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lunedì 04 Novembre 2024
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Il punto sul dirty coffee insieme ai professionisti specialty, Luca Palazzi (Fax Factory) e Andrea Lattuada (9bar): c’è chi lo ama e chi lo definisce soltanto una moda

L'ideatore dovrebbe essere stato Katsuyuki Tanaka, fondatore del Bear Pond Espresso di Tokyo, che per ovviare al problema dell’annacquamento del caffellatte freddo di cui si era lamentata una sua conoscente, ha pensato alla soluzione: versare direttamente la tazza di espresso caldo nel latte ghiacciato, e conferire in questo modo un’interessante stratificazione che è anche scenica – o instagrammabile -

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MILANO – Le mode che arrivano in Italia, spesso in ritardo e spesso dall’Oriente, ciclicamente ritornano e fanno notizia sul web sotto forma di tendenze travolgenti: ultimamente si sente tanto parlare del dirty coffee, che secondo le leggende online avrebbe avuto origine a Tokyo nel 2010 come spesso accade, in seguito ad un incidente di percorso – in tutti i sensi -.

L’ideatore infatti, dovrebbe essere stato Katsuyuki Tanaka, fondatore del Bear Pond Espresso di Tokyo, che per ovviare al problema dell’annacquamento del caffellatte freddo di cui si era lamentata una sua conoscente, ha pensato alla soluzione: versare direttamente la tazza di espresso caldo nel latte ghiacciato, e conferire in questo modo un’interessante stratificazione (fenomeno di cui abbiamo parlato tempo addietro qui e qui) che è anche scenica – o instagrammabile -.

Questo – letteralmente – “caffè sporco” non è altro che un espresso in single o double shot, versato lentamente in un bicchiere di latte freddo. Ricorda qualcosa, ovvero una ricetta base latte che non conosce l’influenza delle mode: l’iced latte. Che però, ricordiamo, ha il ghiaccio.

E allora, possiamo davvero parlare di novità? Può considerarsi un buon modo per parlare di espresso di qualità?

Ne abbiamo parlato con diversi operatori che di miscelazione ne sanno qualcosa: Luca Pallazzi uno dei titolari di Fax Factory e Andrea Lattuada di 9bar Coffee Academy and Shop.

Dirty coffee: così, a caldo – o forse meglio dire a freddo – le sensazioni di alcuni professionisti

Luca Palazzi a lavoro (credits, Valentina de Santis)

Luca Palazzi apre il dibattito: “I trend di questo genere sono dei fenomeni che andrebbero studiati a fondo. Se è vero come ho letto in giro online, che il dirty coffee nasce quando una cliente ha ordinato un caffellatte freddo con ghiaccio da portar via, che poi camminando si è sciolto annacquando la bevanda, mi viene da pensare come prima cosa che il bar e la meta finale dovevano avere circa 5/6 km di distanza uno dall’altra.

Voglio dire che bisognerebbe partire dalle basi per rendere credibile una buona fesseria: serve una bella leggenda metropolitana dietro. Quindi, a parer mio ci troviamo nuovamente di fronte al solito e inutile trend caffeicolo su cui si ricama con un po’ di classico storytelling. Per il resto non mi esprimo, o forse già l’ho fatto?

Concludo dicendo che il dirty coffee, la sua composizione ed esecuzione non è altro che un iced latte senza ghiaccio, quindi, teoricamente, non è stato inventato niente.

Per chiudere in bellezza, Andrea Lattuada un po’ controcorrente, spezza più di una lancia per questo abbinamento:

lattuada bazzara
Andrea Lattuada (immagine concessa)

A me piace da matti. Perché? Perché avvicina le persone agli specialty coffee. Bevo ogni mattina il dirty coffee, anche d’inverno, ma fatto con la bevanda vegetale all’avena fredda dal frigo.

Sensorialmente fa percepire meglio il caffè versato sopra. Per chi non è abituato a bere specialty, il latte aiuta a far emergere con la sua base fredda e dolce, la sua consistenza più cremosa che restituisce una buona mouth feel, valorizza già dai primi sorsi i flavour del caffè usato, sdrammatizzando.

Il dirty coffee a siistra con il latte vaccino e a sinistra con la bevanda vegetale a base di avena (credits Andrea Lattuada)

Rispetto all’iced latte il vantaggio è quello di poterlo servire senza ghiaccio e inoltre in questo caso la parte di latte risulta più predominante, perché si parte da 180 ml ma si può arrivare sino ai 240 ml (contro i 70-80ml nel dirty coffee) e 30 ml di caffè.

E poi il dirty coffee non si miscela, quindi la sensazione della temperatura che cambia man mano che si beve (a differenza dell’iced latte che è già mischiato e con il ghiaccio) è piuttosto piacevole.

Secondo me può funzionare soprattutto tra i giovani in Italia, che vogliono avvicinarsi al caffè di qualità. Trovo il dirty coffee la prima ricetta che non nasconde il sapore del caffè, ma può esaltarlo. Tante persone bevono l’espresso macchiato perché è imbevibile altrimenti.

Logicamente si deve partire sempre dalla qualità della materia prima, usando il caffè di una certa qualità. Ad esempio i caffè fermentati, se bilanciati correttamente nel dirty coffee, diventano eccellenti.

Quindi, in definitiva, se è una bevanda che serve a far bere l’espresso buono e di qualità, a chi prima non lo beveva, ben venga.”

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