MILANO — Il futuro del caffè (o almeno parte di esso) potrebbe chiamarsi Coffea liberica, una specie nota ai botanici e agli esperti, ma sconosciuta ai più. È la tesi sostenuta da un gruppo di ricercatori – guidati da Aaron Davis, senior research leader degli iconici Kew Royal Botanic Gardens di Londra – in uno studio recentemente pubblicato su Nature Plants.
Originaria dell’Africa occidentale, la C. liberica trovò rapida diffusione dai primi dell’ottocento – oltre che in Ghana, Sierra Leone e Liberia – anche in Uganda, Sud Sudan, Borneo e Malesia. Ma venne in seguito soppiantata dalle due varietà più note.
Attualmente le specie C. liberica ed excelsa sono coltivate in zone limitate dell’Africa centrale
Ma la loro rilevanza economica potrebbe tornare a crescere, in virtù delle rese elevate e della resistenza alle malattie. Tutte caratteristiche che le rendono particolarmente resilienti al cambiamento climatico e alle sue conseguenze.
“L’idea di ampliare il portafoglio di varietà di caffè coltivate utilizzando nuove cultivar, ibridi e specie alternative riscuote un’attenzione crescente. In particolare per quanto riguarda le specie dimenticate o sottoutilizzate, specie se a suo tempo prodotte ed esportate su larga scala” sostiene l’autore dello studio.
Va in questo senso anche il recupero recente della Coffea Stenophylla, che – a detta dei pochi che hanno potuto assaggiarla – presenta un potenziale organolettico notevolissimo.
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