domenica 22 Dicembre 2024
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Edo Quarta: “Al TMCF con le nostre monorigini specialty”

Racconta il torrefattore sul futuro dell'azienda: “Vedo una serie di punti vendita in giro per il mondo. È importante che si vada oltre il discorso della presenza online: lo specialty deve esser sempre accompagnato dalla condivisione, dal racconto, dal dialogo con il barista. Arrivare attraverso l’incontro in caffetteria è il passaggio necessario: il progetto Avio, a partire dall’apertura del bar, è il primo step per più coffeeshop oltre l’Italia. A me piacerebbe molto, essendo appassionato anche di Giappone, aprire lì. “

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MILANO – Quarta Caffè è un nome che non ha bisogno di tante presentazioni: chi la guida da anni, Antonio Quarta, ha parlato più volte su queste pagine, esponendosi spesso su questioni importanti come la candidatura dell’espresso italiano come patrimonio immateriale all’Unesco, sulla qualità della tazzina made in Italy.

Sempre con in mente l’obiettivo primario di portare avanti insieme un settore, un’industria, che è un fiore all’occhiello di tutto lo Stivale.

E poi, certo, il caffè targato Quarta è praticamente un’istituzione per qualsiasi salentino, al punto che persino la cantante Emma Marrone se lo porta in tour dall’altra parte del mondo. In questo contesto fortemente identitario, si inserisce una storia parallela, anzi, trasversale, che è quella scritta da uno dei due figli, Edoardo Quarta.

Possiamo considerare il suo progetto, EDO QUARTA COFFEE ROASTERS, un po’ come lo spin off specialty dell’attività storica di famiglia. E siccome lo si troverà prossimamente tra le fila del The Milan Coffee Festival, abbiamo voluto dare uno sguardo più da vicino per un’anticipazione.

Edo Quarta: non possiamo non cominciare dal suo cognome, che è legato a doppio filo alla torrefazione di famiglia, simbolo del caffè leccese. Qual è il suo primo ricordo legato al caffè?

“Ovviamente quando ero piccolo e mio padre mi portava in azienda, giocavo con i sacchi di caffè. Abbiamo sviluppato un rapporto molto stretto con i nostri collaboratori, che hanno visto crescere me e mio fratello. Facevo impazzire mezza produzione – ride Edo Quarta – ero un bambino piuttosto dinamico.

Il caffè è una bevanda che ho iniziato ad apprezzare per davvero dai 16 anni in poi: all’inizio avevo deciso di non lavorare in azienda, per seguire l’altra mia grande passione per la cucina. Volevo fare lo chef e per anni ho lavorato in giro per il mondo, da Milano a Parigi, sino a New York nelle cucine di molti locali: un’esperienza che è stata poi molto utile anche per il legame che dovrebbe esser più forte tra questo settore e il caffè di qualità.

Infine ho deciso di tornare nell’impresa di famiglia, sfruttando però le mie competenze. Conservo quindi il lavoro sulle miscele compiuto tempo fa da mio nonno, apportando però un tocco di modernità.”

Nel 2015 nasce EDO QUARTA COFFEE ROASTERS : ci racconta la sua genesi e di cosa si tratta esattamente?

“EDO QUARTA COFFEE ROASTERS rappresenta il mio modo di vedere il caffè, ed è considerabile come una divisione specialty di Quarta Caffè. Il settore dell’automobile è fatto da tante imprese che investono nella ricerca: lo stesso approccio è quello che caratterizza EDO QUARTA COFFEE ROASTERS.

Il primo imprinting è arrivato dalla mia partecipazione a Barista & Farmers, durante un viaggio in piantagione a Porto Rico: toccando con mano il chicco alle origini, è cambiato il mio modo di pensare la bevanda. Ho conseguito anche il Q Grader di Arabica e siamo stati tra i primi in Italia a prendere il Q Grade Robusta: questo è servito per Quarta Caffè per fare un salto in avanti.

Penso sia importante valorizzare la Robusta che è una varietà molto richiesta dal mercato italiano ma è anche molto demonizzata dagli esperti: invece ci sono tante qualità di Robusta, non solo cattive, ma anche di molto buone. Noi acquistiamo delle Robuste, in un lavoro continuo per mantenere relazioni con Paesi spesso instabili. Abbiamo attualmente attivo uno scambio con l’Uganda.

Si possono gustare qui delle Robusta con prezzi che superano persino quelli dell’Arabica, e che sono molto interessanti al palato. Sono dell’opinione che un assaggiatore ha il dovere di provare tutto, senza pregiudizi.

Con EDO QUARTA COFFEE ROASTERS attualmente abbiamo a disposizione un paio di monorigine

Sono prodotti che hanno una shelf life piuttosto corta, perché essendo specialty la freschezza non dura a lungo. Un Rwanda naturale e due colombiani, un Geisha e un varietà Castillo che è frutto di un processo sperimentale, con l’aggiunta di una fermentazione particolare con lieviti che enfatizzano i sentori di questo ibrido – sensorialmente limitato ma più resistente a determinate malattie.

La nostra tostatura è abbastanza chiara e ne applico una sola sia per filtro che per espresso. Sarebbe un peccato tostarli all’italiana. Ovviamente è un po’ complesso farlo comprendere al nostro consumatore finale. Con una linea nuova sarà forse più facile penetrare, creando esigenze e gusti diversi.”

E quindi il riscontro dai clienti fin qui com’è stato?

“E’ un discorso delicato. Lo specialty certo è una tendenza che fa molto “cool”, ma specialmente nell’horeca è difficile da piazzare. È una materia prima per cui sono necessari macchinari particolari e costosi. Noi, con il rifacimento di un caffè storico di nostra proprietà l’Avio Bar di Lecce, lì dov’è nata la storia di Quarta Caffè, vorremo inserire il discorso legato agli specialty.

Questa sarà la prima caffetteria a Lecce che servirà specialty. Dovrebbe essere un po’ un apripista, che finalmente si distacca dalla vendita esclusivamente online: potremo educare di persona i consumatori ai nostri prodotti. “

Lei porta nel dna la tradizione dell’espresso del sud ma rappresenta la generazione successiva con quindi idee nuove: che cosa porta con sé della storia di famiglia e cosa invece di nuovo sul mercato?

“Dico sempre: è più facile spesso fare le cose ex novo che andare a toccare qualcosa di già strutturato. Su un foglio bianco è più semplice scrivere una storia da zero. Ma si sbaglia anche con lo specialty, quando si pretende che le persone gustino un caffè tostato molto
chiaro quando invece sono abituati a diversi gusti. Innanzitutto deve piacere al cliente.

È come se gli chef stellati obbligassero tutti a mangiare gourmet ogni i giorni: non è fattibile. Il caffè deve essere pop, sì, ma un prodotto di nicchia come lo specialty con prezzi così elevati non è per tutti e non ogni giorno. È giusto mantenere un legame con la nostra tradizione.

Esistono modi diversi per avvicinare il consumatore e sensibilizzarlo al cambiamento, gradualmente. Noi ce ne rendiamo conto in Fiera dove solitamente dividiamo lo stand tra specialty e soluzioni più commerciali. Così chi vuole provare qualcosa di diverso lo può fare, chi vuole invece restare fedele al classico, trova comunque una proposta all’altezza. Non sono conservatore, ma ciò che ci identifica come mercato di Quarta Caffè va tutelato.

Quando voglio far conoscere lo specialty, solitamente inizio sempre proponendo l’estrazione a filtro, perché in espresso l’acidità in tazza troppo spinta spaventa. Il filtro invece lo fa apprezzare meglio e apre la via alla conoscenza di altri metodi.”

Dal profondo sud, dal Salento, al capoluogo meneghino: cosa ci dobbiamo aspettare da Edo Quarta a The Milan Coffee Festival?

“Presenteremo delle nuove monorigini che ho selezionato e per cui stiamo studiando il packaging. Sarà l’occasione per lanciarle. Arriveremo con uno stand solo con specialty, così come abbiamo fatto alla prima edizione: con la ripresa del Festival dopo il fermo pandemico, volevamo ricominciare lì da dove ci eravamo fermati. Ci saremo noi con il team composto da Edoardo Quarta, Angelo Segoni e Vito Spagnolo.

Porteremo un caffè etiope, un Burundi naturale e diverse altre cose interessanti, sottoposte a processi sperimentali nell’El Salvador e il Guatemala: delle chicche da scoprire. The Milan Coffee Festival è proprio un evento B2C che ci mette in contatto con il consumatore finale più curioso, che vuole provare per poi acquistare.”

Quanto è importante la presenza a questo tipo di eventi?

“La difficoltà di un progetto come il nostro che si vuole anche staccare dal marchio Quarta Caffè è evidente: per questo esser presenti ad un Festival come quello milanese, molto caratterizzato sullo specialty, è fondamentale. Ha un tocco un po’ giovanile, internazionale, che serve per lanciare un’attività come la nostra. Sposa la mentalità dello specialty, una maniera di raccontare il caffè ai giovani dai giovani.

Chi va ad un evento di questo tipo, ha già una sensibilità più attenta verso un prodotto diverso. Rispetto a una manifestazione come Sigep dove c’è bisogno di raccontare un po’ di più su questa realtà e i suoi aspetti tecnici. È più divertente, oltre ad essere l’occasione di salutare tutti gli amici della coffe community italiana.”

E cosa c’è nel futuro prossimo di Edo Quarta?

“Vedo una serie di punti vendita in giro per il mondo. È importante che si vada oltre il discorso della presenza online: lo specialty deve esser sempre accompagnato dalla condivisione, dal racconto, dal dialogo con il barista. Arrivare attraverso l’incontro in caffetteria è il passaggio necessario: il progetto Avio, a partire dall’apertura del bar, è il primo step per più coffeeshop oltre l’Italia. A me piacerebbe molto, essendo appassionato anche di Giappone, aprire lì. “

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