MILANO – Su molte notizie, sempre di taglio scientifico, talvolta con riferimenti a giornali al di sopra di ogni sospetto, si è iniziato a scrivere da qualche settimana, e sempre più spesso, di “dipendenza da caffe”, come se il caffè fosse una droga pesante.
Non conosciamo i motivi che abbiano spinto quegli autori, ne trovate a decine sul Web, a scrivere sulla dipendenza da caffè.
Quello che sapevamo, sulla base di tutti i testi internazionalmente riconosciuti, è che “il caffè non provoca dipendenza fisiologica” come invece fanno droghe, tabacco e alcol.
Qualcosa legato ai rito del caffè e alle fasi della giornata sì, ma nulla di più.
Per chiarirci definitivamente le idee abbiamo posto la domanda al professor Carlo La Vecchia, il ricercatore che, all’interno dell’Istituto Mario Negri di Milano, organismo scientifico indipendente di riconosciuta fama mondiale, si occupa specificamente di caffè e ne riferisce spesso in convegni e articoli.
Ecco la sua risposta. “La dipendenza da caffè, se esistente, è molto blanda, ed essenzialmente si riduce alla tendenza a bere caffè in certi orari e situazioni. Non è descritta una sindrome da astinenza, se non qualche lieve fastidio e modesta cefalea.
Se per un giorno non si beve caffè, non si hanno problemi maggiori. In questo senso, l’uso del termine dipendenza può essere inappropriato.
Se per dipendenza si intende il fatto che molto consumatori tendono a consumare caffè nelle stesse situazioni, questo è vero”.
Con un cordiale saluto
Carlo La Vecchia