di Maria Teresa Manuelli*
MILANO – Annata, qualità, cultivar, invecchiamento, esposizione, zona di produzione… Non stiamo parlando dei fattori che determinano il prezzo di una buona bottiglia di vino, bensì di una buona tazza di tè.
Nel mondo è la seconda bevanda più consumata, dopo l’acqua. Con numeri in crescita, tanto che le proiezioni elaborate dalla Fao, fino al 2017, indicano che la produzione mondiale di tè dovrebbe raggiungere i 6 milioni di tonnellate (erano 4,5 milioni nel 2012). E anche i prezzi sono in aumento continuo negli ultimi cinque anni.
Ormai abbiamo imparato che i tè non sono tutti uguali e che oltre al classico nero ci sono i verdi, i rossi e i bianchi. Ma non tutti però sanno che le quotazioni delle preziose foglioline possono arrivare a prezzi esorbitanti e che il business del tè, soprattutto pregiato, nel nostro Paese ha trovato terreno fertile. Nelle città spuntano come funghi i negozi specializzati e le boutique dedicate, come i monomarca dei grandi brand – solo a Milano in un paio di anni hanno aperto Kusmi Tea, Løv Organic, Dammann Frères – evitando agli estimatori di questa bevanda di doversi recare all’estero per fare scorta di qualità pregiate. In alcuni casi affiancano alla vendita uno spazio dedicato alla degustazione e ai corsi per imparare a servire e apprezzare il tè. Anche i grandi alberghi spesso si servono di tea-sommelier per commissionare apposite carte dei tè da offrire agli ospiti. L’editoria poi fa la sua parte per diffonderne la cultura. Nell’ultimo anno sono stati pubblicati quattro titoli sul tema: “Foglie di tè” di Elisabetta Lattanzio Illy, “Tea Sommelier” di Fabio Petroni e Gabriella Lombardi, “Tea time” di Csaba dalla Zorza e “Il gusto del tè” di Francesca Natali.
Come si spiega questa febbre del tè in Italia? Lo abbiamo chiesto a Roberto Merluzzi, titolare del negozio l’ArtedelRicevere, punto di riferimento milanese per gli appassionati fin dal 2001. “Non è solo una moda quella di investire nel tè – precisa Merluzzi –. Nel mondo occidentale nei Paesi a maggior consumo, come la Gran Bretagna, il tè è in calo a favore della nuova moda di bere caffè; mentre nel resto d’Europa il mercato è già saturo. Il nostro Paese, al contrario, è una piazza ancora giovane e con ampie possibilità di crescita. Terreno fertile per il business”.
In effetti in Italia con i nostri 0,07 Kg pro capite (in media una tazza ogni 12 giorni) siamo ben lontani dal dal Regno Unito, dove si consumano una media di 2,2 Kg di tè pro capite all’anno (pari a quattro tazze al giorno). Sebbene, come si diceva, nella patria della tazza fumante i consumi siano i discesa: si pensi che nel 1938 erano quasi 4 Kg pro capite.
A crescere, invece, è l’interesse in ogni Paese per le varietà più pregiate. Tanto che il business dell’alto di gamma è un affare mondiale. Come sappiamo, il costo del tè cambia in base alla varietà, al raccolto, alla lavorazione e alla qualità. Senza arrivare agli eccessi della mattonella di Pu-erh battuta all’asta in Cina lo scorso settembre per la cifra record di 1,24 milioni di dollari ( il prezioso tea brik era stato prodotto all’epoca Qing), oggi le quotazioni alla Borsa del tè di Shanghai possono arrivare tranquillamente anche a 1.400 euro all’etto, con appassionati che si contendono l’ultima mattonella.
Tè da record Così l’ultima mania d’estremo oriente consiste nell’accaparrarsi a ogni costo foglie pregiate di qualità rarissima. Uno dei tè più apprezzati dagli estimatori è una varietà di Pu Erh invecchiata di almeno un secolo. Poco più di 300 grammi, raccolti agli inizi del ‘900 e lasciati essiccare sino a oggi, costano sino a 25mila dollari. Un panetto di tè chiamato An Xi Tie Guan Yin è stato venduto all’esorbitante prezzo di 5mila dollari al chilo. Nulla in confronto al prezzo da capogiro che ha valso all’imprenditore An Yanshi il record dei primati: 50mila euro per un kg di tè verde concimato esclusivamente con escrementi di panda.
Eccessi o fiuto per gli affari, resta il fatto che in Cina negli ultimi anni le qualità di tè più pregiate hanno visto il loro valore aumentare anche del 1.000 per cento. “Questo discorso – spiega Merluzzi – vale soprattutto per la varietà Pu-erh. In effetti il pu-erh sta assumendo sempre più la fisionomia di un vero e proprio investimento, dal momento che il suo prezzo cresce con gli anni, anche di un 20% all’anno. Come per l’antiquariato o il vino pregiato”. Il tè, infatti, si conserva perfettamente se tenuto all’asciutto, senza luce né aria o calore.
Scende in campo Unilever Così anche le società occidentali si stanno interessando alle possibilità di business a base di tè in oriente e non solo: la catena americana Starbucks, dopo aver convertito molti inglesi al caffè, ha aperto numerose filiali in Cina negli ultimi anni, iniziando a vendere anche delle varietà di tè locali e lo scorso ottobre ha inaugurato a New York il suo primo ‘tea bar’. E la multinazionale Typhoo Tea sta ampliando la propria gamma di prodotti dai brand inglesi a quelli orientali. Mentre è recente la notizia che Unilever vuole riportare l’abitudine alla bevanda tradizionale in Inghilterra, con l’acquisizione di T2, la catena australiana (57 milioni di dollari australiani, pari a 31,5 milioni di sterline, il fatturato 2013) che ha all’attivo 40 negozi nell’area del ‘down-under’, e l’apertura del primo store nel cuore di Londra. Unilever, che ha già all’attivo circa 400 outlet per i suoi brand Ben & Jerry’s e Wall’s, quest’anno intende aprire altri store T2 nel Regno Unito. Un’operazione ambiziosa, in un periodo in cui molti britannici hanno voltato le spalle alla bevanda nazionale per eccellenza per convertirsi al caffè.
Il segreto del tè perfetto Ma quali sono passaggi, i tempi e le dosi per realizzare un tè perfetto? Ce lo spiega sempre Roberto Merluzzi: per una tazza da 150-200 ml servono non più di 2-3 grammi di tè. Si porta l’acqua a una temperatura di circa 75°C per le varietà più delicate verdi e di 80-100°C (quindi poco prima dell’ebollizione) per quelle nere. E si lasciano le foglioline in infusione per non più di 4 minuti. I tempi variano a seconda del tipo di tè e del cibo che si vuole accompagnare. E non azzardatevi a buttare via le foglie: un buon tè può essere riutilizzato fino a tre-quattro preparazioni di seguito. In seguito le foglie, ormai cotte, possono diventare un gustoso ingrediente in cucina, per preparare il risotto al tè, per esempio, o aggiunte all’insalata.
A quale cibo abbinarlo. Dimenticatevi il rito del tè delle 5 con i biscottini. I veri intenditori usano consumare questa bevanda a pasto, in accompagnamento ai cibi. E, come si trattasse di un vino pregiato, distinguendo tra le diverse varietà, annate e giardini di produzione. Lo sapevate, per esempio che la carne si gusta meglio con i tè neri? E lasciandoli in infusione per circa 4 minuti. Mentre con i crostacei si accompagnano meglio i tè verdi, con poca infusione (circa 2 minuti) per non coprire il sapore. Con il pesce bianco, invece, i tè verdi andrebbero lasciati un minuto in più (3 minuti) per conferire più gusto al piatto. Ma la nuova tendenza vuole il tè utilizzato direttamente in cucina o mixato in cocktail e aperitivi.