Un lettore ci ha segnalato un’interessante intervista a Giannandrea Dubbini di caffè Diemme Spa. apparsa su bimag.it. Ve la proponiamo.
Il mondo del caffè sta evolvendo, sia all’estero che in Italia. Se è vero che espresso, macchiato e cappuccino sono parole ormai entrate nel vocabolario comune di molti Paesi esteri, è altrettanto vero che il mercato della torrefazione del caffè e dell’offerta di miscele e qualità differenti è in forte crescita anche in Italia.
Dove sta andando il trend del caffè? Ne abbiamo parlato con Giannandrea Dubbini, titolare di Diemme SpA, storica azienda di torrefazione e produzione di caffè padovana, giunta ormai alla terza generazione, nota per il marchio Caffè Diemme nel settore HoReCa italiano ed estero, nonché per il progetto unico a livello nazionale di Torrefazione Dubbini, dedicato al mondo dell’alta pasticceria artigianale.
La sua è un’azienda che ha quasi un secolo di vita. Come si è evoluto in questi ultimi anni il consumo di caffè e come è cambiata, di conseguenza, la sua azienda?
«Sono un paio d’anni che il caffè sta vivendo un momento d’oro, nel consumo domestico grazie alle capsule Nespresso che hanno aperto nuovi settori di consumo, ma soprattutto nel settore HoReCa, dove abbiamo registrato un fermento che non si vedeva da anni. Dopo un paio di decenni di stallo, ora abbiamo notato un certo interesse verso il caffè da parte dell’utente finale, che di conseguenza sta influenzando il titolare del bar o della caffetteria ad adeguarsi alle nuove esigenze».
Questa è una tendenza generale?
«Ovviamente questo sta accadendo più diffusamente nelle grandi città e nei capoluoghi di provincia e un po’ più lentamente nei paesi più piccoli. È ovvio che l’onda lunga che andrà piano piano a coprire tutti. Milano è molto più avanti, ma anche in città come la nostra Padova si comincia a parlare di diversi modi di estrarre il caffè e di consumare il caffè».
Più consapevole, quindi?
«Certo, più consapevole e con una voglia di capire di più quello che si sta bevendo. Stiamo ancora parlando di nicchia di mercato, ma questa tendenza è comunque conseguenza del fatto che chi viaggia all’estero, ad esempio in città come Londra, Berlino, Sidney, respira una grande attenzione verso il caffè, che sta vivendo un momento di grande fermento».
Paradossalmente, quindi, sembra che il caffè all’estero sia considerato molto di più che non qui in Italia?
«Sì, è considerato molto di più e pur essendoci la tendenza a consumare il caffè in diverse forme, c’è un’attenzione maggiore verso i crudi che vengono utilizzati e una consapevolezza maggiore rispetto a ciò che si beve. Diciamo che all’estero, ma ora anche qui in Italia, sta succedendo, con le dovute proporzioni, ciò che trent’anni fa è accaduto con il vino. Così come il consumatore di vino di trent’anni fa andava in un locale e chiedeva solo rosso, bianco o mosso e col tempo ha progressivamente affinato la propria cultura in campo enologico, la stessa cosa sta accadendo con il caffè».
Quello che si beve, quindi, non è più soltanto un caffè. Si guarda anche a coltivazioni e miscele?
«Esatto. Si comincia a parlare di crudi, c’è la voglia di capire la differenza tra le diverse monorigini, ad esempio».
Questa tendenza è valida solo per i locali come bar e caffetterie o sta coinvolgendo anche il settore della ristorazione, dove spesso il caffè era sottovalutato?
«Diciamo che dipende molto dalla natura del ristorante. Se il locale si rivolge a una fascia di prezzo medio contenuto, e bada più alla quantità dei coperti che alla qualità, ciò non accade. Quello che però notiamo è che l’attenzione verso il caffè non è solo appannaggio dei ristoranti stellati e di alta cucina, ma anche di quei ristoranti che hanno fatto una scelta di qualità, che comprende anche il caffè. In questi locali si fa anche cultura sul caffè, si cercano monorigini particolari, si è disposti a dotarsi dell’attrezzatura adeguata».
Dato il trend attuale, quanto è importante fare formazione del personale, insegnare a trattare nella maniera giusta il caffè?
«Noi lo riteniamo fondamentale e infatti siamo partiti cinque o sei anni fa con una scuola di formazione all’interno dell’azienda. Si chiama Drink Different, abbiamo un maestro formatore certificato che può a sua volta lasciare certificazioni e che svolge insieme ad altri colleghi la formazione per i nostri clienti e i dipendenti dei nostri clienti».
In cosa consiste questa formazione?
«La formazione va dalle basi del caffè fino ad arrivare alle decorazioni con il latte, la latte art, molto interessante perché chi sa fare bene la latte art ha prima imparato a fare bene il caffè e a montare in maniera corretta il latte. Purtroppo per anni si è pensato che per fare il caffè e il cappuccino bastasse schiacciare un pulsante».
Quindi avere un barman che sa maneggiare il caffè nella maniera corretta è un vantaggio anche per il vostro brand?
«Sì, è fondamentale per il nostro buon nome, ma lo è anche per i nostri clienti. Io lo dico sempre quando li incontro, sia i nuovi che i vecchi: bisogna investire nella formazione. Oggi è imprescindibile avventurarsi nella gestione di un bar o di un locale pubblico senza investire in formazione».
L’apertura di locali gestiti da voi direttamente rientra sempre in questa politica di attenzione verso il mercato?
«Sì, da qualche anno abbiamo aperto dei locali che gestiamo direttamente e questo ci ha dato innanzitutto un’opportunità incredibile di conoscere il mondo del nostro cliente. Quando ci proponiamo come fornitori ci presentiamo come partner competente e qualificato, che non vuole soltanto vendere i propri prodotti, ma è ben cosciente dei problemi. Inoltre il fatto che un’azienda che ha quasi 100 anni di vita decida di aprire dei monomarca offre una maggiore credibilità».
Questo potrebbe essere il vostro futuro?
«Certo, noi lo riteniamo il nostro futuro prossimo. Abbiamo un progetto ambizioso di aperture di location, anche in affiliazione. Questo ci permette di proporci innanzitutto ai nostri clienti, che magari vogliono rinnovare il locale, come un partner specifico che possa offrire know how, formazione, consulenza. Sempre in maniera amichevole e trasparente. Cerchiamo sempre di fare business in maniera seria e consapevole, non a tutti i costi mantenendo quella filosofia di innovazione nella tradizione che ci contraddistingue. Crediamo moltissimo nella tradizione, siamo molto legati al nostro territorio, alla nostra storia, al nome e alla famiglia. Crediamo in tutti questi valori e li portiamo avanti nell’innovazione. Evolversi sì, ma non a tutti i costi».
Luca Bisogni