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lunedì 25 Novembre 2024
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Dietro gli spot del cacao allusioni erotiche e il richiamo dello status symbol

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MILANO – Sul sito di notizie online Lettera 43 è apparso questa interessante analisi sulla pubblicità del cioccolato di Rossana Malacart*. Ve la proponiamo.

San Valentino e il cioccolato: un binomio tradizionale, capace di evocare romanticismo e sentimenti. Dolcezza allo stato puro, melassa per gli innamorati, nel giorno a loro dedicato, e per le donne. Perché è soprattutto a loro che, nell’immaginario collettivo, è destinato l’omaggio al sapore di cacao. Eppure, a ben vedere, non sempre cioccolato e sentimento viaggiano su binari paralleli.

Perché è un dato di fatto: pubblicitari ed esperti di marketing hanno trasformato il semplice atto di mangiare una barretta o un cioccolatino in un’esperienza al limite della decenza. Spettacolarizzando la comunicazione dei prodotti a base di cacao, sia in televisione sia sulle pagine dei giornali, utilizzando come testimonial attrici belle e famose o con foto patinate e molto sensuali.

UN MOMENTO DI PIACERE. In diversi spot pubblicitari, infatti, la protagonista – una giovane di solito piuttosto attraente che addenta la tavoletta, morde un biscotto o gusta un cucchiaino di gelato – sembra provare un piacere che rasenta quello sessuale (almeno a giudicare dalle sue espressioni). E, allora, il gelato al cioccolato si trasforma in oggetto di desiderio: basta appiccicare al nome un evocativo ed esotico temptation, mentre il biscotto al cacao diventa, nel claim pubblicitario, il tuo «appuntamento quotidiano con il piacere»: le immagini sono eleganti e sofisticate, ma con un retrogusto decisamente hot.

UNO STATUS SOCIALE. E non manca, in alcuni casi, un riferimento al limite del sociologico: consumare un certo tipo di cioccolato (quello delle marche più care, ovvio) è segno di appartenenza a una classe sociale agiata, che apprezza e può permettersi certi piaceri e certi lussi. Il risultato sono messaggi che vogliono comunicare, soprattutto alle donne, che il cioccolato – lontano dall’essere una minaccia per la cellulite e il peso – è sexy, elegante e di classe. E mangiarlo può rappresentare un momento di autogratificazione. Insomma, una tentazione alla quale cedere volentieri (e non necessariamente in compagnia, tanto meno maschile).

Allusioni sessuali e riferimenti sociologici. La pubblicistica poi, informa periodicamente – soprattutto dalle pagine dei rotocalchi femminili – sulle doti dell’alimento, via via scoperte da esperti e nutrizionisti che vanno da proprietà afrodisiache alla creazione di endorfine, sostanze che migliorano l’umore. Ti ha lasciato il fidanzato? Mangiati una tavoletta e ti sentirai meglio. Sei in crisi al lavoro? Una bella fetta di torta al cioccolato e passa tutto. E via con filmati e immagini sempre più esplicite.

LE FESTE DELL’AMBASCIATORE. Esagerazioni di marketing del terzo millennio? Forse no. Chi ha circa 40 anni non può non ricordare il famoso cioccolatino offerto alle ‘feste dell’ambasciatore’ – in un commercial che spopolava negli Anni ’80 – dove prevaleva l’argomento dello status sociale rispetto a quello sessuale. Che non mancava, però, nella strategia di comunicazione dello stesso produttore. In un altro filmato (che si può considerare un mix tra i due aspetti, quello più sociologico e quello più piccante), il coté sensuale veniva infatti evocato, anche se in modo discreto, da un’elegante signora upper class. Rivolgendosi al proprio maggiordomo, la donna sosteneva di «non aver proprio fame, ma voglia di qualcosa di buono». E a quel punto, le ipotesi su che cosa la protagonista dello spot in realtà si aspettasse dal fido domestico potevano essere le più diverse. E non tutte di classe.

«È UN PIACERE MORDERLO». Di sicuro pochissima classe, invece, aveva il famoso spot, introvabile forse per questo persino su Youtube, di un cioccolato a blocchi che in sottofondo proponeva un motivetto orecchiabile: «Quando è lungo così, quando è grosso così, è un piacere morderlo». Quello è passato agli annali: tanto da vantare più di una pagina di fan su Facebook. In quel caso, la componente sessuale era smaccata, senza alcun rimando elegante o sofisticato. E infatti lo spot ebbe vita breve, pur rimanendo nell’immaginario collettivo, ma forse non abbastanza da indurre il committente (una nota multinazionale alimentare) a proseguirne la messa in onda.

Edonismo sfrenato, disimpegno e affettività adolescenziale sempre uguale a se stessa, invece, negli anni, pur con variazioni sul tema, e giocata su una comunicazione delicata, che rimanda a un’affettività quasi adolescenziale, la promozione commerciale di un italianissimo cioccolatino, che proprio nel 2012 compie 50 anni. Qui nessuna leva su argomenti di tipo sessuale, ma un messaggio che ha puntato sul sentimento, senza cavalcare le mode e le più recenti tendenze di marketing che inseguono una donna sempre più presa tra mille impegni: la casa, il lavoro i figli e un marito distratto.

UN MARITO AL CIOCCOLATO. E in tema di compagni poco presenti l’attrice comica americana Tina Frey – famosa negli Stati Uniti per le sue parodie della paladina del Tea Party, Sarah Palin – ha preso in giro le pubblicità tutte «sesso e cacao» degli ultimi anni con un divertente filmato, dove viene pubblicizzato un marito al cioccolato «creato per donne single». Ma perché in tema di cioccolato la comunicazione pubblicitaria in epoche diverse ha fatto leva sui medesimi argomenti?

Negli Anni ’80 probabilmente era solo il piacere fine a se stesso: un po’ sfacciato ed esibito. In fondo, erano gli anni dell’edonismo sfrenato, quello che Roberto D’Agostino (futuro creatore del sito di gossip, ma non solo, Dagospia) chiamava «reganiano». Erano anche gli anni, in tivù, di Colpo grosso e delle ragazze cin-cin, dello Studio 54 di New York, della disco music e del benessere economico. Del disimpegno politico sbandierato, dopo i bui Anni ’70: quelli del terrorismo, del femminismo e delle battaglie per la liberazione sessuale. Ossessione erotica e auto gratificazione.

Ora, i motivi che stanno alla base di una comunicazione pubblicitaria spesso orientata al richiamo sessuale sembrano derivare da un’imperante ossessione estetica. In un mondo dove la magrezza femminile è assurta a valore quasi imprescindibile – una famosa modella ha candidamente rivelato, qualche tempo fa, di non mangiare cibi solidi per due settimane prima di una sfilata di intimo – mangiare cioccolato deve essere “venduto” alle donne come momento che sottintenda un piacere diverso da quello puramente gastronomico.

EROS E GRATIFICAZIONE. E l’aspetto erotico, unito a quello dell’autogratificazione, sembra centrare nel segno. Perché è un fatto: il cioccolato, soprattutto se diventa un appuntamento quotidiano, fa ingrassare. E se tante ragazze, ma anche donne più mature, inseguono canoni di bellezza che le vogliono sempre più esili, sottili e giovani (la modella di 10 anni di una campagna Versace young, figlia di una famosa top model degli Anni ’80, è notizia recente) la tavoletta, il cioccolatino o lo snack dovrebbero in teoria essere off limit.

In un caso o nell’altro, che prevalga nella comunicazione pubblicitaria il voyerismo un po’ sfacciato e pecoreccio, come negli Anni ’80, o trionfi il diktat della donna snella a tutti i costi, il risultato è lo stesso: per vendere (e non solo il cioccolato) non c’è niente di meglio del corpo delle donne.

 

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