A qualcuno può sembrare provocatorio, ma vorrei fare i complimenti al giornalista di Report Bernardo Iovene, perché è riuscito a raggiungere due importanti risultati: una grande audience con elevati picchi di ascolto e l’aver riportato l’attenzione di tutti gli operatori del caffè alla qualità.
In realtà Iovene è partito ponendomi una semplice domanda: “come faccio io consumatore medio entrando in un bar a riconoscere e comprendere se il caffè che mi sta servendo il barista è di qualità?”
Il primo aspetto che ho voluto evidenziare è stata la pulizia: se il barista compie determinate azioni come ad esempio il purge, abbiamo un primo indizio di qualità, di per sé non sufficiente, ma comunque un piccolo indicatore.
Dopo quella puntata molti mi chiamano Dario Mr Purge; in realtà oltre ad essere barista e formatore internazionale sono il Coordinatore Soci della Scae Italia.
Vorrei fare un passo indietro.
Nel 2011, subito dopo la fiera Host, in un Simposio in cui era presente il gotha internazionale del caffè, io azzardai un’osservazione < sì, siamo tutti bravi, tutti certificati, ma per ora rappresentiamo l’1% del mondo del caffè; dobbiamo trovare il modo di farci conoscere anche dal restante 99% che è molto lontano dalla nostra filosofia. Cerchiamo almeno di socchiudere la porta così da far nascere negli altri la curiosità di affacciarsi e scoprire il mondo del caffè di qualità >.
Con il purge, molti hanno iniziato a fare domande, a porsi in modo critico nei confronti del barista e si è così creato interesse, forse anche perché la pulizia viene associata alla salute e noi italiani siamo molto sensibili a questi argomenti.
Del resto, come si fa a fare qualità senza pulizia?
In questo contesto vorrei porre l’attenzione sul concetto di “Fare cultura”; è la frase più utilizzata da chi ama ed opera nel mondo del caffè di qualità. Associazioni ed aziende a volte “fanno cultura” da sole. Io credo sia invece necessario unire le forze e rivedere qualche concetto sul mondo del caffè.
Le idee nuove ed i progetti interessanti ci sono ma le regole ed i ruoli devono essere chiari: dare informazioni corrette, motivate e documentate, ragionare non per tornaconto personale; le associazioni devono essere neutrali, trasparenti, democratiche e le aziende devono collaborare, altrimenti non saremo credibili nei confronti degli operatori che vogliamo coinvolgere e dei clienti finali che devono bere e pagare il caffè: in Italia e all’estero.
In conclusione: continuiamo a certificarci, formarci e ricercare, iniziando a sostituirci al cliente finale per domandarci se e quanto è semplice riconoscere un buon caffè nei nostri bar.
Avrò piacere di confrontarmi con voi a Rimini durante il World of Coffee presso lo stand SCAE e scambiare così opinioni ed esperienze per perseguire un buon caffè e magari gustarci anche una buona tazzina.
Vi aspetto tutti.