MILANO – La religione ispira anche in fatto di caffè: qual è il collegamento tra la bevanda un tempo considerata di Satana e la fede cristiana? Un’iniziativa che avrà luogo venerdì 7 febbraio, all’interno dell’Istituto Alberghiero Prever di Pinerolo. Nata prendendo spunto dalla lettera pastorale scritta dal vescovo Derio. Leggiamo la notizia e la lettera completa dal sito vitadiocesanapinerolese.it.
Derio sul rito sociale del caffè
Saranno tante e diverse le voci che venerdì 7 febbraio, nell’auditorium dell’Istituto Alberghiero Prever di Pinerolo, si confronteranno sul tema del convivio. L’iniziativa, voluta dal dirigente scolastico Rinaldo Merlone, prende le mosse dalla recente lettera pastorale del vescovo Derio “Vuoi un caffè?” nella quale si legge: «Il caffè è un “desiderio di relazione”. Ti offro un caffè per nutrire il nostro legame. Ti offro un caffè perché ho “bisogno” di te. Il caffè è il simbolo del nostro costante bisogno di relazione. E la relazione non si genera nello scambio, ma nel dono».
Il convengo, con inizio alle 17.45, metterà insieme rappresentati di fedi religiose ed esperti di cucina. Primo tra tutti Roberto Bianchi, insegnante di sala-vendite ed autore di numerose pubblicazioni tra cui un manuale tecnico proprio sul caffè.
Il vescovo Derio aprirà poi una serie di interventi improntati alle tradizioni conviviali cristiane, seguito da Ciprian Ghizila, pope della chiesa romena ortodossa e dal pastore Gianni Genre. Allargando ulteriormente gli orizzonti, in un contesto sempre più multietnico e multi religioso come è quello attuale, prenderanno la parola Musleh Rami e Giorgio Daleo, delegati del gruppo amicizia islamo-cristiana e Roberta Anau, autrice con Elena Loewenthal di una storia della cucina ebraica.
Chiuderà il convegno, introdotto da Rinaldo Merlone e moderato da Patrizio Righero, direttore Vita Diocesana Pinerolese, Vittorio Castellani “Chef Kumalé”
Che ama definirsi un “GastroNomade”. Food writer per autorevoli testate giornalistiche e autore di numerosi libri Castellani, attivissimo sul web e sui social, è noto per le sue partecipazioni radiofoniche e televisive.
Passando dal microfono alla forchetta, al termine del convegno (alle 19.45) verrà servita una cena ispirata al tema del caffè, preparata dagli insegnanti Pierfranco Dellacà e Alberto Ferrero insieme agli studenti dell’Istituto Alberghiero (le prenotazioni per la cena sono già state chiuse).
Ecco il testo della lettera del vescovo Derio
Lo scorso anno abbiamo iniziato guardando una pagnotta. Quest’anno ti propongo una tazza di caffè. Prova ad immaginare una buona tazza di caffè, senti il profumo che ti accarezza le narici. Prova ad immaginare la scena in cui dici a qualcuno: “Vuoi un caffè?”. Magari l’hai incontrato per caso in piazza o in un negozio, oppure state andando ad un impegno di lavoro e lo inviti a prendere un caffè. Magari sei nella pausa di lavoro o state passeggiando o siete in viaggio in autostrada. Oppure sei in casa e arriva un amico o un’amica a trovarti. E tu offri un caffè. Che cosa succede? A prima vista sembra un gesto semplice, quasi automatico, ma in realtà con quel gesto esprimi aspetti importanti della tua esistenza.
Derio: innanzitutto dici: “Ho tempo per te”
Probabilmente hai mille cose da fare eppure ti fermi con quella persona per un caffè. “Perdi tempo” per lei. Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo. La vita è fatta di tempo. Regalare tempo è il regalo più prezioso. Regalare tempo significa regalare “un pezzo della propria vita”. Offrire un caffè significa offrire un frammento di vita. Lo so, un caffè vale soltanto un euro, ma il tempo che dedichi all’altro mentre prendi il caffè vale oro. Ad ogni sorsata gli stai dicendo “Tu vali!”, perché addirittura meriti il mio tempo. Anzi, dici di più. Dici l’unicità dell’altro. Perché il caffè lo stai prendendo proprio con lui, il tempo lo passi proprio con lui, con lei.
È proprio lui quello a cui scegli di donare il caffè e il tuo tempo. Lui, per qualche minuto, si sente “unico” per qualcuno. E questo è un dono meraviglioso. La relazione fa sentire unici. Viene da chiedersi: “Ma perché fai un regalo così prezioso? Che te ne viene in tasca?”. Effettivamente, a prima vista, è uno spreco: ci perdi un euro e ci perdi il tuo tempo. Sei tu che paghi e chissà se lui ricambierà. E chissà quando. Eppure tu lo offri, adesso. Rischi di perderci.
Lo offri e basta. Gratuitamente. Perché? Per passare un po’ di tempo insieme
Per costruire un legame con lui. Ecco, è il tempo passato insieme la vera restituzione. Il caffè è un “desiderio di relazione”. Ti offro un caffè per nutrire il nostro legame. Ti offro un caffè perché ho “bisogno” di te. Il caffè è il simbolo del nostro costante bisogno di relazione. E la relazione non si genera nello scambio, ma nel dono. Non creo relazione con la cassiera del supermercato a cui do i soldi della spesa, ma con la persona a cui, gratuitamente, offro un caffè. La relazione si nutre di dono. Offrire un caffè è un atto di fiducia. Vuol dire: “Mi fido di te”. Entro con te nel bar, mi siedo accanto, addirittura ti confido qualcosa di me. Mi metto “nelle tue mani” perché ti riconosco affidabile. Ti faccio un regalo senza chiederti di contraccambiarlo.
Derio: un caffè è un atto di fiducia
Rischio il mio tempo. Oso rischiare i miei soldi e il mio tempo. Mi sporgo verso te senza garanzie. E questo è un atto di fiducia. La relazione vive di fiducia. Per costruire una relazione devo donare senza esigere garanzie, senza pretendere risultati. Condividere, non esigere. Mettersi nelle mani dell’altro, non ridurre l’altro in nostro potere. Ogni relazione vive di fiducia. Mentre prendi il caffè parli. A volte nascono lunghe conversazioni attorno ad una tazza di caffè, altre volte c’è il tempo per poche battute. Quando offri un caffè, offri sempre alcune parole. E, si sa, le parole sono briciole di noi che volano verso l’altro. In queste parole ci sei tu: i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, il tuo punto di vista, i tuoi ricordi, i tuoi affetti, la tua fede. Mentre parli doni qualcosa di te. E ascolti l’altro, cioè lasci entrare in te briciole dell’altro. Vi abbracciate nelle parole, vi esponete, vi accogliete. In una parola vi incontrate. Prendere un caffè serve a ridurre il confine. Ti incroci per caso con l’altro, all’uscita da un negozio. È da tempo che non vi vedete. Si è creata una distanza, un po’ di polvere sulla vostra relazione. Entrate nel bar, vi sedete. Le prime frasi sono spesso generiche: il tempo, il calcio, come stai, i tuoi… Intanto arriva il caffè. Si parla. Le distanze si accorciano. Il muro si assottiglia. Si sgela il clima, ci si avvi
Derio: il caffè è un cammino. Per ricucire le distanze
Ogni relazione è un lungo cammino insieme. Verso l’altro. Ogni caffè è una promessa. Accettare di prendere un caffè con un altro significa fare una promessa. Se sono qui con te, se ti regalo un caffè, il mio tempo, le mie parole, la mia fiducia, significa che ci tengo a te davvero. Dunque il mio stare seduto qui, accanto a te, diventa una promessa: ci sono e ci sarò.
Non sto scherzando, non sto cercando di “far passare il tempo”. No, sto dicendoti che credo in questa relazione. Anzi, ti sto promettendo che ci crederò anche domani. Ti sto promettendo che conserverò prezioso nel cuore questo tempo trascorso insieme, in attesa del prossimo caffè. Offrire un caffè significa accendere la voglia di un altro caffè in futuro. Le relazioni vivono di promesse e di speranza. “Vuoi un caffè?” è un bel gesto di libertà. Non è un obbligo. Non sono costretto. Non è dovuto, bensì scelto, donato. È un atto gratuito. Fatto senza condizioni: non ti chiedo qualcosa, non ho secondi fini. E senza condizionamenti: non lo faccio per paura o perché sotto minaccia. È un atto liberamente scelto. E, soprattutto, totalmente donato. A fondo perduto. Perché questa è la libertà: non è solo la facoltà di scegliere, ma la capacità di giocarsi.
Ogni caffè è una promessa
Le relazioni vivono di queste libertà. Ogni relazione esige libertà, non sopporta costrizioni. E, soprattutto, ogni relazione esige la capacità di giocarsi. “Vuoi un caffè?”. Pochi minuti pieni di gratuità, libertà, fiducia, relazione, ascolto, promessa. Pochi minuti per dire: “Ho tempo per te “. Pochi minuti “sprecati”, regalati. Un vero “dispendio” di tempo e di soldi. Eppure così ricchi. Prendere un caffè insieme ci può ricordare che Dio è Colui che “ha sempre tempo per te”, Colui che “spreca tutto il suo tempo per te”.
Dio è “esagerato” con te. Non misura con avarizia il suo tempo
Quando prendi il caffè con qualcuno immagina Dio che sta prendendo il caffè con te. Mentre offri un caffè, Lui si gioca per te, al tuo fianco. Con Lui, mentre offri un caffè, puoi sentire il gusto buono del Paradiso. Perché il Paradiso è il luogo delle relazioni compiute, fatte di dono, di gratuità, di fiducia, di ascolto.
Prova, ogni tanto, a vedere il Paradiso in un caffè. Prova ogni tanto a vedere la strada del Paradiso in un caffè. Così ogni caffè ti aiuterà ad appassionarti alle relazioni. Ti darà la carica, non solo per avere un po’ di energia grazie alla caffeina, ma per avere ogni giorno la passione per le relazioni. Un caffè al giorno per ritrovare la gioia di andare incontro all’altro, di giocarti nei legami. In casa, sul lavoro, nella società.
Dio è Colui che ha sempre tempo per te
Un caffè per ricordarti che ogni volta che doni, di cuore, anche solo un caffè a un fratello o a una sorella, stai costruendo il “Regno dei Cieli”, stai costruendo “Cieli nuovi e Terre nuove”, stai generando un mondo nuovo. Ricordati: non resterà il tempo risparmiato, ma il tempo donato. Non resterà il tempo trattenuto per te, ma il tempo speso nelle relazioni. Buon caffè!