ha ritmi dinamici, con le giornate che iniziano molto presto la mattina e che spesso sono fatte di lunghe camminate per rilevare eventuali anomalie nei campi e altre volte invece di scartoffie da compilare. Durante il periodo del raccolto, ci trasferiamo nella casa sulle piantagioni per controllare meglio la qualità dei chicchi, il processo di selezione insieme a quello post raccolta. Tutto il lavoro inizia all’alba e si conclude a mezzanotte.”
Quali sono le principali caratteristiche della farm El Gigante?
“La nostra piantagione si trova nel punto più elevato della Motagua Valley in Guatemala, ad un’altitudine che va dai 1560 ai 1700 masl. A questi livelli, la nostra farm raccoglie l’influenza dei venti caldi che arrivano da fondo valle (200 Masl) fino alla cima della montagna: un fenomeno che determina dei periodi di pioggia molto definiti e una temperatura mite che va dai 15 ai 25 gradi tutto l’anno. Il campo fa parte della Regione New Oriente, ma è caratterizzato da un suo microclima che influenza direttamente la qualità del caffè.
La piantagione è composta da 4 varietà, da foreste naturali e da specie native come gli alberi da ombra che ci permettono di regolare meglio la temperatura, conservare l’acqua e rallentare la maturazione dei chicchi. Questo lento processo lascia concentrare gli zuccheri nei chicchi, esaltandone la dolcezza e le caratteristiche organolettiche di ciascuna varietà.”
Ci sono altre colture oltre il caffè?
El Gigante: “Ci concentriamo sul caffè ma anche sul preservare l’ambiente circostante. Questo perché da El Gigante, abbiamo deciso di lasciare 40 ettari di foresta e tra le piante di caffè abbiamo coltivato alberi da ombra.”
Quali sono i tipi di caffè che producete?
“In El Gigante diversifichiamo i profili in tazza usando differenti varietà e processi in modo da ottenere il miglior risultato che possa combinare varietà, terroir e passione. Coltiviamo Catuai, Pacamara, Bourbon e Geisha e li lavoriamo con il metodo honey e lavato. Attualmente stiamo sviluppando anche la tecnica della fermentazione controllata.”
Cosa è necessario per svolgere il suo mestiere?
“Devi essere conoscenze di agronomia, capire le malattie, le reazioni chimiche, le evoluzioni del mercato, avere competenze in marketing e linguistiche, ma soprattutto esser animato dalla passione per ogni attività nei campi.”
Quando ha deciso di diventare un farmer a El Gigante?
“Ci sono praticamente nato. Da quando ho iniziato a camminare, mio padre mi ha portato in piantagione e ha iniziato a insegnarmi tutto sul business del caffè. Quando ho compiuto sedici anni ho cominciato un percorso di studi, di lavoro e di viaggi. Dopo dieci anni e più di 20 Paesi, ho deciso di tornare in Guatemala e diventare un farmer.
Le mie radici erano in questo settore e ho sempre aiutato anche a distanza. Ho sempre mantenuto i legami con la terra e la gente del luogo. Questi sono i moivi per cui sono tornato a fare quello che amo di più: produrre caffè.”
Quali sono le difficoltà maggiori di questo lavoro?
“Dobbiamo affrontare piaghe, crisi dei prezzi e soprattutto l’allerta del riscaldamento globale. Molte delle malattie che oggi ci mettono in difficoltà sono nuove per noi e rispetto al passato sono ancora più forti. Ci sforziamo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico ma è qualcosa che non possiamo fare da soli: è un fenomeno che ciascun individuo sulla terra dovrebbe combattere affinché si possa riscontrare un reale cambiamento per un mondo futuro.”
E quali sono i rischi se le cose non cambiano?
“L’agricoltura sarà ancora più complicata di come lo è già oggi: le malattie diventeranno ancora più difficili da curare e il costo della produzione aumenterà ulteriormente. Alcune Regioni diventeranno incapaci di produrre e l’offerta sarà più scarsa mentre al contrario la domanda crescerà: il risultato è quello di un prezzo alle stelle.”
Come pensa di combattere con El Gigante tutte queste minacce al futuro del chicco?
“Stiamo già affrontando le conseguenze del riscaldamento globale. Questo 2020, la costa atlantica è stata colpita da 30 tempeste tropicali. Molte persone hanno perso tutto quello che possedevano, altre sono morte, e l’agricoltura dell’America Latina ha perso milioni di dollari di profitto solo quest’anno. Ricordiamo inoltre che la maggioranza dei farmer qui hanno meno di un ettaro di terra e da quest’anno non hanno più neppure quello.”
Come siete riusciti a collaborare con una grande azienda come Lavazza?
“Quando ho vissuto in Italia ho scoperto il caffè Lavazza bevendolo: me ne sono innamorato. Dopodiché ho avuto l’occasione di collaborarci attraverso alcuni progetti e così è nata la nostra collaborazione. Una volta tornato indietro in Guatemala, siamo rimasti in contatto e abbiamo deciso di lavorare insieme con il caffè El Gigante.”
Che cosa è cambiato da quando avete iniziato questa collaborazione?
“Sapere che abbiamo un partner del calibro di Lavazza ci ha dato sicurezza e ci ha motivati. Perché sappiamo di poterci concentrare più sulla qualità, sugli investimenti nella ricerca e sull’implementare la produzione.”
In poche parole potrebbe spiegare a un consumatore medio italiano come mai non è sufficiente pagare il caffè al prezzo di un euro?
El Gigante: “Inviterei gli italiani a pensare a quanti giorni e a quante persone siano necessarie per produrre una singola tazza di caffè. Prodotto che è raccolto una volta l’anno da una persona che prende un chicco alla volta, poi lo classifica, lo stende sul letto umido e lo fa seccare per 10/15 giorni. Una volta che i chicchi sono asciutti, vengono selezionati e preparati per il trasporto attraverso l’oceano. Dopo il loro arrivo, sono portato a Torino dove vengono tostati, impacchettati e poi di nuovo spediti verso i bar e i supermarket. Pensate al viaggio che è stato compiuto per arrivare nella vostra tazzina.”