MILANO – Ritorniamo su un argomento di grande attualità, e non soltanto durante il periodo estivo e nei centri turistici: quello dell’uso del bagno degli esercizi pubblici. Ce ne siamo occupati diverse volte, in questo caso riprendiamo l’articolo de La Repubblica a firma di Federico Formica che entra nel tema in modo approfondito e documentato. Esaminando tutti gli aspetti, anche quelli dei regolamenti comunali che i pubblici esercizi debbono rispettare.
di Federico Formica
Ogni estate ha i suoi tormentoni, ma ce n’è uno che torna puntuale ogni anno: l’uso del bagno nei bar. Dev’essere fornito gratuitamente o bisogna per forza consumare, magari prendendo un caffè o una bottiglietta d’acqua?
L’ultimo capitolo di questa storia è stato scritto a Venezia, dove il titolare ha chiesto un euro – con tanto di scontrino fiscale – all’avventore che, senza aver acquistato nulla, aveva chiesto di poter accedere alla toilette.
È una richiesta legittima? “Il fatto che i bar siano pubblici esercizi non significa che chiunque possa entrare e utilizzare il bagno o sedersi a leggere il giornale senza consumare nulla”, spiega Domenico Romito, legale e presidente dell’associazione Avvocati dei Consumatori.
“Va detto, però, che in questi casi è il regolamento comunale che stabilisce come ci si deve comportare. Un Comune, ad esempio, potrebbe imporre che gli esercizi pubblici debbano tenere aperto il bagno ai turisti, a prescindere dal fatto che siano clienti, magari perché i bagni pubblici sono stati tolti in tutta la città, cosa che accade sempre più spesso.
Salvo regolamenti comunali specifici – precisa invece l’avvocato – la norma di riferimento è l’art. 187 del Tulps (Testo unico Leggi Pubblica Sicurezza) che ne impone l’uso gratuito per la clientela”.
Nel caso di Venezia, regolamento alla mano, sembra proprio che non si possa pretendere la toilette senza aver consumato. All’articolo 11, secondo comma del testo che regola i servizi pubblici comunali, infatti, è scritto: “Tutti gli esercizi pubblici devono avere almeno un servizio igienico destinato alla clientela”. Clientela, appunto: cioè persone che consumano e pagano.
“I bagni in bar e ristoranti sono pensati perché la clientela possa lavarsi le mani e consumare il pasto nella massima pulizia, e questo lo si può fare solo se c’è un lavabo, un water e acqua corrente.
Considerare i pubblici esercizi delle toilette pubbliche è però un’altra cosa” spiega Ernesto Pancin, direttore dell’Aepe (Associazione esercenti pubblici esercizi) di Venezia.
Detto questo: è giusto pretendere denaro da un non-cliente che chiede di usare il bagno? Secondo l’avvocato Romito la risposta è no. “Il bar ha licenza per vendere alimenti e bevande, non per fornire servizi igienici. Non si può chiedere un corrispettivo per un servizio che non è l’oggetto della propria attività”. Insomma: o si dice di no, o si dice sì ma senza chiedere nulla in cambio.
Ribatte Pancin: “Non si tratta di chiedere soldi a scopo di lucro ma per aver fornito un servizio che, comunque, all’esercente costa. Come la pulizia del bagno. Se per usare il bagno si chiede un euro, con tanto di scontrino, non vedo alcun problema. Anzi, è giusto”.
Al di là di leggi e regolamenti, in questa eterna polemica un solo principio vale sempre: il buon senso.
“Nessun esercente nega la toilette a chi la chiede con educazione né alle persone che hanno necessità particolari. Viceversa, chi entra e pretende, con maleducazione, otterrà la risposta che merita e l’esercente applicherà la legge alla lettera”.