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Dolce zucchero, quanto ci costi? FIPE denuncia lo spreco in bar e ristoranti

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MILANO – Rispetto a suo cugino l’espresso, sui banconi di bar e ristoranti è spesso lo zucchero a passare inosservato. Punta su quest’ultimo i riflettori uno studio della Fipe (Federazione Italiani Pubblici Esercizi) che ha comparato i consumi della versione in bustina a quella in zuccheriera nei locali pubblici.

Gli appassionati del dolcificante non riescono a dosare perfettamente il contenuto delle bustine creando di fatto uno spreco pari a 46,3 milioni di chili, nettamente superiore a quello che si ha con il saccarosio in zuccheriera (32,4 milioni di chili).

Tradotto in percentuali, le bustine determinano il 63,5% in più di costi a carico dei consumatori.

Lo zucchero in bustina fu introdotto nel 2004, nel rispetto di una Direttiva europea del 2001. Questa norma comunitaria prevede la somministrazione del prodotto solo preconfezionato.

Tuttavia il Ministero delle Attività Produttive ha permesso nei pubblici servizi le dosatrici con beccuccio. Al posto delle vecchie zuccheriere con coperchio.

Le zuccheriere non portano rischi alimentari

“Non ci sono ad oggi evidenze che dimostrino che l’uso delle tradizionali zuccheriere comporti rischi sul piano della sicurezza alimentare”. Lo ha detto Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe. Secondo Cursano la norma le vieta solo per far aumentare il consumo, anzi lo spreco di zucchero. E aggiunge: “Ribadiamo la nostra responsabilità sociale contro lo spreco e per la salute dei consumatori”. “Fermo restando che gli esercenti devono essere liberi di scegliere le modalità di servizio da offrire ai clienti”.

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