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sabato 02 Novembre 2024
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Ecco come la caffeina influenza memoria, vigilanza e rischio di malattia

Un nuovo studio pubblicato su Scientific Report potrebbe aiutare a capire come il consumo di caffeina influenza il cervello e l’organismo. Esperimenti sulle cellule neuronali umane possono contribuire a spiegare gli effetti della caffeina sul rischio di malattia, sulla memoria e sulla vigilanza.

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MILANO – Una nuova ricerca ha studiato l’effetto della caffeina sui neuroni. Cosa succede quindi, se assunta con dosi comparabili alle normali abitudini di consumo?

Caffeina sotto indagine

“Acute doses of caffeine shift nervous system cell expression profiles toward promotion of neuronal projection growth”’. Il titolo questo, della ricerca pubblicata a settembre su Scientific Report.

Lo studio ha evidenziato che la caffeina promuove le connessioni neuronali. Fornendo possibili ulteriori informazioni sul meccanismo d’azione di questa sostanza sulla memoria e sulla cognizione.

La ricerca rappresenta un’esplorazione dei processi cellulari

Quelli che possono aiutare a spiegare i molti effetti fisiologici della caffeina. Come l’aumento della vigilanza1,2 e la capacità potenziale di ridurre il rischio di malattie neurodegenerative3-7.

In particolare, il team di ricercatori di Svezia, Finlandia, Regno Unito e Giappone hanno analizzato la perturbazione dei cambiamenti di espressione genica. Questa è causata dalla caffeina in un modello di cellule neuronali umane. Il modello più vicino al sistema nervoso centrale umano8.

I ricercatori hanno stimolato i neuroni con livelli di consumo normali di caffeina

Ovvero di 3 μM e 10 μM. Per periodi di 1, 3 e 9 ore. I risultati hanno mostrato un’attivazione dipendente dal dosaggio dei primi “geni immediati precoci” dopo 1 ora. Invece, i “geni immediati precoci” sono quelli che rispondono rapidamente. – ovvero, spesso in pochi minuti –. Alcuni di questi geni sono legati al sistema immunitario. Mentre altri sono legati all’apprendimento e alla memoria.

L’esperimento ha rivelato che la caffeina ha incrementato alcuni processi neuronali (“upregulation”) e ne ha ridotto altri (“downregulation”). L’”upregulation” è un processo che incrementa il segnale a una cellula; è simile a quando un segnale radio viene aumentato per assicurare che il messaggio verrà trasmesso; al contrario, la “downregulation” riduce il segnale alla cellula. Una cellula riceve da varie fonti segnali – come il sistema immunitario e nervoso – che trasmettono informazioni su cosa fare.

La caffeina ridurrebbe i processi del sistema immunitario

Inoltre potenzierebbe i processi di sviluppo della proiezione neuronale che sono legati alla memoria e ad altre connettività neuronali. Nel complesso, più geni sono soggetti a “downregulation” che ad “upregulation” a causa della caffeina; tuttavia, maggiore è la dose di caffeina utilizzata nell’esperimento, più geni immediati precoci si attivano.

ll professor Juha Kere dell’Istituto Karolinska

In Svezia, uno degli autori dello studio, ha dichiarato: “La caffeina nel caffè è una delle sostanze psicoattive più diffuse al mondo. Ma sappiamo relativamente poco su come influisce sui neuroni e sulle loro funzioni cellulari. Saperne di più su come la caffeina influenza il nostro organismo potrebbe aiutare. Almeno a spiegare perché il caffè e la caffeina sembrano ridurre il rischio di alcune malattie e migliorare la memoria e la cognizione “.

Il professor Kere sottolinea

Ad esempio, la nostra ricerca dimostra che l’inibizione della connettività neuronale è ridotta dal normale livello di caffeina. – livelli simili a quello che potreste bere in un giorno. Questo potrebbe aiutare a comprendere in parte perché forse il caffè migliori la memoria. Oppure protegga contro la perdita della stessa negli anziani”.

Il caffè, bevuto con moderazione, rappresenta un valido aiuto per il nostro benessere: un piacere per il palato, una fonte di buon umore per il suo aroma inconfondibile e, in generale, un alleato per la salute dell’organismo.

Nota

Lo studio può esser letto integralmente su questo link. https://www.nature.com/articles/s41598-017-11574-6

Inoltre, la ricerca è stata parzialmente finanziata da ISIC (institute for Scientific Information on Coffee). Ovviamente, ciò non ha influito in alcun modo sulla produzione o sui contenuti della ricerca. Gli autori hanno dichiarato infine di non avere conflitti di interesse.

References

  1. Lorist M.M. and Tops M. (2003) Caffeine, fatigue, and cognition. Brain Cogn, 53(1):82-94.
  2. Lazarus M. et al. (2011) Arousal effect of caffeine depends on adenosine A2A receptors in the shell of the nucleus accumbens. J. Neurosci, 31(27):10067-75.
  3. Quintana J.L.B et al. (2007) Alzheimer’s disease and coffee: a quantitative review. Neurol. Res, 29(1):91-5.
  4. Santos C. et al. (2010) Caffeine intake and dementia: systematic review and meta-analysis. J. Alzheimers. Dis, 20 Suppl 1:S187-204.
  5. Fredholm B.B. et al. (1999) Actions of Caffeine in the Brain with Special Reference to Factors That Contribute to Its Widespread Use. Pharmacol. Rev, 51(1):83-133.
  6. Costa J. et al. (2010) Caffeine exposure and the risk of Parkinson’s disease: a systematic review and meta-analysis of observational studies. J. Alzheimers. Dis, 20 Suppl 1:S221-38.
  7. Qi H. and Li S. (2014) Dose-response meta-analysis on coffee, tea and caffeine consumption with risk of Parkinson’s disease. Geriatr. Gerontol. Int, 14(2):430-9.
  8. Yu N. et al. (2017) Acute doses of caffeine shift nervous system cell expression profiles toward promotion of neuronal projection growth. Sci. Rep, published online ahead of print.
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