LIVORNO – Chi avrebbe mai pensato di aver bisogno di un defibrillatore all’interno del proprio locale? Non è certo la prima attrezzatura che viene in mente di acquistare da un gestore nel momento dell’apertura insieme alla macchina per espresso, eppure in alcuni casi può fare la differenza tra la vita e la morte. Com’è il caso di un locale di Livorno, di Matteo Scardigli su iltirreno.geolocal.it.
Defibrillatore: necessario anche in un bar
È il 23esimo defibrillatore donato da Giuseppe Chericoni, il primo nel centro cittadino (se non si contano i quattro “mobili” a bordo delle ambulanze della Svs) e il primo di nuova generazione, col gps integrato e la modalità “bambino”. Da oggi la macchina, delle dimensioni di un portapranzo, è a disposizione per la sicurezza di tutti presso la pasticceria caffetteria 3.0 in via Cairoli. «Mio fratello morì durante una gabbionata dopo il lavoro, se ci fosse stato uno di questi si poteva salvare. Con la morte di Morosini poi ho capito che, oltre al volontariato, potevo fare di più», racconta Chericoni.
La scatoletta bianca eroga una scarica da 300 joule, e a differenza dei dispositivi suoi predecessori è caratterizzata da un tasto da premere per ridurre la potenza ad un livello non nocivo per i più piccoli, evitando così complessa una procedura di adattamento che può costare secondi preziosi per la vita del bambino. Altra novità è la presenza di un segnalatore gps incastonato fra i meccanismi.
Il sistema di posizionamento globale può consentire infatti al 118 di “vedere” da remoto dove si trova il Dae (sigla che identifica il Defibrillatore semiautomatico esterno)
E guidare ad esso i primi soccorritori, in attesa dell’arrivo del personale qualificato a bordo del mezzo di soccorso. Alla consegna era presente anche la squadra della Svs guidata dal veterano Cinirio Paoletti, che a ottobre scorso si rese protagonista di un salvataggio dalle modalità molto simili a quelle che costarono la vita al fratello di Chericoni.
La caposervizio Linda Cordiviola, Giorgia Carneglia, Alessio Paoletti e Mattia Tomei si precipitarono infatti da via Ricci ai campi da gioco di via Campania in tre minuti e quindici secondi, riuscendo a salvare un giocatore di calcetto grazie alla presenza sul posto di un vigile del fuoco, che esercitava il massaggio cardiaco sullo sportivo steso a terra, e al possesso proprio di un defibrillatore come quello donato ieri. «Un’altra caratteristica di questo dispositivo è la possibilità di scaricare i dati dell’intervento. In quel caso ce li chiesero i primari del 118 e dell’Utic per fare la diagnosi e impostare meglio la cura del paziente», aggiunge Paoletti.
Fondamentale – sottolinea Chericoni – è infatti «diffondere la cultura della prevenzione, sensibilizzare la cittadinanza sul tema e formare degli addetti all’utilizzo di questi Dae». Ora la nostra città, grazie proprio allo slancio del mondo del volontariato ed a persone come Chericoni, comincia ad avere una discreta copertura ma si può ancora lavorare di più per arrivare ad una Livorno cardioprotetta.
Il sangue freddo infatti non basta e Andrea Viacava, titolare della pasticceria 3.0, conclude: «Con Giuseppe siamo amici di vecchia data, aderiamo a questa iniziativa perché ci fa piacere ma prima ancora per senso civico. Nel locale ci sono già due dipendenti abilitati all’utilizzo del defibrillatore, ne formeremo altri due». —