mercoledì 30 Ottobre 2024

Ecco perché i prezzi negli Starbucks italiani sono tra i più bassi di tutta l’Europa

SavingSpot ha mappato i listini Starbucks di tutto il mondo. In particolare, il prezzo di una delle bevande più popolari: il Tall Latte. Le conclusioni sono, sotto certi versi, sorprendenti. E ci dicono molte cose sul tenore di vita singoli dei paesi

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MILANO – Starbucks come Mc Donald’s, Latte come Big Mac. No, non intendiamo fare un paragone sommario tra prodotti e modelli di business alquanto diversi. Posto che il caffè è importantissimo anche per Mc Donald’s. E che pure Starbucks ha un’offerta food. Vogliamo invece compiere una riflessione su come variano i prezzi di due popolari prodotti conosciuti e diffusi in buona parte del mondo.

Anche perché il celebre panino di casa Mc Donald’s costituisce, da tempo, un importante benchmark economico. Per chi non lo conoscesse stiamo parlando dell’indice Big Mac (Big Mac Index), un indicatore economico informale che raffronta i poteri di acquisto di diverse valute.

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Inventato dal settimanale inglese The Economist, nel lontano 1986, esso si basa sulla teoria della parità dei poteri d’acquisto. Il suo calcolo è, nell’essenza, molto semplice: è sufficiente dividere il prezzo del Big Mac in una nazione per quello di un Big Mac in un’altra nazione, entrambi espressi nelle rispettive valute.

Questo valore viene confrontato con il tasso di cambio attuale: se è più basso, allora la prima valuta – secondo la teoria della parità del potere d’acquisto – è sottovalutata rispetto alla seconda, mentre se è più alto, allora la prima valuta è sopravvalutata.

La Svizzera, attualmente, è il paese dove il prezzo (in dollari) del Big Mac è più alto. È interessante osservare che la vicina Confederazione Elvetica vanta lo stesso primato anche per il Tall Latte di Starbucks, che nel paese dei cantoni costa 7 dollari e 17 centesimi, contro 2,84 dollari in Italia.

E 3,26 dollari negli Usa, la patria di Starbucks. Questo almeno secondo i dati raccolti da SavingSpot, su rilevazioni effettuate circa un anno fa. E che non tengono conto dunque dei forti rincari dovuti al rinfocolarsi dell’inflazione negli ultimi 12 mesi.

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