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martedì 05 Novembre 2024
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Dolcificanti: alternativi allo zucchero, ma aumentano la produzione di insulina

Gli effetti di salute dell’uso di questi dolcificanti sono per altro oggetto di un’ampia discussione nella comunità medica. In alcuni modelli sperimentali in vitro o nell’animale l’impiego di questi dolcificanti, attraverso la loro interazione con i recettori per il gusto dolce, si è rivelato in grado di indurre una secrezione insulinica: con la possibile conseguenza di modificazioni della glicemia

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MILANO – L’uso dei dolcificanti è piuttosto diffuso tra le persone che vogliono sostituire lo zucchero nella propria dieta. Addio le calorie di troppo, certo, ma quali siano gli effetti collaterali dell’assunzione di questi prodotti ancora è una discussione aperta tra le ricerche scientifiche. In che modo il loro consumo, ad esempio, è correlato all’aumento della risposta metabolica ad alimenti che contengono carboidrati? Proviamo a cercare una risposta dall’articolo pubblicato su nutrition-foundation.it.

Dolcificanti: facciamo chiarezza

I dolcificanti non calorici rappresentano, com’è ben noto, un’alternativa potenzialmente interessante per controllare gli effetti metabolici dell’assunzione di eccessive quantità di zuccheri semplici. La loro capacità dolcificante, da alcune decine ad alcune migliaia di volte superiore a quello dello zucchero da cucina (saccarosio), consente infatti di ottenere un gusto dolce adeguato, sia negli alimenti solidi e sia nelle bevande, senza apportare di fatto quantità significative di calorie. Gli effetti di salute dell’uso di questi dolcificanti sono per altro oggetto di un’ampia discussione nella comunità medica.

In alcuni modelli sperimentali in vitro o nell’animale l’impiego di questi dolcificanti, attraverso la loro interazione con i recettori per il gusto dolce, si è rivelato in grado di indurre una secrezione insulinica: con la possibile conseguenza di modificazioni della glicemia, e quindi dell’apporto di cibo o della risposta metabolica ad alimenti contenenti carboidrati. Alcuni autori ritengono che questi effetti spieghino i risultati degli studi di epidemiologia osservazionale che non hanno rilevato effetti favorevoli (e talvolta ne hanno rilevati di sfavorevoli) associati all’uso di questi dolcificanti sul peso corporeo o su parametri glicometabolici.

Risultati

I lavori esaminati in questa metanalisi, (26, per un totale di 452 soggetti arruolati) sembrerebbero invece escludere qualunque effetto significativo dei dolcificanti non calorici sulla risposta glicemica ed insulinemica postprandiale. Nei soli soggetti diabetici si è osservata una blanda riduzione dell’insulinemia postprandiale: un risultato favorevole, che gli autori tuttavia considerano con molta cautela.

L’impatto praticamente nullo di questi dolcificanti sulle risposte metaboliche esaminate

Suggerisce che molti degli effetti sfavorevoli emersi dagli studi osservazionali vadano pure valutati criticamente. In questi studi, infatti, da un lato non risulta facile stimare con esattezza l’esposizione ai dolcificanti dei soggetti arruolati, e dall’altro è presente un evidente rischio di “reverse causality”.

È in altre parole plausibile che soggetti con anomalie metaboliche, quali il sovrappeso, la sindrome metabolica, l’obesità o diabete, tendano a usare questi dolcificanti in misura maggiore rispetto ai soggetti non portatori delle stesse patologie. Nel tentativo di limitare l’apporto calorico da zuccheri, e che l’associazione rilevata tra il consumo dei dolcificanti e la presenza di queste patologie sia quindi guidata dalla presenza della patologia, e non conseguente all’uso dei dolcificanti.

La metanalisi suggerisce quindi, nel complesso, che questi dolcificanti possano essere utilizzati nel controllo dell’apporto calorico da zuccheri semplici senza temere che il loro consumo si rifletta in modo sfavorevole sulla risposta glicemica ed insulinemica postprandiale. Rimane invece aperta la possibilità, sollevata da altri autori e non esaminata in questa metanalisi, che gli stessi dolcificanti aumentino la tendenza delle persone a ricercare il gusto dolce, o influenzino il microbiota intestinale. Questi aspetti andrebbero indagati in studi sperimentali ad hoc.

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