Alcune considerazioni di Gianfranco Carubelli (foto), CEO responsabile qualità e sicurezza di Asachimici sulla puntata “Espresso nel caffè” di Report
A seguito delle anteprime e della puntata sul caffè di Report, il tema della pulizia della macchina espresso ha fatto e fa molto parlare di sé, con un flusso continuo di considerazioni, affermazioni, richieste di chiarimento e propositi di porre maggiore attenzione a quanto si fa e si riceve al banco bar.
Un “risveglio delle coscienze” senza dubbio positivo! Del resto le immagini dell’acqua fuoriuscita dalle macchine filmate in locali di Livorno, Brescia, Arezzo, Reggio Emilia, Milano, Napoli e Genova non hanno lasciato alcun dubbio sul fatto che di passi da compiere sulla “strada del pulito” ce ne siano ancora molti da fare, e che il livello globale del settore deve fare un deciso passo avanti, prendendo consapevolezza di cos’è la qualità, dalla materia prima al prodotto in tazza, passando per le delicate fasi della sua trasformazione.
Un salto di qualità che sarà possibile solo se tutti – torrefattori, costruttori di macchine, addetti all’assistenza e baristi – si impegneranno in tal senso, dando a quel “piacere” che tutti cerchiamo nella tazzina di espresso un’identità e caratteristiche ben definite, possibilmente prive di sentori di rancido, muffa e stantio di cui spesso sono imputate le torrefazioni, mentre per lo più sono causate dalla mancanza di un’adeguata manutenzione delle apparecchiature. In questo contesto, penso sia importante che il settore entri in un’ottica di formazione continua, consapevole di avere a che fare con un prodotto complesso, che da conoscere sempre più a fondo per poterlo trasformare al meglio nella tazzina di espresso, in un cappuccino ben fatto e gustoso e nelle tante preparazioni a base caffè.
Step by step
Prendo qualche spunto tra i tanti commenti pubblicati on line per cercare di chiarire o “correggere il tiro” di affermazioni errate inerenti la tematica della pulizia delle macchine, il mio pane quotidiano.
“L’acqua calda pulisce la macchina, non c’è bisogno di altro“: lo afferma più di un operatore. Tuttavia non è così. Se prendiamo una padella sporca di grasso e semplicemente la passiamo sotto un getto bollente, leveremo gran parte dello sporco, ma rimarrà una patina che solo un detersivo apposito potrà rimuovere. La stessa cosa avviene col caffè, che contiene una buona percentuale di grassi che, transitando prima nel macinadosatore poi nella macchina espresso, vengono rilasciati nella campana e nel dosatore del macinacaffè e successivamente in filtri, portafiltri e in tutti i passaggi d’acqua della macchina espresso.
Per rimuoverli è indispensabile utilizzare appositi “detersivi”, ai quali spetta il compito di rimuovere residui grassi, incrostazioni e cattivi odori, rispettando i componenti delle macchine. L’invito è pertanto non solo a effettuare la pulizia quotidiana della macchina espresso e ogni 2-3 giorni del macinacaffè, ma a porre attenzione ai prodotti che si utilizzano, che non devono essere aggressivi né per le apparecchiature né per chi li utilizza. L’assenza di simboli di pericolo e la presenza certificazioni come quella rilasciata dall’ente americano NSF – National Sanitation Foundation insieme a un’efficacia rilevabile già dal primo ciclo di pulizia, sono utili indicatori di prodotti in grado di svolgere il loro compito al meglio. Sbaglia invece un’operatrice che afferma di utilizzare ogni giorno un “acido” apposito: le sostanze acide possono corrodere e danneggiare le parti metalliche, accorciando la vita della macchina e dando sgradevoli sentori in tazza.
Gli italiani hanno poi scoperto il “purge”, che preferisco identificare con “flussare”, ovvero far fuoriuscire dal gruppo l’acqua che è stata sporcata dalla precedente estrazione, un’operazione di 2-3 secondi al massimo. Proviamo a pensare se, avendo chiesto un te, come reagiremmo vedendoci portare al tavolo una bustina e la teiera fumante con un liquido giallognolo giustificato da un “non si preoccupi, è solo un avanzo di un te che ho preparato al signore del tavolo accanto”.
Se per il te ci impunteremmo per avere acqua pulita, perché non lo facciamo con l’espresso? Le immagini impressionanti dei bicchieri con l’acqua marrone uscita dal gruppo evidenziano scarsa o nulla attenzione al cliente e alla qualità del prodotto, senza contare che le particelle presenti in quei liquidi spesso erano frammenti delle patine oleose di cui ho parlato sopra, che col tempo si sono cotte, bruciate e infine polverizzate, finendo nel liquido, dunque sulla polvere di caffè, dando un forte gusto amaro all’espresso, rendendolo anche nocivo sebbene, come ha affermato il professore intervistato nel corso della puntata, “in piccole dosi”.
Un’altra affermazione errata colta durante la trasmissione: “pulire la campana non pregiudica o migliora la qualità, è solo una questione estetica”. Non è solo “brutta da vedere”, ma è anche poco igienica (accettereste delle patatine servite in un contenitore di vetro incrostato dal grasso rilasciato in più giorni dai prodotti che hanno stazionato in esso?) e conferisce un odore sgradevole (ricordiamo quel rancido più volte riscontrato tra gli “aromi” degli espressi assaggiati dagli esperti nel corso del servizio televisivo) ai chicchi che transitano in essa.
Una verifica molto semplice di quanto la campana è sporca si può fare non solo guardandola, ma anche aprendo una nuova confezione di caffè: lo si annusa quando è ancora nel sacchetto o nel barattolo, fragrantissimo, quindi si apre la campana e si annusa il suo interno: solo chi ha davvero un brutto raffreddore può non cogliere la differenza!
Leggo anche che da martedì i clienti hanno fatto molte più domande ai baristi sulla qualità del caffè utilizzato, le sue caratteristiche, e osservano le operazioni di pulizia, prima di tutto la verifica del fatto che sia stata fatta flussare l’acqua dal gruppo prima di inserire il portafiltro. Ritengo che una clientela informata sia di fondamentale importanza per spingere il settore a virare verso la qualità. Da parte nostra siamo a disposizione di chiunque voglia conoscere a fondo il mondo della pulizia delle macchine per la trasformazione del caffè, le prassi da seguire e i prodotti da utilizzare. Concludo volentieri con una rapida affermazione di Milena Gabanelli: “Siccome paghiamo, dobbiamo pretendere almeno due cose: acqua e filtro puliti”.