MILANO – Tempi duri per il caffè nel fuori casa: anche in Cina, un mercato che ha beneficiato di una crescita esponenziale negli ultimi vent’anni. E dove il caffè rimane un prodotto aspirazionale, espressione di un modo di essere e di uno stile di vita. Nel paese più popoloso del mondo, il settore delle caffetterie macina cifre gigantesche.
Secondo Mintel raggiungerà, entro il 2027, un valore di 189 miliardi di yuan: 26,4 miliardi di euro al cambio attuale.
C’è spazio per tutti, dunque, ma la competizione si sta facendo sempre più spietata. Colpa della pandemia e della politica zero Covid applicata con spietata determinazione dalle autorità, che ha messo in ginocchio tantissimi esercenti.
Ma ci sono anche altri motivi. Il panorama è diventato infatti più variegato e i player, nazionali e internazionali, si moltiplicano.
Starbucks, che ha tagliato di recente il traguardo delle 6 mila caffetterie in terra cinese, conta – quanto a numero di locali – per il 4,4% del mercato.
Davanti a Starbucks, il market leader cinese K-coffee (KFC), che di locali ne ha 8.500, per una share del 6,2%.
Dietro a Starbucks, due grandi catene di convenience store, che fanno leva sulle economie di scala rese possibili dalle rispettive reti commerciali: Lawson e Family Mart.
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