MILANO – Un caffè storico e antifascista. Fondato nel 1900, il Caval Bianco è da quasi 120 anni un riferimento per il quartiere di Migliarina a La Spezia: un locale depositario della memoria della città, testimone di fatti storici, anche sanguinosi. Riprendiamo questo articolo, pubblicato qualche anno fa da cittadellaspezia.com a firma di Chiara Alfonzetti, che riepiloga le date più importanti del locale. E spiega perché lo si può definire, a pieno titolo, antifascista.
Il signor Giorgio arriva al bancone, ordina il suo solito caffè, ogni mattina da ottant’anni. Ma questa è solo una delle storie che potrebbero raccontare i muri del bar “Caval Bianco” di Migliarina della famiglia Marcato-Righetti che è aperto in Via del Canaletto 243 dal 1900; anche da come si legge dalla tenda verde che d’estate ripara i clienti dai raggi del sole.
Ed è proprio il senso della famiglia e il passaggio di generazione in generazione a garantire la longevità di un luogo che, non solo, ha visto lo sviluppo di un quartiere, quando mezza città era ancora campagna. Ma anche vissuto il dramma di due guerre, dei rastrellamenti e della persecuzione degli antifascisti.
Una delle botteghe storiche della città
In 119 anni di onorata carriera, il “Caval Bianco” è una delle botteghe storiche della città e nelle prossime settimane ‘al medagliere’ si aggiungerà l’intitolazione dello spiazzo adiacente al locale al suo fondatore: Antonio Marcato.
I riconoscimenti ‘istituzionali’ sostengono il valore di un locale che fa parte della storia della città. Ma in questo secolo non sono state solo le istituzioni a rendere omaggio ad un luogo come questo, dove il tempo sembra essersi fermato. E per capirlo basta passare una mano sul bancone, ancora coperto dal metallo, guardare il pavimento e le rifiniture in legno di scaffali, espositori e vetrine.
Se qualche elemento ricorda gli anni sessanta, non è alterato il clima di cortesia e familiarità che si respira in quei locali che si potrebbero considerare “la base” di un quartiere intero.
“Da qui è passata tutta Migliarina”
“Da qui è passata tutta Migliarina – racconta sorridente il signor Eugenio Righetti, gestore del bar insieme alla signora Claudia Marcato, erede dei fondatori del “Caval Bianco” – abbiamo visto passare proprio tanta gente. Siamo aperti da quando qui non c’era niente.”
La tradizione di questa famiglia nella gestione del bar è centenaria. E la volontà di mantenere, per la quinta generazione, attivo il locale è un discorso di puro affetto verso il quartiere.
Di storie da narrare ce ne sarebbero un’infinità. Ma quelle che più hanno fatto radicare la realtà del “Caval” Bianco nella storia, di Migliarina e della città, risalgono ai tempi della Seconda Guerra mondiale.
Il fondatore morì a Mauthausen per il suo impegno antifascista
“In una città devastata dalle bombe e dalla guerra – raccontano il signor Eugenio e i suoi familiari – la nostra famiglia ha voluto dare il massimo sostegno agli antifascisti, che si riunivano nelle cantine qui sotto. E per questo motivo abbiamo subito un lutto gravissimo.”
Il bisnonno e fondatore del “Caval Bianco”, infatti, venne rastrellato dalla Brigata fascista Gallo insieme ad altri commercianti di Migliarina, prima venne imprigionato al XXI° Fanteria, poi condotto a Bolzano ed infine a Mauthausen dove morì nel 1945.
“Erano tempi molto difficili – proseguono nel racconto – e dopo quegli eventi il locale era stato chiuso, fortunatamente per poco tempo. All’epoca erano tutti in estrema difficoltà e nonostante qui si potessero comprare tante cose, la gente era troppo povera e non poteva permetterselo. Per questo motivo veniva fatto credito a chi ne aveva bisogno e recentemente abbiamo anche ritrovato il libricino dove erano segnati i conti.” Ma ai bisnonni e ai loro eredi è mai interessato riscuotere quei crediti.
Tra i primi ad avere il telefono
“Siamo stati anche tra i primi ad avere avuto il telefono – raccontano – che serviva un po’ a tutti. Ad esempio, quando qualcuno aveva bisogno del dottore chiamava qui, la gente del bar lo avvertiva e lui partiva col cavallo”.
Nei giorni di San Giovanni oltre alla festa patronale anche “Caval Bianco” offre il suo contributo. Le porte si spalancano a tutto il quartiere a cui viene offerto da bere e tagliata una torta. Perché: “Ogni anno di attività, per noi è un traguardo.”
Tra la devota clientela del “Caval Bianco” ci sono anche numerosi artisti che hanno donato a questa bottega storica un centinaio di quadri che rappresentano il vissuto del locale e dei suoi protagonisti e tra i ritratti appesi balza agli occhi anche quello del Signor Eugenio.
Un’istituzione per il quartiere
Pensando ad una bottega storica con una tradizione di famiglia così forte, viene da chiedere se la crisi, la concorrenza e il futuro nascondono qualche preoccupazione. Come succede sempre in questo bar, la risposta è anticipata da un sorriso: “Il presente nasconde delle difficoltà, è inutile negarlo – spiegano – ma sapendo la nostra storia le cose diventano più facili. Noi siamo stati tra i primi a lavorare in questo quartiere, siamo quasi un’istituzione, e facciamo il tifo anche per gli altri.”
Tra qualche tempo il signor Eugenio e sua moglie lasceranno definitivamente il testimone ai figli che ancora per questa generazione rimarranno al bar, ma anche se per il nipote più giovane intraprenderà un’altra carriera: “Se un giorno dovessimo lasciare il posto a qualcun’altro, speriamo di poter affittare facendo in modo che la nostra famiglia possa rimanere socia”.
Chiara Alfonzetti