MILANO – Ora la crisi ha rallentato un po’ l’Italia ma le imprese stanno cercano nuovi mercati all’estero. 500 aziende, 2,5 milioni di distributori, 30 mila addetti e 2,6 miliardi di ricavi. In più il 25% delle macchine erogatrici attive in tutta Europa sono made in Italy. I maggiori protagonisti. Sulle pagine dell’inserto Economia & Finanza del quotidiano La Repubblica, é stato pubblicato lunedì un articolo, firmato da Christian Benna, che analizza la situazione della distribuzione automatica in Italia.
Ve lo proponiamo.
La pausa caffè perde qualche colpo in Italia, ma conquista i mercati esteri. Non è un cambiamento di abitudini nazionali, ma i riflessi di una crisi che colpisce l’occupazione e quindi riduce gli spazi del business di riferimento della distribuzione automatica, quali sono gli uffici e le fabbriche.
Dopo anni di crescita, nel 2012 il vending ha accusato una leggera battuta di arresto, pari allo 0,3% del fatturato complessivo, ma che arriva quasi al 4% se si escludono dalla stima le nuove installazioni (principalmente quelle outdoor: stazioni ferroviarie, piazzole di rifornimento, metropolitane).
Il calo infatti corrisponde a una severa contrazione di alcune tipologie di consumo, quelle “classiche” del vending: meno 3,9% per le bevande calde, 2,9% per quelle fredde e 5,1% per gli snack.
«Siamo uno dei pochi comparti in Italia ad aver registrato tassi di crescita anche in periodi di cattiva congiuntura.
Questo fino al 2011, e grazie a prezzi bassi dei prodotti al distributore.
L’anno scorso è arrivato uno stop che preoccupa ma che allo stesso tempo invita a puntare su diversificazione di prodotto e nuovi mercati, dove non si sente la crisi», dice Lucio Pinetti, presidente di Confida, l’associazione di Confcommercio che riunisce 500 aziende del vending, l’80% del totale.
«Il vending è un settore ancora poco conosciuto. Eppure è un’eccellenza che unisce tecnologia e tradizione ed è veicolo per i nostri prodotti anche all’estero».
Il 25% delle macchine installate in Europa porta una firma italiana
Fabbricate principalmente in aziende di medie dimensioni della Lombardia e del Nord Est. «Tutte imprese che non hanno delocalizzato. Ma continuano a produrre in loco», continua Pinetti. Il 60% del loro fatturato proviene dall’estero.
Per alcune, come è il caso di RheaVendors, gruppo di Varese nato da una costola di una fonderia negli ani Sessanta, il fatturato estero sale all’80-90% del totale.
Forte vocazione internazionale anche per N&W Global Vending di Bergamo
Nata dalla fusione della danese Wittenborg e l’italiana Necta Vending Solutions. Che oggi fattura 350 milioni di euro e impiega 1500 dipendenti.
«A monte della filiera – dice Pinetti- registriamo alcune difficoltà. La criticità resta l’aumento dei costi delle materie prime a fronte di un prezzo al consumo fermo da un decennio. Che ha così determinato una progressiva erosione della marginalità. Solo chi ha sviluppato una forte rete sui mercati esteri esce indenne dalla crisi».
Non solo pausa caffè
Negli ultimi anni le aziende hanno investito in tecnologia per trovare nuovi sbocchi di mercato. (le aree di rifornimento di carburante, metropolitane; condomini, luoghi pubblici in genere). E anche tipologia di acquisti (libri, abbigliamento, elettronica).
In cantiere c’è anche il progetto di realizzare piccoli shop free comune aperti 24 ore su 24 grazie all’utilizzo di distributori intelligenti. «Questi investimenti hanno permesso di contenere la crisi».
Secondo Lucio Pinetti
Il vending è anche una cartina tornasole del lavoro e dell’economia. «Disoccupazione e cassa integrazione evidentemente penalizzano i distributori automatici di fabbriche e uffici. Ma se osserviamo il venduto scopriamo altri trend interessanti».
Ad esempio dall’analisi dei consumi di bevande emerge che aumenta del 10% l’acquisto di acqua frizzante a discapito di altri drink gassati (-3,6%), succhi di frutta (-4,9), the freddo (-6%).
Se a monte della filiera del vending, l’industria stringe i denti e punta all’estero, le società di gestione dei distributori scommettono o ancora su fusioni e aggregazioni.
Negli scorsi anni questo segmento di mercato è stato attraversato da numerose operazioni di concentrazione. Con i fondi di investimento pronti ad accaparrarsi le società leader di mercato; come Ivs Italia, 300 milioni di euro e oggi quotata a Piazza Affari, e Argenta, 1500 addetti e oltre 200 milioni di ricavi.
Grazie all’iniezione di capitale del fondo Cognetas, Argenta ha dato vita a una campagna di shopping (Brekky, la prima catena di shop automatizzati in franchising, Caffé Granduca, ramo d’azienda di Buonristoro) che potrebbe arricchirsi presto di altri marchi.
Dice Stefano Fanti, direttore generale della società: «Stiamo investendo ancora per incrementare il canale outdoor. E in questo senso va letto il nostro accordo con Eni, con 150 punti vendita installati nei distributori della compagni petrolifera.
Ma continuiamo a tenere accesi i radar per altre opportunità di acquisizione».
A lato, un distributore automatico di bevande e snack
Il rallentamento della crescita è dovuto al diminuito consumo in uffici e fabbriche a causa della crisi economica Qui a lato, il presidente di Confida Lucio Pinetti
Christian Benna
Per saperne di più: http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2013/01/21/news/vending_il_boom_del_bar_automatico_6_miliardi_di_consumazioni_nel_2012-51000779/