lunedì 23 Dicembre 2024
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Lovatel, il re della pizza svela: “Quella con il caffè è tra gli ordini più richiesti”

"Mentre prima della pandemia la pizza era un’occasione per riunirsi insieme agli amici o ai familiari, assumendo spesso un ruolo secondario, ora ha assunto una natura più privata in cui l’alimento funge da protagonista aumentando la consapevolezza del cliente nei confronti del sapore e della qualità della pizza."

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MILANO – Per la manifestazione dedicata al food&beverage Identità Golose, Denis Lovatel ha collaborato con 1895 Coffee Designers  by Lavazza per proporre la sua rivisitazione della pizza, un’arte riconosciuta dall’ Unesco come patrimonio immateriale. Il Maestro non è nuovo nella sperimentazione sensoriale e culinaria del caffè: come da lui da dichiarato, uno dei suoi ordini più richiesti è proprio la pizza con il caffè. In questa intervista, Denis Lovatel ci rivela come è nata la sua passione per la pizza e la sua filosofia dietro uno dei piatti più amati del mondo.

Come è iniziato il suo percorso nel mondo della pizza?

“Ci sono nato. La scintilla della passione è scoccata per la prima volta osservando mio padre impastare la pizza con la farina e ne rimanevo affascinato. A 14 anni mi sono ufficialmente inserito nel lavoro di famiglia alternando con il mio percorso di studi.

Il fine settimana era dedicato ad aiutare mio padre con la pizza. I weekend della mia adolescenza sono stati dedicati al lavoro. Il mio primo approccio è stato piuttosto travagliato considerando che non è facile per un ragazzo di quell’età sacrificare il proprio tempo libero per il lavoro.

A un certo punto, mi sono chiesto: “Perché non farlo diventare un mestiere vero e proprio? Perché non metterci l’anima in quello che faccio?”. Volevo aumentare il mio impegno ma volevo farlo a modo mio.

Ho detto a mio padre: “Gestirò la mia pizzeria ma lo farò a modo mio.” Da lì è iniziato il percorso per creare i marchi Ezio e Denis: Ezio è il brand storico e Denis è il marchio che arriverà a breve.”

Nel suo sito è scritto che trae molta ispirazione dal suo territorio, in particolare dalla montagna, per la creazione delle sue pizze. In che modo in particolare? Come si traduce la passione per la montagna nella creazione della pizza?

“In Italia abbiamo una grande tradizione casearia e norcina ma il mio futuro di pizza è improntato soprattutto sul vegetale. Tutto quello che è presente in natura è creato per qualcosa: c’è perché deve esistere.

Dare un valore ai piatti attraverso la natura è una grande fonte di ispirazione e una forma di rispetto verso il territorio che si tramuta anche in esplorazione e avventura: ad esempio andare a cercare determinate erbe in varie zone.

Ogni mese poi si trova un’erba differente perché alcune crescono in determinati periodi dell’anno: questo si traduce in un menù dinamico in cui non si hanno sempre le stesse opzioni. Tutto questo è nato dalla voglia di raccontare il territorio in cui vivo.

Non sono napoletano e solitamente la pizza è attribuita logicamente a chi l’ha creata. Io dovevo parlare di qualcosa che conoscevo, una realtà che sentivo mia.

Cos’è che mi viene bene? Parlare del proprio territorio ed esprimermi al meglio grazie alle ricchezze naturali della mia montagna offrendo un prodotto originale che mi simboleggia al meglio. Grazie alla mia pizza creo così un’identità personale e territoriale.”

Lei è uno degli autori presenti nel libro “Cooking after Covid pubblicato dallo chef irlandese Michelin JP McMahon”. Com’è cambiata la pizza durante la pandemia?

“Il Covid ha cambiato molto le dinamiche della pizza. Basti pensare al delivery, una nuova frontiera diventata d’obbligo e che ha cambiato il modo di intendere la pizza, non più come esperienza culinaria da condividere ma come un piacere da essere gustato privatamente.

La pizza è convivialità ma tutto d’un tratto questa particolarità è andata ad estinguersi. Contribuendo alla stesura del libro mi sono chiesto il futuro che aspetta la pizza. La natura della pizza è cambiata.

Mentre prima la pizza era un’occasione per riunirsi insieme agli amici o ai familiari, assumendo spesso un ruolo secondario, ora ha assunto una natura più privata in cui l’alimento funge da protagonista aumentando la consapevolezza del cliente nei confronti del sapore e della qualità della pizza.

Ovviamente spero che si ritorni alla convivialità di un tempo, ma non ci sono solo lati negativi: il consumatore sta diventando sempre più attento e questo è un bene.”

Prima ha affermato che l’approccio a questo lavoro è stato molto duro, soprattutto da giovane. Che consiglio darebbe a un ragazzo che vuole affacciarsi nella sua professione?

“Il weekend è relativo. Ci sono anche lati positivi. Nessuno esce in mezzo alla settimana ed è possibile passare i giorni di riposo in tranquillità. Non si va in ferie ad agosto ma a settembre e si spende anche di meno. Tutto sommato la grande mole di lavoro non è un elemento negativo: è tutta questione d’abitudine. Questo mestiere dà soddisfazione.

Quando osservi un cliente soddisfatto, la sua emozione ti rende felice. Il mio consiglio è essere consapevoli di creare una felicità altrui ed essere sempre contento della gioia che si porta. Nella pizza c’è creatività, si ha che fare con fermentazioni ed organismi vivi. È un lavoro molto complesso e non si riduce a fare pizza e basta. È inevitabile appassionarsi.

La cosa più bella, inoltre, è fare nostro questo lavoro e mettere il proprio tocco e personalità nella creazione delle pizze. Il mio cliente mangia una pizza creata dai miei ricordi, dal mio territorio. Tutto questo ripaga di ogni difficoltà nel lavoro.”

In un articolo di Forbes lei ha affermato di dare grande importanza alla sostenibilità. In che modo esattamente?

“Ho riflettuto molto come posso lavorare con la mia pizza con i giovani. Posso aiutare il pianeta con il cibo? Sono un amante della natura, della montagna e dello sport. Amo molto la natura. Poi ho avuto un’epifania: io faccio la pizza, uno dei piatti più amati del mondo, raggiungo migliaia di persone e centinaia di clienti ogni sera.

Perciò ho pensato alla pizza come linguaggio di comunicazione, un messaggio importante da veicolare ai giovani grazie a un piatto che loro amano. Da lì è cominciata l’idea di usare gli scarti come ingredienti nella pizza, ad esempio le foglie. Al tavolo mi hanno chiesto spesso maggiori informazioni sugli ingredienti utilizzati.

Ho spiegato anche che non tutti gli ingredienti possono essere trovati in ogni periodo dell’anno. Ad esempio la melanzana. Da lì nasce una maggiore attesa e valorizzazione degli alimenti da parte dei clienti e dei giovani.

Il vegetale assume così un valore inestimabile. Se avessimo tutta la verdura ogni anno, il valore perderebbe e non si apprezzerebbe più come una volta. Io lavoro con i giovani che rappresentano il futuro e sono contento di insegnare loro qualcosa tramite Il mezzo di informazione che preferisco: la pizza.”

Qual è il suo rapporto personale con il caffè?

“Sono un grande consumatore del caffè. Non riesco a stare senza. Appena mi sveglio una tazzina di caffè è d’obbligo. Ne bevo più di uno e accompagna non solo la mia giornata ma i tempi d’attesa della fermentazione dell’impasto.”

di Federico Adacher

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