domenica 22 Dicembre 2024
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Ecco come è cresciuto il film “Caffè”

In viaggio tra tante storie, ambientate nei più diversi paesi. Protagonista unico è il caffè

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In viaggio tra tante storie, ambientate nei più diversi paesi. Protagonista unico è il caffè. Ne parla il regista Cristiano Bortone (nella FOTO l’inizio delle riprese a Bolzano). «Avevo un grande desiderio: girare un lungometraggio corale che riflettesse il momento storico in cui viviamo, così pieno di incertezze e di sfide per il futuro; il caffè mi è sembrato il simbolo perfetto per legare tra loro le diverse storie del film».

A parlare è il regista Cristiano Bortone (tra i suoi lavori “Rosso come il cielo”, premio David Giovani nel 2007) che raggiungo al telefono in Cina, dove sta ultimando le riprese di “Caffè”, opera che è il risultato di un viaggio anche molto personale, carico com’è d’ispirazioni maturate a contatto con differenti luoghi, persone, storie.

«In Italia ho imparato cose meravigliose sulla “Latte art” – i disegni creati sulla schiuma dei cappuccini. In Palestina ho condiviso la tradizione del caffè berbero. In Brasile ho incontrato una comunità d’immigrati italiani che da cinque generazioni vive in una valle isolata producendo un caffè eccezionale. In Cina ho conosciuto un contadino che da sempre cresce il caffè senza pesticidi, perché elimina a mano i parassiti della pianta».

I sommelier di questa bevanda dicono che i suoi tre sapori principali sono amaro, aspro e fragrante. «Ognuna delle tre storie segue in qualche modo questi toni», spiega Bortone che così sintetizza il plot: «In Italia, Renzo (Dario Aita), giovane sommelier di caffè con una fidanzata incinta (Miriam Dalmazio), si fa coinvolgere nel furto a una torrefazione, con conseguenze impreviste. In Belgio, l’iracheno Hamed (Babak Karimi, Orso d’argento quale miglior attore al Festival di Berlino 2011 con “Una separazione”) scopre l’identità del black bloc che durante una manifestazione ha saccheggiato il suo piccolo banco dei pegni e decide di vendicarsi. In Cina, Fei (Xiaodong Guo, protagonista di “Blind Massage”, 2014) è un giovane manager di successo, al bivio se fermare o meno gli impianti di una fabbrica che rischia di contaminare le piantagioni di caffè nella verde regione dello Yunnan».

La selezione di ogni location ha una ragione precisa: «La prima a esser scelta è stata Bolzano per l’aiuto che ho avuto dalla straordinaria commissione film del Südtirol- Alto Adige; poi il Belgio, per il tema tristemente attuale degli scontri razziali e religiosi e, infine, la Cina – nello specifico la regione tropicale dello Yunnan – perché è famosa per il suo tè, ma anche per le grandi piantagioni di caffè gestite sia da varie multinazionali sia da molti produttori locali impegnati a mantenere alta la qualità e la sostenibilità delle colture».

Il regista romano, dopo anni di studi della lingua e della cultura cinese (dal 2013 insegna sceneggiatura e produzione all’Accademia del cinema di Beijing), firma con “Caffè” la prima co-produzione ufficiale tra Italia e Cina dopo il trattato siglato nel 2014 tra le due nazioni.

«Trovare il progetto giusto, in grado di fare breccia nell’establishment cinematografico cinese, è stato davvero complesso».

 

La frequentazione della Cina e la conoscenza della lingua hanno sicuramente reso a Bortone il compito più facile: «È stata comunque una vera “grande marcia”: le discussioni sulla sceneggiatura, il dialogo con la censura su temi sensibili come l’ecologia e l’Islam, la scelta del cast con, alla fine, una troupe al novanta per cento cinese. È stata un’esperienza memorabile che mi ha dato una marcia in più».

Duplice l’auspicio conclusivo: «Spero che “Caffè” coinvolga il pubblico: è l’obiettivo di chiunque fa un lavoro complesso come il mio. E ancor più spero che il film trovi la sua fortuna anche in Cina: sarebbe davvero pionieristico».

articolo di Zoraide Cremonini,Vogue Italia, marzo 2016, n.787 pag. 110

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