MILANO – Capita raramente durante un viaggio di poco più di due settimane in un solo paese di passare da un giorno all’altro dalla giacca a vento al costume da bagno, soprattutto se ci si trova quasi all’Equatore.
Merito dei pisos termicos, i livelli termici che caratterizzano le cinque zone climatiche della Colombia – Amazzonia, Ande, Caraibi, Insulare, Orinoco e Pacifica – e ne definiscono la straordinaria varietà di paesaggi e di natura.
Dai cactus a candelabro e ai labirinti di canyon del deserto di Tatacoa, ai 5.775 metri dei picchi gemelli Cristoforo Colombo e Simon Bolivar, sulla Sierra Nevada di Santa Marta.
Dalle sterminate pianure orientali dove savane tropicali, foreste a galleria e zone umide formano un patrimonio naturalistico unico, fino alle spiagge coralline che si affacciano sui due oceani, la Colombia vanta il primato mondiale per la varietà con 311 ecosistemi e 55 specie diverse di fauna e flora, e fa parte dei 17 paesi «megadiversi», quelli più ricchi di biodiversità del pianeta.
In parte restituita al turismo internazionale dopo gli accordi del novembre scorso con le Farc e le trattative in corso con l’Eln, che dovrebbero mettere fine a mezzo secolo di guerriglia e di violenze, la patria di Gabriel Garcia Marquez e Fernando Botero appare sulle carte geografiche ancora cosparsa di grandi aree selvagge e scarsamente popolate.
Luoghi remoti dove resistono popolazioni indigene scampate alla forsennata ricerca dell’Eldorado, il mitico regno dell’oro di cui i conquistadores trovarono un indizio nella laguna di Guatavita, vicino a Bogotà, dove ogni anno un capo indigeno coperto di polvere d’oro s’immergeva gettando oggetti d’oro votivi nelle acque per ingraziarsi le divinità.
Malgrado le traversie politiche degli ultimi decenni e lo sfruttamento agricolo dei latifondi e delle compagnie internazionali (il 70% della superficie del paese è coltivabile, e ampiamente sfruttabile con più raccolti durante l’anno) la tutela dell’ambiente è andata avanti. E oggi il 9% del territorio è protetto, con 49 parchi nazionali e numerose riserve regionali.
Una cura che nasce anche dalla necessità di salvaguardare le risorse idriche che sono una delle grandi ricchezze del paese. La Colombia secondo stime FAO dispone di risorse idriche rinnovabili vicine ai 2.300.000 milioni di metri cubi l’anno. E circa 25 milioni di colombiani dipendono dall’acqua prodotta dal sistema dei parchi naturali.
Questo grazie soprattutto al pàramo. Si tratta di una brughiera umida che occupa 30 mila chilometri quadrati di territorio, tutelata da 30 aree protette. Un’area che ospita un piccolo tesoro di specie endemiche. Comprese varie specie di muschio che possono immagazzinare fino a 40 volte il loro peso in acqua.
E poi c’è naturalmente il polmone verde della foresta amazzonica, che occupa il 40% della Colombia. E ne rappresenta la riserva di ossigeno inoltre aiuta a regolare il flusso delle piogge.
Un equilibrio qui come altrove minacciato dall’intervento umano e dal cambiamento climatico. La situazione è particolarmente grave in Colombia. Dove il 92% dei ghiacciai è sparito negli ultimi 150 anni. Ne sopravvivono appena 37 chilometri quadrati, che ogni anno si riducono del 3%. Potrebbero sparire entro una trentina d’anni con gravi ripercussioni sul clima.
Natura e attività umana riescono però anche ad armonizzarsi. Nella Cordillera Central il parco archeologico di San Agustin, sito Unesco e maggiore complesso di tombe monumentali e sculture megalitiche del Sud America, è anche una immensa area verde protetta. Che comprende la selva andina e le gole e le forre del rio Magdalena, uno dei maggiori fiumi del paese.
Le coltivazioni di caffè che sono piaciute all’Unesco
Così come le coltivazioni di caffè, che nel 2011 hanno convinto l’Unesco a includere nella lista dei siti Patrimonio mondiale dell’umanità il Paisaje cultural cafetero. Un ecosistema particolare e suggestivo. Perché nei campi sospesi sulla foresta le piante di caffè si mescolano ad altre essenze. E le bacche vengono raccolte e lavorate artigianalmente sul posto.
E poi ci sono le infinite varietà di frutti tropicali. Noti, come l’avocado, e meno noti come l’uchuva e la gulupa. La Colombia è la terza nazione sudamericana per numero di ettari coltivati ad alberi da frutta. Un campo in cui si stanno estendendo sistemi di coltivazione sostenibile. Con progetti agricoli all’avanguardia seguiti da organizzazioni della cooperazione internazionale.
Carla Reschia