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martedì 05 Novembre 2024
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Erika Giardino: «Fare il barista è un mestiere che a qualcuno può anche sembrare semplice»

La voglia di comunicare il mondo dietro alla tazzina al consumatore finale, raccontando la realtà di una filiera complessa fatta di persone, di Paesi e culture lontane. Questa è la missione che si è data una ragazza che da dietro al bancone, rappresenta l'ultimo anello di un settore variegato

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MILANO – Sono mesi in cui il mestiere degli operatori alle macchine dell’espresso è diventato complicatissimo: i locali chiusi, i consumatori lontani, il caffè solo d’asporto. Proprio in questo momento, ricordiamo attraverso la storia di Erika Giardino, barista di Frosinone, quanta passione ci sia dietro a un mestiere spesso sottovalutato. E di cui oggi tutti, anche i clienti più frettolosi e distratti, si sono accorti di avere estrema nostalgia.

Erika Giardino: che cos’è per lei il caffè? Un ricordo, un’abitudine, un tramite?

“È molto di più. Condivisione, incontro, riflessione, con se stessi e con gli altri. Con noi stessi perché in quel momento abbiamo bisogno di “staccare” dal mondo esterno.

In compagnia perché è il miglior “pretesto“ per potersi ritrovare, fare pace o -meglio- raccontarsi le più intime vicissitudini di fronte a qualcuno a noi caro.”

Potrebbe descrivere il suo mestiere?

“Barista, un mestiere che può sembrare semplice. Io l’ho sempre visto invece come l’ultimo anello della bellissima ma complessa catena del caffè, quella figura che introduce al consumatore finale quel mondo a lui ancora poco noto dietro quella tazzina estratta in 25 secondi e troppo spesso -purtroppo- consumata in un battito di ciglia.”

Erika Giardino, quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale?

Durante il primo corso di formazione. Sono una donna molto curiosa e vedere che dietro quella tazzina c’è un mondo mi ha portato a voler implementare la mia conoscenza. E non ho ancora smesso di imparare.”

E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?

“Sicuramente tutto è iniziato per lavoro, ma poi la voglia di sapere mi ha spinto oltre. Tanto da rendere il caffè parte integrante della mia vita.

Associare gusti e profumi ad origini di caffè, parlarne con amici e familiari, rendere “l’oro nero” la mia vita.”

C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?

Erika Giardino continua: “Si, la preparazione per la selezione della gara barista italiana Sca. Avevo fatto delle scelte per poter prepararmi al meglio lungo tutto il percorso, ma delle volte la vita ti regala sorprese. Così ho dovuto rimboccare le maniche e capire cosa realmente volessi fare. Ho cambiato piano, tirato fuori la mia forza e grazie all’aiuto di qualche amico sono riuscita ad avvicinarmi ad una scelta che mi ha portato ad un quarto posto.”

Che cosa direbbe a quella Erika Giardino del passato, in difficoltà?

“Di continuare ad essere determinata e di trovare sempre la forza di andare avanti davanti alle piccole e grandi difficoltà.”

E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?

“Studiare, formarsi, conoscere sempre più tutto ciò che le circonda senza mai perdere il sorriso, senza farsi fermare al primo ostacolo perché quelli ci saranno sempre.”

Descriverebbe la sua giornata tipo?

“Ho la fortuna di lavorare per un’azienda “Lavazza” come barista per fiere ed eventi, le mie giornate non si assomigliano mai!

Mi muovo molto durante l’anno. Ma imprescendibilmente la mia giornata inizia con un buona tazza di filtro.

Quando non lavoro, invece, molto sport! Amo la danza ed ancora oggi quando posso, torno a danzare oppure mi concedo qualche spettacolo a teatro. Pratico beach-volley e quando possibile snowboard.”

Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?

“Ci sono dati Istat ed indagini diffusi da organi come Freeda che ci spiegano la triste realtà dell’emancipazione femminile.

Lavoro per un’azienda “Lavazza” che è molto sensibile alle quote rosa e alla figura femminile sia fuori che dietro il banco. Questo mi ha permesso di affermarmi nel lavoro. Senza esser stata pagata di meno grazie o dovermi impegnare più di un mio collega di genere maschile.”

Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?

“Vi è stata una progressione negli ultimi 20 anni. Persino nelle competizioni. È stata la mia “storia di gara” nell’ultimo Sigep.

L’espresso, la bevanda latte e il signature drink a base caffè. Cosa è cambiato? Cosa cambierà? Anche nella degustazione.

Dalla miscela alla monorigine. Dal mainstrean allo specialty. La scelta del latte da “abbinare” al caffè.

La domanda giusta sarebbe “come vedremo evolvere il caffè?” E la risposta ce la darà solo il tempo.”

Come intende la giornata internazionale del caffè?

“Ho riunito il mio gruppo di amici, rigorosamente non coffee lovers, facendo loro degustare alcune origini che avevo in moka e V60, spiegando loro come tutte le lavorazioni dalla piantagione all’estrazione portassero a tazze divergenti.”

Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?

Conclude Erika Giardino”Domanda non semplice. Credo che la donna rispetto all’uomo abbia maggiore sensibilità e riesca, quindi, ad arrivare più facilmente al cliente, ma il vero tocco non ha genere ma avere una personalità propria e sincera.

La nostra vita si riassume in un sorriso. È quello che mi fa amare il mio lavoro.”

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